Lo Stato riconosce lo straordinario interesse storico della Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria di Barletta

Dopo oltre trent'anni di ricerca condotti in tutto il mondo dal pianista pugliese Francesco Lotoro presso archivi, biblioteche e collezioni private allo scopo di recuperare l’intero corpus musicale creato in tutti i siti di prigionia, deportazione e cattività civile e militare tra il 1933 (anno dell’apertura del Lager di Dachau) e il 1953 (morte di Stalin e graduale liberazione degli ultimi prigionieri di guerra detenuti nei Gulag sovietici), arriva un importante riconoscimento da parte dello Stato italiano che attesta ufficialmente il valore storico-culturale dell'Archivio e della Biblioteca costituiti dal musicista e oggi consegnate alla Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria di Barletta .
Trattasi di un vasto patrimonio di oltre 8.000 partiture di ogni genere musicale, 12.000 documenti concernenti la produzione musicale nei Campi e 3.000 pubblicazioni sull'argomento che a partire dal 31 marzo scorso, con apposito Decreto della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Puglia, è stato riconosciuto di “interesse storico particolarmente importante” e, pertanto, sottoposto a vincolo ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”.
Come si legge nelle motivazioni del provvedimento, il riconoscimento si fonda sul fatto che l'Archivio e la Biblioteca assolvono l’obiettivo primario posto sin dalla loro costiuzione “che non è solo quello di conservare ed archiviare” ma, attraverso lo studio dei materiali musicali, di mettere le partiture nelle condizioni di essere eseguite “con lo scopo di favorire la conoscenza, promozione, valorizzazione, diffusione della musica concentrazionaria”.
Per tali motivi, sottolinea il decreto, “essi rappresentano un patrimonio di valore unico ed inestimabile a livello internazionale per la ricostruzione delle vicende inerenti la musica concentrazionaria”; la decisione della Soprintendenza, facente capo al Ministero della Cultura, è stata adottata sulla base di una accurata relazione tecnico-scientifica redatta da tre esperti previo sopralluogo a Barletta nella sede della Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria, ente no-profit che Lotoro con un ristretto gruppo di soci (tra cui l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) ha costituito nel 2014 e che oggi è promotore del grande progetto di realizzazione di una Cittadella della Musica Concentrazionaria che sorgerà su una vasta area di archeologia industriale appositamente recuperata, a totale finanziamento pubblico.
La Cittadela sarà costituita da Campus, Aule e Aula Magna, Bibliomediateca delle Scienze Musicali, Thesaurus Memoriae Museum, Teatro Nuovi Cantieri, Polo Nazionale della Musica Ebraica, Libreria del Novecento, Guest Room, Centro ricerche del Thesaurus Musicae Concentrationariae, Laboratori di restauro del materiale cartaceo e videofonografico, Cafè Letterario, Ristorante; un patrimonio universale in un bellissimo progetto di riqualificazione dell’area della Distilleria destinato a diventare Hub mondiale della Musica del Novecento.
Il decreto della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Puglia dichiara che “l’Archivio e la Biblioteca dell’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria [...] per la rilevanza delle fonti documentarie conservate, per le vicende storiche a cui si riferiscono, possono considerarsi facenti parte del patrimonio culturale universale dell’uomo”.
A margine del decreto di tutela, il pianista Lotoro ha dichiarato: “il vincolo posto dalla Soprintendenza è il più importante traguardo raggiunto sinora dalla Fondazione ma è un risultato che tutti possono orgogliosamente affermare di aver raggiunto; la musica concentrazionaria è un Patrimonio del genere umano e ogni step raggiunto da tale ricerca è un passo in avanti di uomini e donne che credono tenacemente in un mondo migliore. Mai come in questi momenti abbiamo bisogno di grandi traguardi artistici, culturali e umani. Siamo a un passo dall’obiettivo finale, la Cittadella. Confidiamo nel sostegno di tutte le Istituzioni”.
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Storie – Febbre all’alba del dopo lager

di Mario Avagliano

   Rivivere dopo il lager, grazie alla forza dell’amore. È la storia autobiografica raccontata da Péter Gárdos nel romanzo "Febbre all'alba" (Collana Narratori Stranieri, pag. 234, €17, traduzione di Andrea Rényi), nel quale il regista ungherese ricostruisce l'innamoramento dei suoi genitori, sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti (il padre era stato deportato nel lager di Bergen Belsen) e trasportati in sanatori in Svezia per curarsi.

E' il luglio del 1945 quando Miklos, ridotto pelle e ossa e con una brutta malattia polmonare, raggiunge un campo profughi in Svezia. I medici lo avvertono che ha pochi mesi di vita, ma lui compila una lista di 117 giovani donne, ungheresi come lui, che hanno trovato asilo in altri campi svedesi e, volendo trovare moglie, invia a ciascuna di loro una lettera.
La scintilla scoppia con la diciottenne Lili, anche lei ricoverata. Sarà quel sentimento nato dopo l’orrore del lager a riportarlo alla vita e fargli superare la malattia, nonostante il parere contrario dei medici.
Il figlio Péter, frutto di quella unione, scoprirà com’era nata la storia d’amore dei due genitori solo dopo la morte del padre, quando la madre gli svelerà quel segreto di famiglia, tenuto nascosto per tanto tempo, consegnandogli le circa cento lettere che si erano scambiati all’epoca.
"I miei genitori non mi hanno mai parlato della deportazione, né dei campi, la mia sensazione è che si vergognassero di essere sopravvissuti", ha spiegato Gardos presentando un paio di settimane fa a Milano sia il libro sia un'anteprima del film che ne ha tratto.
Una storia toccante, che ritrae il mondo dei sopravvissuti dei lager e del loro difficile reinserimento nella vita civile. Lo stesso tema affrontato da “Anita B.” di Roberto Faenza.

(L’Unione Informa e Moked.it del 15 dicembre 2015)

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