Intervista al Cav. Giuseppe Amato, industriale

di Mario Avagliano
 
Il segreto di mezzo secolo di successi del Pastificio Amato? “Curare la qualità della pasta in tutti i cicli di produzione, dalla selezione dei grani nel molino fino alla distribuzione nelle catene dei supermercati”. A ottant’anni di età il Cavaliere Giuseppe Amato, originario di San Cipriano Picentino, non ha perso l’entusiasmo di quel lontano 1951 quando, assieme allo zio Antonio, rilevò la più antica casa di pastai salernitani, la “Rinaldo & C. S.A.”, fondata nel 1868, e si lanciò nell’avventura imprenditoriale, abbandonando la tradizione centenaria di famiglia del commercio e costruendo l’azienda leader in Italia nella produzione di pasta e derivati del grano tenero e duro. Amato, intervistato da la Città, racconta se stesso e rivela che - tra i tanti riconoscimenti ricevuti - quello a cui tiene di più è il Cavalierato del Lavoro, perché ha premiato una “vita di lavoro fatto con diligenza, onestà e abnegazione”. 
 
Lei viene da una famiglia di commercianti.
Mio nonno, mio bisnonno e mio padre Emiliano erano commercianti di generi alimentari. Tutta la mia famiglia, sia dal lato di mio padre che da quello di mia madre, Nicoletta D’Ascoli, era di San Cipriano Picentino. Dai miei genitori e dai miei parenti ho ricevuto un grande insegnamento: agire correttamente nella vita e nel lavoro. 
Da San Cipriano Picentino ai vertici del settore alimentare italiano...
San Cipriano è un paesino tranquillo, gradevole, con un panorama mozzafiato, ma è anche un centro che nel corso degli anni ha dato i natali a tante persone che si sono affermate a livello nazionale e che ha prodotto molti cervelli effervescenti. Non per niente era un luogo frequentato da grandi intellettuali, come Matilde Serao.
Anche lei ha iniziato a lavorare nel commercio.
Ho cominciato prestissimo, alternando gli studi al lavoro nell’azienda commerciale di famiglia. Erano gli anni difficili del dopoguerra. Per necessità di cose, erano gli Alleati a provvedere all’alimentazione della popolazione, in sostituzione del governo italiano, facendo arrivare navi cariche di grano dagli Stati Uniti. Ebbene, gli Alleati diedero a noi l’incarico di distribuire le derrate, con il sistema del tesseramento.
Come e quando è nato il Pastificio Amato?
Nel 1951. Ricordo che avevo 25 anni quando, assieme a zio Antonio, intraprendemmo l’attività industriale nel settore dei Molini e Pastifici, partecipando al riammordernamento di due antiche case di pastai che erano in crisi, il Molino Pastificio Rinaldo e Il Molino Pastificio Scaramella. Fu una vera e propria sfida. Il nostro punto di forza fu la capacità di unire il fattore industriale a quello della distribuzione. Con l’esperienza secolare nel settore commerciale e con un patrimonio di clienti nel settore alimentare, fu più facile intraprendere l’attività industriale e  successivamente diventare un’azienda di rilevanza prima provinciale e poi nazionale. E così una delle due case, la “Rinaldo & C. S.A.”, divenne “Rinaldo & Amato”, per essere poi assorbita, nel 1958, nella Antonio Amato & C. – Molini e Pastifici in  Salerno SPA, l’odierno polo industriale. 
Negli anni Cinquanta e Sessanta, quando il Pastificio Amato ha costruito la sua fortuna, a Salerno c’era un sindaco forte come Alfonso Menna.
Menna è stato il sindaco che ha fatto uscire Salerno dagli anni bui della guerra. E’ stato un grande amministratore ed ha saputo affrontare una situazione non facile. Nel dopoguerra ci sono state vere e proprie onde di immigrati, mezzo Cilento si è trasferito a Salerno, e la città è stata costretta a subire uno sviluppo urbanistico troppo veloce. C’era fame di case, di lavoro, di tutto. Menna ha dato una risposta a questi problemi. Non si poteva pretendere di più da lui.
Fatto sta che dopo Menna, Salerno ha vissuto una lunga fase di degrado.
Quando non c’è stabilità politica, quando le amministrazioni cadono dopo poco tempo e non hanno la possibilità di impostare un progetto per la città, è normale che le cose vadano male. E’ quello che è accaduto a Salerno negli anni Ottanta.
E ora?
Nell’ultimo decennio Salerno si è trasformata. Il volto della città è cambiato, il centro storico è stato ristrutturato, i servizi sono migliorati, l’assetto urbanistico è soddisfacente. Ora qui c’è tutto, si vive e si lavora senza eccessive preoccupazioni. Ci troviamo per fortuna in una situazione assai diversa da quella di Napoli, dove c’è più confusione e più criminalità. Onore al merito al sindaco De Luca e al sindaco De Biase che ha continuato l’opera. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare.
Come si fa ad essere competitivi e a resistere ad alto livello per oltre cinquant’anni nell’epoca del mercato globale?
Il segreto è avere entusiasmo, intuizione nella programmazione e soprattutto dedizione al lavoro, e svolgerlo con oculatezza, onestà e rispetto delle regole. E poi bisogna saper rischiare, certo senza mai fare avventure. 
Conta anche la dimensione familiare?
La dimensione familiare è importante, perché per gestire un’azienda ci vuole accordo, sintonia, condivisione del lavoro, e tutto questo tra familiari è più facile. Non a caso i miei collaboratori diretti sono mio figlio Antonio e mio nipote Giuseppe, detto Peppino.
Giuseppe e Antonio, come lei e suo zio...
Sono nomi che ritornano nella nostra famiglia. Per noi le tradizioni sono importanti. Il mio bisnonno si chiamava Antonio e mio nonno Giuseppe. Così è stato e così sarà anche per il futuro.
Quanto è difficile svolgere un’attività imprenditoriale nel Mezzogiorno?
Già fare l’imprenditore in generale è una cosa difficile. Farlo nel Mezzogiorno e in particolare in provincia di Salerno è una corsa ad ostacoli. Partiamo con un handicap rispetto ai concorrenti del centro e nord Italia. Dobbiamo superare una montagna di difficoltà, che vanno dal sistema dei trasporti alla fornitura di energia elettrica. Prenda il nostro caso. Ci troviamo nella zona industriale e ciò nonostante non abbiamo la certezza di avere una fornitura continua. Un’assurdità! Anche il rapporto con la pubblica amministrazione non è sempre facilitato. Altrove l’attività industriale viene favorita, qui dobbiamo essere noi a provvedere a tutto. Non c’è collaborazione da parte delle istituzioni nazionali e locali. Eppure la nostra azienda da’ lavoro a centinaia di persone, ha anche una funzione sociale.
In cinquant’anni di onorata carriera, qual è il momento più bello e quello più brutto che ricorda?
Il momento più bello quando negli anni Sessanta abbiamo costruito il nuovo stabilimento, che costituì un vero e proprio modello organizzativo e industriale in Italia, studiato e preso ad esempio dagli altri imprenditori, e quando negli anni Ottanta ci siamo trasferiti nella zona industriale, affrontando una nuova sfida. Il momento più triste, quando ho perduto mio figlio Domenico, all’età di appena 37 anni.
Qual è il rapporto di una grande azienda come la vostra con la città di Salerno?
Ottimo. Di solito si dice che nemo propheta in patria, invece noi abbiamo un rapporto straordinario con il territorio e con la popolazione. Anche perché siamo sempre vicini e attenti alle esigenze della città, culturali, sociali e di solidarietà...
E’ per questo motivo che lei è stato insignito della medaglia d’oro del Capo dello Stato per i meriti nel campo dell’istruzione infantile?
No, è perché io e la mia famiglia, fin dal 1949, a San Cipriano Picentino, sosteniamo e finanziamo la scuola dell’Infanzia “Domenico Amato”, intitolata a un mio cugino prematuramente scomparso. In quel bell’edificio, in mezzo al verde, vengono educati ed assistiti 90 bambini, istruiti dalle Suore del Buono e Perpetuo Soccorso di Roma, integrate da personale laico, insegnante ed ausiliario.
Lei è stato anche presidente di Assindustria.
Ho una lunga militanza nell’associazione degli industriali. Nel 1969 sono stato il primo Presidente della neonata Unione Industriali Pastai Italiani (UN.I.P.I.). Inoltre ho più volte ricoperto la carica di Presidente di Assindustria Salerno, oltre ad essere stato Presidente della Federindustria Campana e membro della Giunta di Confindustria. Tra l’altro mi sono trovato a ricoprire questi ruoli in un periodo nero per l’economia italiana, dovendo gestire il blocco dei prezzi, che penalizzava più di tutti proprio il settore alimentare.
Anche ora l’economia italiana sta vivendo un periodo difficile. La crisi ha effetti anche sul Pastificio Amato?
La crisi è reale. Pensi che per la prima volta nella storia italiana i consumi nel settore alimentare sono calati. Non si era mai verificato. Ciò è dovuto a fattori internazionali e nazionali. Per fortuna c’è un risveglio delle esportazioni. Questo compensa almeno in parte la mancanza di assorbimento dei prodotti in Italia.  
Infatti il Pastificio Amato è un’azienda riconosciuta a livello internazionale.
Esportiamo i nostri prodotti negli altri Paesi dell’Unione Europea, negli Stati Uniti d’America e perfino in Giappone, in Libano e negli Emirati Arabi. Negli ultimi anni ci stiamo affacciando anche sui mercati dell’Europa dell’Est.
La vostra azienda è anche sponsor della Nazionale di calcio. Un abbinamento che funziona?
Siamo molto fieri di questa sponsorizzazione, che durerà fino ai prossimi mondiali di calcio. Ci ha dato molte soddisfazioni, ha premiato il nostro ruolo di grande azienda “nazionale” e speriamo che porti fortuna anche agli azzurri...
 
 (La Città di Salerno, 6 novembre 2005)
 
Carta d’identità
 
Luogo e data di nascita: S. Cipriano Picentino (SA)  il 21 settembre 1925
Vedovo dal febbraio 2002 
Figli:  un figlio maschio e due femmine. E’ nonno, complessivamente, di 12 nipoti.
 
Cariche sociali
Presidente ed Amministratore Delegato della ANTONIO AMATO & C. – MOLINI E PASTIFICI IN SALERNO SPA
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