Storie – Il buono e il cattivo. Il comandante di Auschwitz e l'ebreo che riuscì a catturarlo

di Mario Avagliano

Il buono e il cattivo. In «Il comandante di Auschwitz» (Newton Compton Editori), Thomas Harding, laureato in antropologia alla Cambridge University, già giornalista e film-maker, ha ricostruito le vite parallele di uno dei più spietati criminali nazisti e dell'ebreo che riuscì a catturarlo.
Da un lato Rudolph Hess (Höss, se si segue la grafia tedesca), classe 1901, volontario alla Grande Guerra ad appena 14 anni, iscrittosi al partito nazista nel 1922, sostenitore dell’antisemitismo e poi divenuto nel 1940 comandante di Auschwitz (dopo un’esperienza a Dachau e a Sachsenhausen), responsabile del massacro di oltre un milione di persone e freddo esecutore della “soluzione finale” voluta da Hitler.
Dall’altro Hanns Alexander, classe 1917, ebreo tedesco, cresciuto a Berlino, rifugiatosi in Gran Bretagna per sfuggire alle persecuzioni delle SS, in seguito arruolatosi nell’esercito inglese, con la matricola 264280, rischiando moltissimo (se catturato dal Reich, sarebbe stato considerato un traditore e quindi giustiziato). Il 12 maggio 1945 il tenente Hanns entrò in contatto con l’orrore della Shoah, entrando nel lager di Bergen-Belsen. Nell’immediato dopoguerra venne reclutato quale investigatore del I War Crimes Investigation Team, detto anche I WCIT, il pool creato per scovare e assicurare alla giustizia internazionale i gerarchi nazisti responsabili delle atrocità dell'Olocausto.
Ma l’ex kommandant di Auschwitz, che si era rifugiato sotto falsa identità in una fattoria di Gottrupel, è una preda difficile da stanare, e Hanns dovrà giocare d’astuzia e agire con determinazione per riuscire a catturarlo.
Un dettaglio interessante: Harding è il pronipote di Alexander, ignaro dell’avventuroso passato del prozio fino al giorno del suo funerale, il 28 dicembre 2006.

(L’Unione Informa e portale moked.it del 17 settembre 2013)

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