Intervista a Maurizio Isita, giornalista
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di Mario Avagliano
Alla fine degli anni Settanta era il telecronista di punta delle partite della Salernitana, sulla prima tv privata cittadina, la mitica Telesalerno 1. Ora è alla guida della corazzata delle cronache dei Giornali radio della Rai. Maurizio Isita, 48 anni, un faccione simpatico e due occhi mobili, napoletano di nascita, ma cresciuto e formatosi a Salerno, è uno dei giornalisti più apprezzati a livello nazionale. E’ stato conduttore di Domenica Sport e di Processo al Campionato, ha curato e condotto la fortunata rubrica radiofonica Pronto Salute e nel 2002, per il suo impegno sociale, ha ricevuto la medaglia d’argento del Ministero della Salute quale “benemerito della sanità pubblica”, consegnatagli personalmente dal Presidente della Repubblica Ciampi.
E’ proprio vero che i luoghi dell’adolescenza non si dimenticano mai?
E’ vero. Io abitavo al Carmine e ricordo i lunghi pomeriggi passati all’Oratorio dei Salesiani, che era diretto dal mitico e tuttora attivissimo Don Pierino Del Vento. L’Oratorio è stato per me una palestra importante e ha lasciato un segno fondamentale perché mi ha dato dei valori e mi ha insegnato la capacità di socializzare. L’altro luogo dei miei ricordi è il lungomare, che fungeva da calamita per la mia generazione.
Figlio d’arte. Suo padre era giornalista.
Forse è per questo che la passione per il giornalismo ce l’ho nel dna. Mio padre aveva lavorato in diversi quotidiani napoletani, insieme a Gino Palumbo e ai fratelli Enrico e Cesare Marcucci. Negli anni della mia adolescenza, era direttore di Caccia Sud, una rivista venatoria che veniva diffusa nelle sezioni della Federcaccia di tutto il Mezzogiorno. Ho cominciato il mio apprendistato con lui, da ragazzino, correggendo le bozze e confezionando i titoletti degli articoli.
Intanto frequentava il Liceo Tasso. Erano gli anni della contestazione...
Erano anni abbastanza movimentati. Io poi stavo sull’altro fronte.
Come si viveva il ’68 sull’altro fronte?
Mah, guardi, in quegli anni c’erano tre possibilità. La prima era aderire al movimento, che - certo - era caratterizzato da tensioni ideali, ma era anche fortemente strumentalizzato. La seconda era l’indifferenza, o meglio partecipare agli scioperi con la sola intenzione di fare “filone”. La terza possibilità, che riguardava una fascia minoritaria di giovani, i cattolici e l’estrema destra, era di opporsi alle contestazioni sul piano dei valori.
La contrapposizione tra gruppuscoli di estrema destra e di estrema sinistra spesso degenerava in violenza.
La destra si divedeva tra un gruppo più esagitato e uno composto da intellettuali. Io, per esempio, non ho mai preso parte a tafferugli anche se non sopportavo la prepotenza di chi faceva “i cordoni” impedendo l’ingresso a scuola. Ciò nonostante, si faceva di ogni erba “un fascio”, è proprio il caso di dire. Una volta, nel corso di un’assemblea, mi accusarono di essere complice della strage di Piazza Fontana! In quel clima, non essere di sinistra significava essere un po’ ghettizzati.
Uno dei leader del movimento salernitano era Michele Santoro.
Lo ricordo, con l’eskimo di ordinanza, alla guida del movimento studentesco. Michele era già allora una forte personalità.
Un giudizio sul corpo docente del Tasso?
Ho avuto degli insegnanti straordinari, capaci di dare agli studenti qualcosa in più delle nozioni di testo. Ricordo in particolare la professoressa Napoli al ginnasio e il professore di italiano al liceo, Ugo Lazzaro, che è stato un maestro di vita. Ci chiamava per nome, ci stimolava a imparare la sua materia ma anche a pensare, a ragionare...
Sua madre, la professoressa Antonietta Capobianco, insegnava anche lei al Tasso.
Era molto conosciuta, ha insegnato per oltre trent’anni al Tasso. Ma questo, lungi dal favorirmi, mi costringeva anzi ad impegnarmi di più. Mia madre mi fece iscrivere nella sezione considerata più dura, dove ritrovai Giandomenico Caiazza, figlio del preside Caiazza. In quanto figli di professori, eravamo due sorvegliati speciali, non potevamo “sgarrare”. Eravamo amici per la pelle già dai tempi della scuola media Pirro. Giandomenico è poi diventato un avvocato di fama, è stato allievo di Rodotà.
Quando e come ha iniziato a lavorare come giornalista?
Una delle mie passioni giovanili era il tennis. Era l’epoca di Panatta e questo sport era molto popolare. Divenni corrispondente del mensile “Match ball”.
Allora era difficile per un giovane salernitano fare il giornalista.
Eccome! Non c’erano quotidiani a Salerno, c’erano soltanto le redazioni locali del Mattino, del Roma e del Tempo. Ho dovuto pensare a un’alternativa, e così mi iscrissi all’università, alla facoltà di Giurisprudenza.
Nel 1976, però, nasceva a Salerno la prima tv privata, Telesalerno 1. E lei fu tra i protagonisti di quella esperienza.
Fu un evento di fortissimo impatto per la città. Tra l’altro la tv andò a coprire spazi d’informazione assolutamente vuoti, visto che a Salerno non c’erano giornali e il segnale di Rai3 non era visibile. Ci sentivamo dei pionieri dal punto di vista dell’uso del mezzo televisivo, ma incontrammo subito il consenso della gente. Capii per la prima volta cosa era la popolarità, visto che dopo qualche mese mi fermavano per strada...
Chi erano i suoi compagni di avventura?
Innanzitutto Nello Talento, proprietario ed editore della tv, oltre che uno dei personaggi più in vista della Salerno sportiva. Eravamo entrambi soci fondatori del Circolo Tennis Le Querce, ad Ogliara. Fu lui a propormi di lavorare con Telesalerno 1. Un altro personaggio che ricordo con piacere è Aldo Primicerio, che è stato anche direttore dell’emittente.
In che redazione lavorava?
Ho fatto un po’ di tutto, dalla cronaca allo sport. Per me è stata una scuola fondamentale di giornalismo, che poi mi è servita nel corso di tutta la carriera. Il giorno del rapimento di Moro organizzammo una diretta televisiva non-stop durata una giornata intera, degna di una tv nazionale, raccogliendo commenti, valutazioni, emozioni, in mezzo alla gente di Salerno. Seguivamo tutti i fatti di cronaca più importanti. Le nostre telecamere ripresero anche il primo treno che attraversò la nuova galleria di Santa Lucia, che collegava Nocera a Salerno.
Lei fu anche uno dei primi telecronisti delle partite della Salernitana.
Già, insieme a Enzo Casciello. Furono momenti indimenticabili per me. Come quando, allo stadio di Cava de’ Tirreni, fummo rincorsi da un gruppo di tifosi cavesi che aveva individuato il marchio di Telesalerno 1. O come quando, a Campobasso, un sasso mandò in frantumi l’obiettivo della nostra telecamera. Ricordo ancora, come se fosse ora, le telecronache fatte dai balconi di appartamenti di privati, perché all’epoca le tv private non erano accettate negli stadi. Ricordo le corse pazze fino agli studi, per mandare in onda le partite della Salernitana prima delle nostre concorrenti.
Lei collaborava anche con il Mattino.
Gianni Festa, che era il capo della redazione del Mattino di Salerno, mi notò in tv e, bontà sua, mi chiese di curare la rubrica dedicata agli sport minori. A Salerno la squadra di hockey giocava in A2. La squadra di pallavolo era fortissima, con la storica famiglia dei Senatore. Posso dire con orgoglio di essere stato tra i primi a Salerno a diffondere la cultura degli sport minori.
Dopo la laurea, sembrava avviato a una brillante carriera di avvocato.
Ho cominciato ad esercitare nello studio di Donato Iannicelli: un amico e un valente professionista. Mi occupavo di diritto civile e commerciale. Ma la mia carriera di avvocato è durata solo quattro anni...
Perché, che cosa è accaduto?
Nel 1984 ho frequentato uno stage formativo a Roma, organizzato da Ettore Bernabei e durato tre settimane. Lì ho avuto modo di incontrare personaggi come Federico Fellini, Fabiano Fabiani, Emilio Rossi, Vittorio Chesi, Gianni Letta. Insieme a me c’erano giovani che poi hanno fatto strada, come il regista Campiotti e il giornalista della Stampa Raffaello Masci. Fatto sta che, dopo lo stage, nel giugno del 1984, arriva una telefonata a casa mia a Salerno di quelle che ti lasciano con il fiato sospeso. Era il direttore del Tempo Gianni Letta. Vado al telefono con la voce tremante e lui mi chiede se ero disponibile a una sostituzione estiva presso il suo giornale. Mi recai di corsa a Roma. Dopo pochi mesi, fui assunto.
Dunque è stato Letta ad aprirle le porte del giornalismo nazionale.
Gianni Letta è stato un grande direttore, con una straordinaria dedizione al lavoro. Era il primo ad arrivare al giornale e l’ultimo ad andare via. Mostrava attenzione per tutti, compreso me che ero l’ultimo arrivato. Al di fuori della retorica, per me è stato un po’ un secondo padre.
Come ha vissuto il distacco da Salerno?
Ero convinto che il distacco da Salerno fosse una scelta senza ritorno, se volevo fare il giornalista. Quindi ho cercato di calarmi nella nuova realtà, senza voltarmi indietro.
Alla Rai come è approdato?
Nel 1989 Il Tempo viveva una fase di crisi acuta, si paventava addirittura la chiusura del giornale. Alcuni colleghi si trasferirono al Messaggero, io ebbi un’offerta per un posto all’ufficio stampa della Rai. Era un’opportunità per entrare nella tv pubblica e di lì tornare alla professione di giornalista, e quindi accettai. Non mi sono mai pentito. E devo dire che anche quell’esperienza è stata molto utile, mi ha fatto conoscere dal di dentro cos’è la Rai.
Nel 1995 è tornato a fare solo il giornalista.
Sì, sono andato al Giornale Radio Rai, allora diretto da Claudio Angelini, alla redazione sportiva. Ho fatto parte della squadra di Tutto il calcio minuto per minuto, ho condotto Domenica Sport e ho varato la nuova trasmissione Processo al campionato. In quegli anni ho avuto la fortuna di lavorare con mostri sacri come Sandro Ciotti e Alfredo Provenzali.
Nuovo cambio nel 2000, quando passa ad occuparsi di salute e scienze.
Lì, con il collega Vito Pindozzi, che è uno dei più autorevoli giornalisti scientifici, e che tra l’altro è originario di Eboli, abbiamo lanciato una nuova rubrica quotidiana, “Pronto salute”, che consente agli ascoltatori di porre domande in diretta ai grandi medici italiani. I Veronesi e i Mandelli, per intenderci. E’ stata una trasmissione di successo e la Rai la propone tuttora.
Due anni fa il ritorno alla cronaca, come caporedattore di tutti e tre i Gr della Rai.
Una bella soddisfazione e anche un ritorno alle origini. A Telesalerno 1 ho mangiato cronaca da mattina a sera. Ora guido una struttura nazionale di 13 giornalisti, con decine di corrispondenti in tutte le sedi regionali.
Salerno è ancora meta delle sue vacanze?
Purtroppo quattro anni fa ho perso mio padre e mia madre, ma a Salerno ho ancora una sorella e tanti amici. E per una strana combinazione, anche la sorella di mia moglie, che pure è romana, vive da sempre a Salerno. Non torno spessissimo nella mia città, ma quando ci vengo, mi dispiace lasciarla. Ho notato negli ultimi anni un grosso miglioramento dal punto di vista della qualità urbana. Mi sembra che Salerno sia cresciuta, a differenza di tante altre città del Sud che invece sono peggiorate. Mia figlia Alessandra, poi, è addirittura innamorata di Salerno.
E segue ancora la Salernitana?
Io sono un tifoso storico del Napoli, ma seguo sempre con simpatia e affetto la Salernitana. L’anno scorso, quando sono andato a seguire il derby Napoli-Salernitana, mi trovavo in mezzo ai tifosi del Napoli, e quando hanno intonato il coro: “Chi non salta, di Salerno è”, devo confessare che ho provato un po’ di imbarazzo. E non ho saltato.
(La Città di Salerno, 17 ottobre 2004)
Scheda biografica
Maurizio Isita è nato a Napoli il 27 gennaio del 1956. Ha vissuto a Salerno dalla prima infanzia fino al 1984. Dopo gli studi classici al Liceo Tasso, ha conseguito nel 1979 la laurea in giurisprudenza (voto finale 110 e lode) presso l’Università di Salerno, ottenendo l’abilitazione alla professione forense, che ha esercitato tra il 1980 e il 1984.
Ha maturato le prime esperienze giornalistiche nell’emittente Telesalerno 1 (1976-1980) conducendo le varie edizioni del tg ed occupandosi di cronaca cittadina e di sport. Nello stesso periodo ha anche collaborato con la redazione salernitana del quotidiano Il Mattino. Nel 1984 si è trasferito a Roma per un contratto di collaborazione con Il Tempo, conclusosi con l’assunzione e il praticantato. Nel quotidiano romano, allora diretto da Gianni Letta, ha lavorato alla redazione Cronaca e alla redazione Sport. Nel luglio 1989 è entrato in Rai presso l’Ufficio Stampa, dove si è occupato di politica aziendale, attività del consiglio di amministrazione e programmazione radiotelevisiva, seguendo grandi eventi come il Festival di Sanremo, il Prix Italia, Umbriafiction, il Festival del cinema di Cannes. Successivamente, con la qualifica di vice redattore capo è passato al Giornale Radio Rai - redazione Sport entrando a far parte della squadra di Tutto il calcio minuto per minuto e conducendo trasmissioni come Domenica sport e Processo al campionato. Nel 2000 è passato alla redazione Società Scienze e Medicina, dove si è occupato in particolare di cronaca e politica sanitaria. Dal 2001 ha curato e condotto per tre anni “Pronto salute”, rubrica quotidiana in onda su Radiouno, dedicata ai temi della salute con i più autorevoli esperti della medicina italiana. Per questa trasmissione ha ricevuto dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e dal ministro della Salute Girolamo Sirchia la medaglia d’argento quale benemerito della sanità pubblica. Dal novembre del 2002 è caporedattore e dirige la redazione Cronaca del Giornale Radio Rai.
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