Alle radici della Repubblica. Il 1948 fu l’anno della svolta
- Scritto da Mario Avagliano
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di Gianluca Veneziani
È interessante comprendere cosa accadde in Italia perché il 1948 non si trasformasse in un 1984 in senso orwelliano, o non degenerasse, come invece auspicava Nenni, inunnuovo1848, l’anno rivoluzionario per eccellenza. Quell’anno, come ben ricordano Mario Avagliano e Marco Palmieri nel documentatissimo 1948. Gli italiani nell’anno della svolta (Il Mulino, pp. 435, euro 25), fu segnato da due eventi destinati a incidere profondamente nella futura storia repubblicana del nostro Paese: l’affermazione della Democrazia Cristiana nelle elezioni di aprile, e l’attentato al segretario del Pci Palmiro Togliatti in luglio.
Se il trionfo della prima su comunisti e socialisti non fu nient’affatto scontato, gli effetti del secondo furono del tutto imprevedibili e non sfociarono in episodi ancora più gravi solo per una serie di circostanze. La vittoria così netta della Dc, fanno notare gli autori, fu possibile grazie all’intervento di poteri esterni (gli Usa e il Vaticano, su tutti),ma anche grazie a un’astuta campagna elettorale che contrapponeva “noi” e “loro”, creando un “nemico interno” e associando il rischio di una dittatura comunista alla dominazione straniera di un secolo prima: la falce e martello come l’aquila asburgica del 1848…
Quel trionfo (la Dc ottenne il 48% dei consensi) fu determinante anche nella successiva collocazione dell’Italia nello scacchiere geopolitico: fino a quel 18 aprile lo Stivale rientrava sì nell’area interessata dal Piano Marshall, ma era pur sempre Stato di confine con il blocco sovietico e Paese con uno dei più forti partiti comunisti d’Europa. Da quel giorno non ci sarebbero stati più dubbi: il bipolarismo interno tra filo-americani e filo-sovietici si sarebbe risolto a vantaggio dei primi. Ma, se non attraverso le urne, l’Italia avrebbe potuto trasformarsi comunque in uno Stato a guida comunista attraverso la violenza delle piazze. All’indomani del tentato omicidio di Togliatti da parte di Antonio Pallante, in tutto il Paese si scatenarono rivolte sanguinose, portate avanti da operai ed ex gappisti, che provocarono in soli due giorni 16morti, di cui 9 appartenenti alle forze dell’ordine, e in quasi due anni 62 lavoratori uccisi e circa 74mila arrestati tra gli appartenenti al Pci.
Così come l’attentato a Togliatti non ebbe ufficialmente mandanti, allo stesso modo quel fuoco rivoluzionario non fu appiccato direttamente dai vertici del Pci, ma fu una «rivolta senza padri», come l’ha definita Paolo Mieli. Alla mancata svolta insurrezionale contribuirono altri fatti, come la salvezza di Togliatti, uscito miracolosamente vivo dall’operazione, e la vittoria al Tour de France di Gino Bartali, che favorì un clima di pacificazione nazionale. Di certo, tuttavia, gli scontri che infiammarono il 1948 furono un precedente che avrebbe anticipato i fatti ben più cruenti di un trentennio dopo, sdoganando l’idea che la lotta politica potesse diventare sinonimo di lotta armata.
(Libero, 2 febbraio 2018)