Intervista a Matteo Saggese, musicista

di Mario Avagliano
 
“La mia musica è fatta di cuore, di anima e di testa”. A parlare è Matteo Saggese, salernitano, classe 1960, musicista, arrangiatore, produttore artistico, e – tra le altre cose - tastierista della band di Zucchero e patron del gruppo emergente dei Devon Rex, di Salerno. E’ l’autore di “Diamante”, una delle più belle canzoni italiane del dopoguerra. Ha scritto brani musicali per Zucchero, Mina, Giorgia, Biagio Antonacci, Syria, ma anche per artisti stranieri che vendono milioni di dischi in tutto il mondo, da Russel Watson a Hayley Westenra. Partito dal rock progressivo, è passato per il jazz fino ad approdare al pop melodico e al cross-over. Saggese vive da circa venti anni a Londra ma, quando può, torna con la moglie Milly e le due figlie Alice (di 3 anni) e Francesca (di 2 anni) nella sua Salerno che, dice, è per lui “fonte continua di ispirazione musicale”. 
 
Lei è cresciuto in una Salerno diversa da quella di oggi.
Sì, forse diversa, ma a me sembrava - anche allora - una gran bella città, viva, e ricca di stimoli artistici e intellettivi. Ricordo che passavo molto tempo a godermi il mare, anche d’inverno. Ad onor del vero, devo aggiungere che, fin da ragazzo, provavo dentro di me la smania, il desiderio di andar via, di fare altre esperienze, di conoscere nuove realtà.
Quando ha cominciato a suonare il pianoforte?
Ero incantato dalla musica fin da bambino, ma ho iniziato relativamente tardi, all’età di 14 anni. Mi piacevano i Beatles, i Led Zeppelin, i Deep Purple. Da allora, nella mia vita, non ho fatto nient’altro che il musicista e il mio primo lavoro, a 17 anni, è stato in un’orchestra, a suonare nei night in giro per l’Italia.
Lei ha studiato pianoforte al Conservatorio?
Sì, ho dato gli esami presso i Conservatori di Frosinone e di Avellino. Ho studiato musica classica per accontentare i miei genitori, ma devo dire che oggi non me ne pento affatto, visto che senza questo background classico e senza la conoscenza della melodia napoletana, non potrei essere un protagonista del nuovo genere mondiale della musica pop-classica. 
Chi è stato il suo maestro?
Devo molto ad Angelo Cermola, un pianista geniale che è stato il “papà” di tutte le generazioni di musicisti salernitani dagli anni Cinquanta in poi. Ha avuto una grandissima influenza musicale e di stile di vita sui vari Gugliemo Guglielmi, Aldo Vigorito, Renato Costarella, Marcello Ferrante, Aniello Criscuolo (purtroppo scomparso da qualche anno), fino ai più giovani Dario e Alfonso Deidda, e Ciro e Diego Caravano. Ho suonato con lui due-tre anni e mi ha insegnato a capire le nuove frontiere della musica. Era un talento straordinario e se non ha conseguito la notorietà nazionale e internazionale che meritava, è stato solo perché ha fatto la scelta di restare a Salerno. 
Salerno è stata ed è tuttora una fucina di ottimi musicisti. 
E’ vero. Ricordo che quando ho mosso i primi passi nel mondo della musica salernitana, ho subito avuto la consapevolezza di far parte di un movimento, di una generazione di giovani musicisti. Il periodo dagli anni Settanta agli anni Novanta è stato assai fertile. Penso a  Stefano Giuliano, a Gugliemo Guglielmi, a Jerry Popolo, e più tardi ai fratelli Deidda, ai Neri per Caso, a Daniele Scannapieco. Vorrei citare anche Francesco Verrengia, trombettista, ora proprietario del Tatum, uno dei più grossi musicisti che abbia conosciuto nella mia vita, e Rino Calabritto, bassista davvero eccezionale. Entrambi hanno deciso di fare altro nella vita. Se avessero avuto la possibilità di andar via, credo proprio che avrebbero fatto una grossa carriera.
Con molti di loro si è spesso scatenato in interminabili jam session in locali salernitani.
Suonavamo spesso in un locale che adesso si chiama Bogart. Le jam session le organizzavamo anche a casa mia, sulla litoranea. Eravamo capaci di restare lì a suonare notte e giorno, senza fermarci mai. Ricordo tra gli altri il gruppo che misi su con Dario Deidda e Paolo Pelella. Allora Dario era agli inizi, adesso invece è tra i musicisti più eccelsi d’Italia, anzi d’Europa, e ha dimostrato di essere una grande mente musicale. Per anni l’ho pregato di venire qui a Londra, dove sicuramente avrebbe un successo straordinario, ma ha fatto una scelta di vita diversa.
Tra il 1980 e il 1987 lei ha collaborato con importanti musicisti, napoletani e non: James Senese, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Michele Zarrillo.
Sono stato in tournée con loro, oppure ho prodotto dei loro brani. E’ stata una bella esperienza, assai formativa. James e Tullio sono ottimi musicisti e ho imparato diverse cose da loro. Siamo rimasti amici. Di Tony Esposito preferisco non parlare, non ho molto rispetto di lui.
Nel 1987, all’età di 27 anni, Matteo Saggese si trasferisce a Londra.
Per me Londra era una tappa di avvicinamento agli Stati Uniti d’America, ma poi mi ci sono trovato così bene, che ho deciso di restarci. Ho scoperto che Londra offriva moltissimo dal punto di vista artistico, e che lì potevo affermarmi come musicista.
E’ a Londra che ha scritto una delle sue canzoni più belle, Diamante.
L’ho scritta a quattro mani con il mio carissimo amico Mino Verniaghi, vincitore di Sanremo nel 1979, che già conoscevo da tempo e che ritrovai a Londra. Zucchero si innamorò subito del pezzo, ci mise le mani anche lui e affidò il testo a Francesco De Gregori. Ne è uscito fuori un piccolo gioiello. Come si dice, l’unione fa la forza. 
Da allora ha avuto inizio il suo sodalizio con Zucchero, che dura tutt’oggi.
Zucchero lo avevo conosciuto nel 1985, ma la nostra collaborazione iniziò con Diamante. Da allora abbiamo scritto varie cose insieme: io, lui e Mino. Per esempio il pezzo con cui Giorgia si presentò al Festival di Sanremo: “Di Sole e d’Azzurro”. E ancora, “Succhiando l’uva”, interpretato da Mina. Sono due altre canzoni di cui vado particolarmente fiero.
Che tipo è Zucchero Fornaciari?
Ho una grande considerazione di lui come artista, e mi diverto a suonare con la sua band. Ritengo che sia un vero professionista e dal vivo la sua energia è impressionante. E’ uno dei pochi musicisti italiani stimati a livello internazionale, l’unico che può permettersi di chiamare uno come Eric Clapton e chiedergli di fare delle cose assieme.
Un altro cantante italiano con il quale collabora è Biagio Antonacci.
Il suo primo disco importante lo registrò in Inghilterra e io produssi due suoi pezzi. Siamo legati da un rapporto di stima e di affetto. Per Syria abbiamo scritto una canzone insieme e sicuramente avremo altre occasioni di collaborazione.
Lei ha lavorato anche con Pino Daniele.
Ho lavorato a un suo album, “Sotto ‘o sole”, nel 1992. E basta. E’ sparito, non si è fatto più sentire. Pino prima usa le persone e poi le lascia. Ha fatto la stessa cosa anche con altri colleghi. E’ stata comunque una bellissima esperienza, con un grande artista, perché allora era ancora un artista, mentre ora - purtroppo - non ha più niente da dire.
Un giudizio duro.
Non sono il solo a pensarla così.
Le va di parlare di Giorgia?
E’ una bravissima cantante, ho lavorato con lei, la conosco bene e la stimo. Aggiungo che penso che meriterebbe di più. Se solo avesse pezzi più belli da interpretare...
In questi ultimi anni lei è diventato uno dei più importanti protagonisti del nuovo genere classico-pop, che è misconosciuto in Italia ma è in testa alle classifiche in Usa e in Gran Bretagna.
Per intenderci, è il genere che ha inventato Zucchero con Miserere. Io ho scritto numerosi pezzi per artisti del calibro di Russel Watson e di Hayley Westenra, la neozelandese prodotta da George Martin che ha venduto quasi due milioni di dischi e presto uscirà con un album anche in Europa. Sono molto richiesto sia come autore che come arrangiatore, anche perché ho una formazione classica.
Quali sono gli artisti italiani o internazionali dai quali ha imparato di più?
Zucchero è strepitoso, mi ha dato tantissimo. Altri due artisti eccezionali dai quali ho appreso molto sono Phil Manzanera e Nina Hagen. Anche l’esperienza con Eric Clapton è stata breve e fugace, ma indimenticabile.
E l’estate scorsa ha suonato con Zucchero alla Royal Albert Hall di Londra, dove i Beatles e i Rolling Stones si esibirono insieme nel settembre 1963, e dove combattè Mohammed Alì.
C’erano cinquemila persone, compresi l'allenatore del Chelsea Ranieri e Gianluca Vialli. E’ stata una grande festa della musica. Un’emozione indescrivibile.
Progetti per il futuro?
Continuare a fare questo lavoro. Scrivo per gli artisti che stimo, produco progetti musicali in cui credo, ho una splendida famiglia. Ora sta per uscire un mio nuovo pezzo scritto per Russel Watson, s’intitola “Magia sarà”, e siccome penso che piacerà a tante persone, sono contento.
Intanto fa il produttore musicale e sta lanciando in pista un nuovo gruppo emergente, i Devon Rex, di Salerno.
E’ una band composta da cinque elementi: Mariella Nardiello (voce solista), Massimo Baldino (tastierista), Andrea Vischi (bassista), Luca Crudele (chitarrista), e Dario Barbuto (batterista). Quando li ho sentiti la prima volta, sono rimasto colpito dal loro sound. L’avventura è cominciata per gioco, ora sta diventando una cosa seria. Credo che abbiano tutte le qualità per sfondare. Mi sono occupato della loro produzione artistica e ho coinvolto nel progetto anche gli Apollo 440, pionieri del rock-ambient elettronico, conosciuti in tutto il mondo avendo scalato le vette delle classifiche dance mondiali. Il loro primo singolo, Orgasmo Apparente, è stato prodotto e mixato a Londra ed ha tutte le caratteristiche per diventare una hit. 
Com’è Matteo Saggese di carattere?
I ragazzi dei Devon Rex mi chiamano Brontolo. Sono molto pignolo. Nella musica non mi permetto di essere approssimativo. La musica è fatta di dettagli, e a me piace curarli. Poi sono anche allegro, mi piace scherzare, e soprattutto adoro le mie figlie. Hanno aiutato molto la mia musica...
Lei capita abbastanza spesso a Salerno. Che giudizio ha della sua città?
La vivo poco, perché quando vengo a Salerno sono assorbito dalla famiglia o dal lavoro. Ciò premesso, devo dire che rimpiango il sindaco De Luca. Qualche anno fa, ogni volta che tornavo, rimanevo piacevolmente sorpreso da qualche novità. Mi sembra che adesso non sia più così.
Se potesse teletrasportare a Londra tre o quattro cose di Salerno, che cosa sceglierebbe?
Il mare, il clima, il cibo e il calore umano. E, ovviamente, gli amici e la famiglia. Purtroppo, l’unica cosa che riesco a portarmi dietro in aereo, è la mozzarella!
 
(La Città di Salerno, 10 ottobre 2004)
 
Scheda biografica
 
Matteo Saggese è nato a Salerno il 20 febbraio del 1960.  Ha frequentato le scuole medie e superiori a Salerno e si è diplomato in pianoforte nel 1985, presso il Conservatorio Musicale di Avellino. Vive a Londra dal 1987. Musicista, autore di canzoni, produttore musicale, arrangiatore, ha lavorato per  diversi artisti italiani  (Zucchero, Mina, Giorgia, Pino Daniele, Syria, Biagio Antonacci, Alan Sorrenti) e internazionali (Phil Manzanera, Jack Bruce, Nina Hagen, Augusto Rodriguez , Richard Thompson, Heroes of the silence, Antonio Vega, Hayley Westenra, Russell Watson, Salvatore Licita e Marcello Alvarez, Summer, Monica Naranjo, Apollo 440, Sofie Barker), e in vari tipi di genere musicale, dal  pop  al  soul al   jazz. Al momento è tastierista della band di Zucchero, collabora con  gli Apollo 440, e scrive canzoni per artisti internazionali di classico-pop come Russell Watson e Hayley Westenra. Ha lavorato anche all’ultimo progetto di Simon Cowell, intitolato “Il  Divo”, che nasce dalla collaborazione tra quattro grandi tenori e sarà pubblicato a novembre. 
 
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