Intervista a Giampiero Virtuoso, musicista jazz

di Mario Avagliano

La critica ha scritto che il suo “drumming è dinamico” e che la sua batteria viaggia attraverso jazz, funky, tango e reggae. A quasi 39 anni, Giampiero Virtuoso da Cava dei Tirreni è forse il batterista più amato nel mondo jazzistico italiano. Non a caso è entrato stabilmente nella squadra di talenti di Gegè Telesforo, e vanta collaborazioni con importanti musicisti americani e brasiliani. Intervistato da la Città, Virtuoso sostiene che “Salerno è la New Orleans italiana”, ma lamenta la scarsa sensibilità dei gestori dei locali e delle istituzioni verso gli artisti salernitani.

La sua famiglia è cavese?
Sì, per essere precisi della Badia di Cava. Mio padre era impiegato comunale, mia madre casalinga.
E’ vero che a cinque anni già sognava di diventare un batterista?
La batteria mi ha sempre affascinato, fin da piccolo, forse per la forma dello strumento, forse per il suono vibrante… Non so dire il perché, in famiglia nessuno suonava le percussioni. Eppure di notte sognavo di suonare la batteria, e a scuola invece di disegnare case ed alberi, disegnavo la grancassa, i piatti, il tamburo, insomma era quasi una fissazione.
Chi l’ha iniziata alla musica?
Mio padre era appassionato di musica lirica e di musica classica. Mio zio Antonino era direttore d’orchestra, e suonava il corno. Chi però mi ha fatto conoscere il genere di musica che poi mi è entrato nel cuore, è stato mio fratello Roberto, che era chitarrista. Grazie a lui ho ascoltato Santana e poi i grandi gruppi rock degli anni Settanta.
Ha avuto qualche maestro?
Ho iniziato a studiare a tredici anni con Pietro Vitale, che a sua volta mi trasmetteva i preziosi insegnamenti del Maestro Antonio Golino, grande batterista napoletano. Poi ho continuato da autodidatta, e mi sono formato prima suonando cover nei garage, e poi esibendomi in decine e decine di night e di jazz club di tutt’Italia e anche all’estero.
Il primo concerto dal vivo?
A parte le feste di compleanno, la mia prima esibizione dal vivo risale al 1984, al Pub Il Moro, a Cava, che forse è stato il primo locale nel salernitano a proporre concerti live di jazz o di blues. Gli amici con i quali suonavo allora erano, oltre a Pietro Vitale, Alfonso Adinolfi, Enzo Carratù, Carlo Senatore. Tra l’altro, per me frequentare il Moro è stata l’occasione anche di conoscere grandi artisti come Larry Nocella e Franco Del Prete.
Quando è diventata una cosa seria il mestiere di batterista?
Più o meno intorno al 1987, quando avevo 18-19 anni e, proprio al Moro, ho conosciuto i fratelli Deidda, nel corso di una jam session. Sono nate un’amicizia e un feeling che hanno avuto un prosieguo alle Botteghelle di Salerno e durano tuttora. Ricordo che tra il ’90 e il ‘91 avevamo affittato un locale a Fratte, che chiamavamo “Il Posto”. Andavamo lì e suonavamo tutta la giornata insieme, imparando gli uni dagli altri e sperimentando nuove sonorità.
Chi sono Alfonso, Dario e Sandro Deidda?
Sono tre grandissimi talenti e, dal punto di vista umano, delle persone assai gradevoli e piacevoli. Musicalmente, ogni parola sarebbe superflua: ho imparato molto da loro e abbiamo condiviso insieme tante esperienze.
In quegli anni Salerno era una fucina di musicisti jazz, blues, pop…
Alla fine degli anni Ottanta, Salerno ha vissuto una stagione straordinaria dal punto di vista musicale. Penso, oltre ai Deidda, a Giovanni Amato, Daniele e Tommaso Scannapieco, Amedeo e Gino Ariano, Stefano Giuliano, Joseph Lepore, Aldo Vigorito, Jerry Popolo, i Neri per Caso, Renato Costarella, Angelo Mutarelli, Gaspare Di Lieto e, nel campo del blues, Peppe Zinicola e il compianto Giovanni Ventre. Avevamo costituito anche un’associazione dei musicisti salernitani…
Il gruppo più “mitico” di quei tempi?
Credo la Gad-b Band, con Dario Deidda al basso; Bruno Brindisi, il grande fumettista di Tex Willer e Dylan Dog, alle tastiere; Jerry Popolo al sax; e Amedeo Ariano alla batteria.
Si parla di scuola salernitana del jazz. E’ d’accordo?
Se un ambasciatore del jazz come Gegè Telesforo sostiene che “Salerno è la New Orleans italiana”, un motivo ci sarà…
A proposito di Telesforo, come l’ha conosciuto?
Attraverso Dario Deidda. Gegè mi ha dato subito fiducia, ha creduto in me e sono ormai tre anni che lavoriamo insieme. E’ un bravissimo professionista e anche una persona semplice e un amico vero. Mi diverto molto a suonare con lui, soprattutto quando improvvisiamo duetti voce-batteria.
Sono emersi nuovi talenti di recente a Salerno?
Uno su tutti, Julian Olivier Mazzariello. Julian più che un talento è un genio. E’ il più bravo di tutti come pianista, ha la strada già tracciata, deve solo percorrerla. Ultimamente ha avuto qualche problema, ma sono felice che stia recuperando, anche grazie all’aiuto di Lucio Dalla.
A parte Mazzariello?
Direi Carla Marciano, che mi piacerebbe sentire nominata di più. E poi il pianista Alessandro La Corte, il bassista Antonio De Luise, il batterista Gaetano Fasano e, tra la schiera di giovani sassofonisti che seguono la scia dei Deidda e di Jerry Popolo, citerei almeno Peppe Platano e Antonio Loffredo.
Qual è oggi il panorama musicale a Salerno?
Non vedo grandi fermenti. Forse i tempi sono cambiati, e poi ci sono anche meno locali che propongono musica dal vivo, e i gestori quasi sempre non tutelano gli artisti e non curano l’acustica. A parte il Fabula e il Colonial, il panorama è deprimente.
Come mai?
Nella nostra provincia si valorizza poco il bene cultura. Per restare al jazz, a Napoli si fa molto di più per valorizzare i musicisti, e senza avere i talenti che ci sono a Salerno.
Il suo giudizio su Salerno è negativo anche per quanto riguarda i cambiamenti urbanistici?
No. Salerno si è trasformata negli ultimi anni, e grazie al sindaco De Luca ha fatto dei progressi straordinari. Ora è veramente un gioiellino!
E la sua città natale, Cava?
Mi sembra un po’ più statica, sia dal punto di vista urbanistico che dal punto di vista culturale. La città è deliziosa, ma iniziative zero. Per fortuna ha riaperto il Pub il Moro. Spero che possa dare lustro a Cava e diventare di nuovo un punto di riferimento in Campania per i musicisti e per gli amanti del jazz e del blues.
Qual è il suo genere musicale preferito?
Non è un mistero che io prediliga il jazz, ma non mi fermo lì. Sono un batterista “versatile”. Mi piace suonare un po’ di tutto, anche il funky, la fusion. Ho collaborato pure con musicisti pop, da Mango a Barbara Cola.
Qual è il batterista a cui si ispira Giampiero Virtuoso?
Mi piacciono i batteristi musicisti, quelli che pensano innanzitutto alla musica, prima di dare sfogo alla tecnica. Non ce n’è uno solo. Se devo fare dei nomi, dico Peter Erskine, con il quale ho avuto l’opportunità di partecipare a uno straordinario seminario di lavoro. E poi Tony Williams, Elvin Jones, Jeff Porcaro. Ultimamente un batterista che mi fa impazzire, è Brian Blade.
Quali sono i musicisti con i quali ha lavorato che le hanno dato di più, dal punto di vista professionale ed umano.
E’ difficile rispondere, perché sono tanti: il chitarrista brasiliano Toninho Horta, Antonio Onorato, Nicola Stilo, Gianni Basso, che è un sassofonista straordinario, i fratelli Farias. E sicuramente ne ho dimenticato qualcuno.
Progetti in corso?
Sto suonando con Dario Deidda e con Daniele e Tommaso Scannapieco, in giro per i clubs di tutt’Italia. Presto farò delle serate anche con Gianni Basso e in trio con Angelo e Aldo Farias. In primavera, poi, entrerò in studio di registrazione per il nuovo disco di Michele Di Martino.
Vive solo per il jazz o ha anche altri interessi?
La famiglia per me è importante. Mia moglie Michela è di Napoli e ci siamo conosciuti in un locale napoletano, nel corso di un concerto. La musica porta anche questo! Mi ha dato uno splendido bimbo, Manuel, che adesso ha 2 anni e quattro mesi. A parte il jazz, le mie passioni sono la fotografia e internet. Mi diverto molto anche con i programmi di composizione musicale. Ho scritto un po’ di pezzi, ma per ora rimangono nel cassetto. Anche se, un giorno, mi piacerebbe farne un disco tutto mio.

 (La Città di Salerno, 29 febbraio 2004)

Scheda biografica

Giampiero Virtuoso nasce a Cava dei Tirreni il 10 marzo del 1965. Fin dalla tenera età di cinque anni mostra un notevole interesse verso la batteria. A tredici anni inizia a studiare con il Maestro Antonio Golino, proseguendo poi da autodidatta. Si avvia quindi alla sua attività di professionista, con varie esperienze all’estero in night club e in jazz club.
Nel 1987 conosce i fratelli Deidda, con i quali inizia a suonare nei locali di Salerno e provincia insieme a Daniele Scannapieco, Joseph Lepore, Jerry Popolo e altri.
Nel 1988 è tra i fondatori dell’orchestra dell’A.M.S. (associazione musicisti salernitani) con la quale partecipa a vari festivals. Nel 1988 collabora nel campo della musica leggera con Mango (in studio) e negli anni seguenti in vari tour con: Pier Giorgio Farina, Ivan Cattaneo e Barbara Cola.
Da ricordare le partecipazioni all’Umbria Jazz (1991), al Lecce Jazz (1999) e alla Festa della Musica di Praga (1999), alla Villa Celimontana Jazz (2003) e le collaborazioni jazzistiche con: Sam Rivers, Lester Bowie, John Lee, Tony Scott, Danilo Rea, Giovanni Tommaso, Nicola Stilo, Toninho Horta, Giovanni Amato, Antonio Onorato, Dario Deidda, Pietro Condorelli, Joe Amoroso e James Senese.
Attualmente collabora con vari musicisti tra cui i fratelli Farias, J. Popolo, D. Scannapieco, Danilo Rea, Deidda Brothers, Carico Eccessivo e Brazilian Love Affair, Gegè Telesforo (Pure Funk Live). Fa parte, già da alcuni anni, del gruppo di Antonio Onorato, e del Trio Three from the Ghetto di Dario Deidda.

Discografia:
Antonio Onorato - Un Grande Abbraccio (Polosud record 2000)
GeGè Telesforo – We Couldn’t Be Happier… (GoJazz 2002)
Jerry Popolo – Soul Eyes (coffee music 2003)

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