Storie – Verso un atlante delle stragi nazifasciste in Italia

di Mario Avagliano

In Italia le stragi nazifasciste contro le popolazioni sono state centinaia e hanno riguardato sia il Mezzogiorno che il Centro-Nord. Tra il 1943 e il 1945 il nostro Paese fu teatro di alcune delle più efferate e sanguinose azioni criminali contro i civili che la storia del Novecento ricordi. Le vittime sono state stimate in un numero vicino a 15 mila, senza contare gli effetti devastanti sull’intera vita di alcune località, come Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema; Caiazzo ed altre.
Un libro intitolato “Le stragi nazifasciste del 1943-1945. Memoria, responsabilità e riparazione”, uscito in queste settimane, edito da Carocci e curato dall’Anpi, ha fatto il punto su queste vicende, attraverso l’analisi del lavoro compiuto in particolare dall’associazione nazionale dei partigiani negli ultimi due anni e attraverso la raccolta delle opinioni di alcuni tra i migliori esperti della materia, in un Convegno tenuto in una sala del Senato il 29 gennaio 2013: Marco De Paolis, procuratore militare di Roma; Claudio Silingardi, direttore generale dell’Insmli; Paolo Pezzino, titolare della cattedra di Storia contemporanea dell’Università di Pisa; Andrea Speranzoni, avvocato penalista difensore dei familiari delle vittime nel processo relativo agli eccidi di Marzabotto; Mariano Gabriele, coordinatore della commissione storica italo-tedesca; Toni Rovatti, ricercatrice dell’Istoreco; Enzo Fimiani, storico e direttore della Biblioteca provinciale di Pescara; Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’Anpi.
Si tratta, com’è noto, di un problema ancora aperto, per la presenza di diversi punti oscuri e la mancanza di accertamenti e decisioni giudiziarie complete ed eseguite nei confronti dei colpevoli delle stragi. I pochi processi che si sono tenuti, si scrive nel volume, si sono celebrati “con considerevole ritardo” (dovuto, in gran parte, alla vicenda dei “fascicoli occultati” nel cosiddetto armadio della vergogna), ma finora “le sentenze emesse non sono state mai eseguite, né per gli aspetti penali né per quelli civilistici”. Una commissione parlamentare, che ha lavorato per due anni attorno a queste tematiche, ha concluso i suoi lavori con due relazioni (di maggioranza e di minoranza), sulle quali non c’è mai stata una discussione parlamentare. Sul piano dei risarcimenti, nulla è avvenuto; si sta discutendo, ora, col Governo tedesco, su possibili forme di “riparazione”. Un primo risultato è l’accettazione da parte della Germania di finanziare “un atlante delle stragi nazifasciste in Italia”, a titolo di primo atto riparatore. Il 13 e il 14 dicembre scorsi si è tenuto a Milano un seminario per definire il progetto dell’atlante, che è stato presentato da Anpi e Insmli. Un primo passo verso quell’assunzione piena di responsabilità che, per aspetti diversi, ancora manca, sia da parte tedesca che da parte italiana.

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Ciao comandante Max....

Scomparso a 95 anni Massimo Rendina
 
Sono ore tristi per me. E' scomparso ieri a Roma l'ex partigiano Massimo Rendina, all'età di 95 anni. E' stato uno dei miei Maestri di Storia, insieme a Vittorio Foa e Giuliano Vassalli. Fu lui a spingermi all'iscrizione all'Anpi di Roma, a farmi dirigere il Centro Studi della Resistenza e a propormi come vicepresidente. Era un uomo di straordinaria umanità, intelligenza, dolcezza, integrità morale. Amava i giovani ed era da loro amatissimo. Fu anche l'ideatore della Casa della Storia e della Memoria, il cui sogno si realizzò grazie all'allora sindaco Walter Veltroni. Vanno ricordati la sua partecipazione alla seconda guerra mondiale, nella Campagna di Russia; la sua storia di coraggioso comandante partigiano; la sua brillante carriera di giornalista; il suo impegno civile nell'Anpi; il suo impegno storiografico di studioso attento della Resistenza. Vi propongo la sua scheda biografica.
 
Massimo Rendina, nato a Mestre (VE) il 4/1/1920 da Federico e Maria Manara; morto a Roma l’8/2/2015. Studente alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Bologna. Prestò servizio militare in fanteria nei guastatori, e poi con il grado di sottotenente dei bersaglieri partecipò alla campagna di Russia nel Csir.
 
Congedato nell'autunno 1942, nel dicembre fu nominato condirettore di "Architrave", il mensile del GUF bolognese, diretto da Eugenio Facchini, pure lui reduce dal fronte russo. Nelle intenzioni dei gerarchi fascisti bolognesi i due reduci avrebbero dovuto dare un tono più fascista al giornale, considerato un foglio della fronda. Pio Marsilli e Vittorio Chesi, il direttore e il condirettore della gestione precedente, erano stati destituiti d'autorità e proposti per il confino di polizia, perché considerati antifascisti. Invece i due nuovi giornalisti diedero al giornale un contenuto e un tono che non era più di fronda, ma di aperta contestazione del regime e della guerra. Nella nota Motivo ideale, siglata M.R. (Massimo Rendina) si legge: «Ormai la retorica illusione di una vittoria facile e di una guerra lampo è sprofondata nell'abisso del passato». La nostra «è sempre stata, sin dal primo colpo di cannone, una guerra difensiva» e «Ora soltanto il conflitto appare definitivamente difensivo nella sua intima essenza e si trasmuta in una lotta integrale, assoluta, di vita o di morte, estranea ad ogni altro pensiero che non sia di sopravvivere alla distruzione di tutto il mondo» ("Architrave", 31/1/43). Nello stesso numero, in una nota dal titolo Indagine sulla Russia, parlando dell'esperienza fatta sul fronte orientale, si chiese: «a) come mai il popolo russo, che non è convinto della bolscevizzazione, la tollera come un gioco, resiste, non si ribella, combatte con valore?; b) come mai dopo un'improvvisa e stupefacente disfatta militare, creduta da tutto il mondo irreparabile, ha opposto un'accanita resistenza e proprio sul principio dell'ultimo atto del grande dramma riconquistando parte delle posizioni perdute con un successo che ha del soprannaturale?». «Noi non crediamo - proseguiva — in una serie di astute ed avvedute manovre da parte del governo rosso: le ragioni sono piuttosto da ricercarsi nel sistema organizzativo e nelle vicende naturali della guerra che vedono l'alternarsi della fortuna, da una parte e dalla altra dei combattenti». Concludeva che se i russi «hanno sorpreso chiunque, la situazione delle armate tedesche non va considerata assolutamente nel campo del "disastroso"».
 
Chiuso "Architrave", dopo la caduta del fascismo, Rendina passò a "il Resto del Carlino", dove ebbe come collega Enzo Biagi. Quando, dopo l’8/9/43, al giornale fu nominato un direttore repubblicano, intervenne all'assemblea dei redattori per annunciare pubblicamente che non avrebbe collaborato con la RSI.
 
Abbandonò il giornale e si trasferì in Piemonte, dove - come un altro reduce di Russia, Nuto Revelli -  prese parte alla lotta di liberazione, con il nome di battaglia di Max il giornalista.
 
Militò prima nella 19a  Brigata Giambone Garibaldi, con funzione di capo di stato maggiore, e successivamente nella 103a Brigata Nannetti della 1a Divisione Garibaldi, della quale fu prima comandante e poi capo di  stato maggiore. Fu in contatto anche con Edgardo Sogno, che fece ricevere alla sua divisione lanci di munizioni da parte degli inglesi. Partecipò alla liberazione di Torino. Ferito, è stato riconosciuto invalido di guerra. E’ stato partigiano dall'1/11/43 al 7/5/45.
 
Lo zio Roberto Rendina fu ucciso alle Fosse Ardeatine a Roma.
 
Nel capoluogo piemontese Rendina riprese la professione di giornalista a l'Unità, con Giorgio Amendola e Ludovico Geymonat. Terminata la guerra, si occupò di cinema scrivendo film con Piero Tellini, curò poi la settimana Incom con Luigi Barzini junior e successivamente entrò in Rai, dove prima lavorò al giornale radio e poi fu direttore del primo telegiornale. 
Cattolico, nel dopoguerra Rendina uscì dal Pci e aderì alla sinistra della Dc, collaborando con Aldo Moro, Mariano Rumor e Benigno Zaccagnini.
 
Il presidente del Consiglio Fernando Tambroni chiese ed ottenne il suo allontanamento dalla Rai. Aldo Moro lo reintegrò, nominandolo condirettore del giornale radio e mandandolo in America a fondare Rai Corporation.
Negli ultimi anni della sua vita Rendina è stato uno dei principali protagonisti dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, rivestendo per oltre dodici anni la carica di presidente del Comitato Provinciale ANPI Roma e diventando, nell’aprile 2011, vicepresidente nazionale. È stato nominato anche membro del Comitato scientifico dell'Istituto Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza
È stato, inoltre, l’ideatore della Casa della Memoria e nella Storia inaugurata a Roma dalla giunta Veltroni nel 2006 e fondatore dell’associazione di telespettatori cattolici Aiart.
 
Nel 2011 ha raccontato nel documentario Comandante Max, diretto da Claudio Costa, la sua esperienza di guerra in Russia e nella Resistenza.
 
È stato anche un appassionato studioso della Resistenza. Ha pubblicato: Italia 1943-45. Guerra civile o Resistenza?, Newton, Roma 1995; Dizionario della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma 1995. Ha anche curato la “Cronologia della Resistenza romana”, pubblicata sul portale storico www.storiaXXIsecolo.it, di cui è stato anche il fondatore.
 
E’ morto all’età di 95 anni, a Roma.
 
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto ricordare la memoria di Rendina, mandando un messaggio di cordoglio alla moglie: "Per la scomparsa di un testimone leale e appassionato di molti decenni della nostra storia". Il presidente della Repubblica ha ricordato la partecipazione di Rendina "alla tragica ritirata di Russia e la successiva, decisa scelta di campo nelle file della resistenza", nella quale assunse il nome di 'comandante Max', distinguendosi "per coraggio e lungimiranza politica". Nel dopoguerra, ha affermato ancora il presidente Mattarella, "fu brillante giornalista e comunicatore, ricoprendo posizioni di prestigio. L'immagine più nitida che mi resta di lui- ha concluso il capo dello stato- è quella, più recente, di instancabile dirigente dell'anpi, al vertice della quale ha saputo difendere la memoria autentica dei valori della resistenza e tramandarla ai giovani con passione ed entusiasmo".
 
(a cura di Mario Avagliano)
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