Il duo Deidda-Amato e la primavera jazz della scuola salernitana

di Mario Avagliano
 
Il jazz made in Italy parla salernitano. E’ da qualche anno ormai che, in televisione come nei più importanti festival jazz italiani ed europei, i musicisti salernitani raccolgono applausi e consensi. Tutto cominciò a cavallo degli anni Ottanta-Novanta, quando a Salerno nacquero decine di band di giovani talentuosi e scapigliati. Molti di loro hanno fatto "carriera", dai fratelli Deidda a Giovanni Amato, e poi Giampiero Virtuoso, Aldo Vigorito, Gerry Popolo, Amedeo Ariano, e ora producono dischi, suonano con i più importanti jazzisti europei, collaborano con le stelle della musica pop. Un fenomeno misconosciuto in città, e quasi del tutto ignorato dalle istituzioni. "Siamo più apprezzati a Roma, a Milano o a Parigi, che a Salerno, dove mancano spazi e organizzazione. Attenzione, la scuola jazzistica salernitana rischia di morire", lanciano l’allarme due di loro, Dario Deidda, forse il miglior bassista elettrico italiano, ora impegnato in tournée con Fiorella Mannoia, e Giovanni Amato, trombettista e compositore di notevole spessore, originario di Nocera Inferiore, alla vigilia del suo primo disco jazz.
 
Quando inizia la vostra passione per il jazz?
Amato: Ho iniziato a suonare la tromba all'età di otto anni, sotto la guida di mio padre, anch'egli trombettista. E’ proprio ascoltando la sua collezione di dischi (Armstrong, Davis, Henry James, Brecker) che mi sono innamorato del jazz, e ho cominciato ad improvvisare.
Deidda: Anche io vengo da una famiglia di musicisti. Mio padre era pianista. Io ho cominciato a suonare il basso e poi il contrabbasso a 12 anni e poi, grazie a lui, io e i miei fratelli ascoltavamo tanta musica, non solo Pino Daniele e i cantautori, come facevano i miei coetanei, ma anche Frank Sinatra, Benny Goodman.
La prima esperienza importante?
Amato: E’ arrivata prestissimo. Intorno ai sedici anni entrai a far parte di una jazz band importante, la "Elbas Jazz Group", del batterista napoletano Antonio Golino. Fu proprio Dario a fare il mio nome a Golino, che cercava un trombettista. Io però ero restio a suonare dal vivo. Per dirla tutta, avevo paura. La prima volta, non mi presentai neppure. Poi lui mi martellò di telefonate… Con loro suonai per due o tre anni nei più noti club di Napoli, come l’Otto Jazz Club. Per me è stata una palestra.
Deidda: Ho iniziato a suonare con mio padre nei night di Salerno e dintorni. La mia prima serata è stata al Casinò Sociale. Io suonavo il basso, e talvolta il mandolino, e mio fratello Sandro il sassofono. Mio padre presentava un repertorio vasto, che spaziava dalla musica brasiliana allo swing, e poi gli standard americani, Sinatra, Peppino Di Capri, Buscaglione, Fred Buongusto, le canzoni napoletane classiche…
Tra gli anni Ottanta e Novanta, come ci hanno raccontato anche i Neri per caso, a Salerno fare musica era la passione di un’intera generazione di giovani.
Amato: E’ stato un periodo eccezionale, fatto anche di amicizia e di condivisione. Il precursore è stato 
Dario: per tutti noi era un mito da emulare. Mi ricordo che tra il ’90 e il ‘91 avevamo preso un locale a Fratte, che chiamavamo "Il Posto". Andavamo lì e suonavamo per ore e ore solo per il piacere di imparare gli uni dagli altri e di provare nuove sonorità. C’erano Dario, Sandro e Alfonso Deidda, Amedeo Ariano, Giampiero Virtuoso, Angelo Mutarelli, Gerry Popolo, Daniele Scannapieco, Gaspare Di Lieto.
Deidda: C’è stato un bel momento per il jazz a Salerno, tra il 1985 e l’inizio degli anni Novanta. C’erano molti locali di musica live, c’era la predisposizione da parte del pubblico ad ascoltare, c’era una miriade di gruppi, c’era una generazione di giovani molto comunicativa, che aveva voglia di scambiare emozioni, di sperimentare, di studiare. La storia del "Posto" significava anche questo.
Di quali gruppi avete fatto parte in quel periodo?
Amato: Ho suonato nei locali del salernitano e di Napoli per anni, con tanti gruppi. Poi c’è stata l’esperienza dei "Deidda Brothers", con i quali ho vinto anche diversi festival. E poi il "Giovanni Amato quartet", da me fondato, una band in cui si sono alternati al basso, oltre a Dario, anche Joseph Lepore e Aldo Vigorito, alla batteria Amedeo Ariano e Giampiero Virtuoso, al piano Francesco Nastro e Michele Di Martino.
La musica ad alto livello vuol dire anche studio, fatica, applicazione…
Amato: Beh, certo, anche se hai talento devi applicarti. Io ho studiato musica classica, e mi sono diplomato nell'89 al conservatorio di Salerno con il massimo dei voti.
Deidda: Ci siamo diplomati nello stesso anno, io e Giovanni eravamo compagni di scuola. Ricordo le ore passate a suonare nelle aule vuote del Conservatorio di Salerno. Sono d’accordo con lui, studiare, sperimentare, è importantissimo.
Come avete vissuto il distacco da Salerno?
Deidda: La mia prima esperienza jazz importante è stata con Maurizio Giammarco. E’ stato tramite lui che sono entrato nel circuito nazionale. L’ho conosciuto a Salerno nel ’90, in una jam session, e subito dopo mi ha chiamato a Roma. Nel ’92 mi sono stabilito definitivamente nella capitale. Il distacco l’ho sofferto poco, anche perché proprio in quel periodo a Roma sono venuti anche Amedeo Ariano, mio fratello Sandro e Daniele Scannapieco.
Amato: Per me il distacco è stato ed è bellissimo. Amo la mia terra e amo tornare a Nocera, ma mi sento prima di tutto un musicista italiano…
Con quali artisti avete lavorato? E chi vi ha colpito di più?
Deidda: Ho avuto la fortuna di suonare e collaborare con due mostri sacri del jazz mondiale: Petrucciani e George Coleman. Per quanto riguarda la musica pop, ho fatto parte della band di Pino Daniele. E’ un grande artista anche se ha i suoi sbalzi d’umore. D’altra parte è del segno dei Pesci, come me.
Amato: L’elenco è lungo: da Gianna Nannini ad Alex Baroni, fino a Gianni Morandi. Ricordo in particolare l’esperienza con Nino Buonocore, perché mi dava molto spazio e con lui era possibile improvvisare, e quella con Gino Paoli, con il quale ho registrato un disco, che mi ha sorpreso per la sua tranquillità ed umiltà. Nel jazz, direi il sodalizio con Giovanni Tommaso, che mi ha fatto conoscere al grande pubblico. Poi, naturalmente, c’è Gegè Telesforo…
Gegè Telesforo è un divulgatore del genere jazz in Italia…
Amato: Con lui ci si diverte. E’ bravissimo. E poi, sì, è vero, ha contribuito e contribuisce a far conoscere il jazz nel nostro Paese.
Deidda: Gegè è un amico, e lavoriamo molto insieme. Sono il bassista della sua band, i "Pure Funk Live", ed è anche il produttore del mio primo disco.
C’è spazio per la musica jazz adesso a Salerno?
Deidda: Ce n’è poco. Ormai a Salerno resiste solo il "Fabula" come locale, grazie alla passione di Antonio Mogavero… Per fortuna a Fisciano c’è il "Round Midnight jazz club", che propone musicisti di alto livello, e dove è possibile ascoltare la musica senza distrazioni come il cibo, le chiacchiere…
Amato: Dario ha ragione. Il pubblico c’è, ma mancano i manager e manca qualità nell’organizzazione. E sono spariti anche i locali dove suonare dal vivo. Se non bastasse, c’è anche un problema di discriminazione al contrario.
Cioè?
Amato: A Salerno i musicisti jazz campani sono bistrattati e malpagati. Vengono trattati meglio quelli che vengono da Firenze o, che so, da Milano. Morale della favola, siamo apprezzati di più nel Centro-Nord o in Europa, dove peraltro si respira tutta un’altra aria, e c’è rispetto per i musicisti jazz…
Deidda: Credo che il problema riguardi tutto il Sud, e non solo Salerno. Nel Meridione, dispiace dirlo, c’è poca considerazione per il jazz.
Colpa anche delle istituzioni?
Amato: Molti politici si ricordano di noi solo sotto le elezioni, perché sanno che la realtà jazzistica salernitana è forte. Poi non fanno nulla o quasi per la musica jazz.
Nonostante che il jazz italiano parli sempre più salernitano…
Amato: E’ vero. Certe volte mi capita, in giro per l’Italia o per l’Europa, a Parigi, a Vienna, in Spagna, che dopo i concerti mi chiedono di dove sono e commentano: "Anche tu di Salerno!".
Deidda: La scuola salernitana è forte e importante in Italia, grazie a noi Deidda, a Giovanni, a Daniele Scannapieco, ad Amedeo Ariano, ad Aldo Vigorito, che è stato uno dei primi a tracciare la strada e a sfondare. Però molti di noi non sono buoni manager di se stessi... I nostri colleghi del Nord si sanno "vendere" meglio. Per me, invece, la passione conta più della popolarità e del successo.
Tra di voi siete rimasti amici?
Amato: L’amicizia è rimasta, anche se ognuno di noi cerca di fare la musica propria. Spesso collaboriamo o ci si ritrova a suonare assieme alle jam session.
Deidda: Quando posso, vado a sentire gli amici di un tempo. E non mancano occasioni di suonare insieme, come si faceva a Fratte.
La scuola salernitana del jazz si è inaridita o produce nuovi talenti?
Amato: Non si è affatto inaridita. Anzi, stanno emergendo nuovi talenti, come il pianista Julian Olivier Mazzariello, di Cava de’ Tirreni; l’altro pianista Alessandro La Corte; la sassofonista Carla Marciano, il batterista Gaetano Fasano.
Deidda: Mazzariello è un astro nascente del jazz italiano. La Marciano ha già prodotto un disco, a dicembre. Il problema è che dopo c’è il vuoto. Non conosco a Salerno gruppi jazz di ragazzi di 23-24 anni.
Come mai?
Deidda: Mancano gli spazi, mancano le possibilità per i giovani salernitani. Molti locali vorrebbero fare musica dal vivo e non hanno neppure l’impianto di amplificazione. Il pubblico pretende qualità, altrimenti si distrae. Risultato? I giovani musicisti si scoraggiano e si rischia di disperdere un patrimonio.
Nel salernitano si organizzano festival jazz ad alto livello?
Amato: A mio avviso il Festival più bello è quello di Minori, "Jazz On The Coast", organizzato da Gaspare Di Lieto. Anche quello di Baronissi è di buon livello, e ha il merito di dare molto spazio ai musicisti italiani. Il guaio, invece, è quando una rassegna si chiama jazz e non c’è nulla di jazz… Accade anche questo, purtroppo.
I prossimi progetti?
Amato: A fine marzo inizierò a registrare il primo disco jazz a mio nome, con pezzi originali e pezzi standard riarrangiati. Suoneranno con me il pianista Pietro Lussu, il batterista Lorenzo Tucci e il bassista Aldo Vigorito. Ho appena inciso un disco con Gianluca Renzi e uno con Gegè Telesforo. Poi, con il mio gruppo "Giovanni Amato Organ Project" (Mazzariello all’organo, Ariano alla batteria e Popolo al sax), parteciperò al Festival Veneto Jazz, alla rassegna di Montalcino e a quella di Villa Celimontana a Roma.
Deidda: Marzo è una data importante anche per me: uscirà il mio primo cd, "Three from the Ghetto", per l’etichetta americana "Go Jazz", con Julian Mazzariello al piano e organo e Stephane Huchard alla batteria. Tra gli ospiti ci sono anche Bob Malach e Gegè Telesforo. E’ un disco di jazz moderno, con uno spirito un po’ rock: quasi tutti i pezzi sono originali. Proprio ieri, poi, ho iniziato la tournèe con Fiorella Mannoia, che durerà fino ad aprile. Sono contento. Fiorella è una donna semplicissima, alla mano, mi trovo benissimo con lei. E’ una grande interprete, la numero uno in Italia dopo Mina.
 
(La Città di Salerno, 2 febbraio 2003)
 
 
Scheda biografica
 
Dario Deidda nasce a Salerno il 1° marzo del 1968. Si è diplomato in contrabbasso al conservatorio di Salerno nel 1989. Basso elettrico, ha fatto parte della band di Pino Daniele nel 1999 e di Barbara Cola (1997). Suona stabilmente nei tours italiani di Carl Anderson (il Giuda del film "Jesus Christ Superstar"). E’ il bassista dei "Pure Funk Live" di Gegè Telesforo e dei "Cuban Stories", band di Latin e Salsa Jazz del fratello Alfonso. Ha inoltre formato con i "colleghi" e amici Marco Siniscalco e Luca Pirozzi, un trio di soli bassi elettrici denominato "Bassic Istint". Ha partecipato a vari festival internazionali e ha collaborato con i più importanti musicisti jazz italiani e americani (Petrucciani, George Coleman, Maurizio Giammarco, Roberto Gatto), facendo parte di numerose band televisive: "Il caso Sanremo", "D.O.C.", "M. Costanzo Show", "Comici", "Saranno Promossi", "L’ottavo nano", "Roxy Bar". A marzo uscirà il suo primo cd, "Three from the Ghetto", per l’etichetta "Go Jazz" (USA).
 
Giovanni Amato nasce a Nocera Inferiore il 30 novembre del 1967. Inizia a suonare la tromba all'età di otto anni. Intorno ai sedici anni entra a far parte della jazz band di Antonio Golino, l’"Elbas Jazz Group". Nel 1989 si diploma al conservatorio di Salerno. Dal 1990 inizia un'intensa attività concertistica che lo introduce nei grandi circuiti Italiani ed internazionali. Numerose le collaborazioni con i più famosi musicisti jazz quali: Giovanni Tommaso, Roberto Gatto, Maurizio Gianmarco, Lee Konitz, Gary Peacoc, Steve Grossman, Bob Russo con la sua Chicago University Band, Mike Goodrich e tanti altri. Partecipa ad importanti rassegne sia in Italia che all'estero come "Umbria Jazz Festival", "Jazz & Image", "Ülm Jazz Festival" (Germania), "International Jazz Festival di Tabarka" (Tunisia), "Duc Des Lombardes" Paris (Francia). Lavora anche in band televisive di trasmissioni di successo di Rai Due come "Pippo Chennedy show", "Scirocco" e "Furore".
 
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