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Storie - Le scadenze elettorali e il 27 gennaio

di Mario Avagliano 

   Per la politica italiana (o almeno per buona parte di essa) la Memoria sembra essere un orpello inutile. A cicli alterni, negli ultimi anni, riappare nell'agenda dei governi l'ipotesi di abolire festività come il 25 aprile (Festa della Liberazione) e il 1° maggio (Festa del Lavoro) per far aumentare il Pil, il prodotto interno lordo del nostro Paese.

Per non citare le proposte di legge (per fortuna finora mai andate in porto) tese ad equiparare, a vario titolo e per varie finalità (comprese quelle economiche) i partigiani e i militari che fecero la scelta della causa della libertà e i cosiddetti "ragazzi di Salo'", alleati dei nazisti e loro stessi in prima fila nella repressione della Resistenza e nella persecuzione degli ebrei.
L'ultima assurdità in ordine di tempo è l'ipotesi di tenere le elezioni regionali il 27 gennaio 2013, ovverossia proprio la data in cui cade - per volontà dello stesso Stato italiano peraltro -  il "Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti", come previsto dalla legge 211 del 2000.
Tra tante date “utili” e possibili, perché scegliere quella? Giustamente l'Aned, l'associazione degli ex deportati, ha protestato con fermezza. Non è una impuntatura. Le operazioni di voto, com’è noto, si tengono di solito nelle scuole, il luogo per eccellenza della Memoria. Tanti istituti, quindi, verrebbero privati della possibilità di organizzare iniziative in quei giorni.
Il comunicato dell’associazione degli ex deportati è stato riportato con tiepidezza dai media. Al Viminale siede una giurista di alto livello e di spiccata sensibilità, il Ministro Anna Maria Cancellieri. Speriamo che  risponda affermativamente all'appello dell'Aned.

(L'Unione Informa, 7 novembre 2012)

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