Intervista ad Julian Oliver Mazzariello, musicista
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di Mario Avagliano
C’è anche un salernitano tra i vincitori dell’ultimo Festival di Sanremo. Si tratta di Julian Oliver Mazzariello, londinese di nascita, figlio di un batterista cavese emigrato a Londra all’epoca dei Beatles, negli anni Sessanta. Trapiantato a Cava de’ Tirreni all’età di 17 anni, Julian è uno dei talenti più fulgidi del jazz made in Italy e ha vinto il Sanremo sezione Gruppi, con la band “Nicky Nicolai e Stefano Di Battista Jazz Quartet”, giunta al festival senza essere conosciuta dal grande pubblico ed assurta poi al ruolo di autentica rivelazione. Pianista dalla tecnica elegante e raffinata, discepolo di Lucio Dalla, la critica gli attribuisce un tocco “dall'aroma classico” e apprezza molto i suoi assoli, definiti “vagamente jarrettiani”.
Lei è nato in Inghilterra ma è cavese d’adozione.
Mio padre Fernando era originario di Cava. Era un batterista, suonava in un gruppo rock che si chiamava Caravan Band e nacque negli anni Sessanta sulla scia dei Beatles e dei Rolling Stones. A diciotto anni si trasferì a Londra e lì si sposò con mia madre Anne, che è assistente sociale. Io sono cresciuto in Inghilterra.
La musica è una passione di famiglia.
Sì. Da piccolo sognavo di diventare batterista come mio padre. Ma ero costretto a suonare il pianoforte perché nel quartiere dove vivevamo le villette erano una attaccata all’altra e i vicini si sarebbero lamentati! Comunque la batteria è uno strumento che ancora oggi mi piace.
A che età ha iniziato?
I miei genitori acquistarono il primo pianoforte quando avevo 6 anni. Io ho cominciato a prendere lezioni l’anno dopo.
A tredici anni già vinceva i primi premi.
Nel 1991 ho vinto un concorso per le giovani promesse organizzato dal giornale Daily Telegraph, insieme ad un mio amico nero, Jose Hathaway, batterista. Abbiamo partecipato anche ad una gara televisiva, arrivando in finale e classificandoci secondi.
Come mai nel 1995 si è trasferito a Cava?
Cava mi è sempre piaciuta, fin da quando ero bambino e ci venivo ogni estate in vacanza. Ai miei occhi era come il mondo dei sogni, per il clima mite, il paesaggio verde, la gente allegra. Mi piaceva il modo di fare delle persone, l’approccio leggero alla vita. In Inghilterra tutto è più triste e pesante. Così a 17 anni di età, quando ho deciso di dare una svolta alla mia vita, visto che mio padre era tornato a Cava, l’ho seguito, contro il volere di mia madre. Ero sicuro che c’erano certe cose nel mio carattere che venendo qui potevano uscire fuori.
E a Cava e a Salerno è entrato nel giro dei musicisti jazz...
E’ stato grazie a Pietro Vitale, grande amico di mio padre. Quando ero piccolo, ci veniva a trovare in Inghilterra. Mi ha visto nascere. Attraverso Pietro, già quando avevo 13-14 anni ho conosciuto i fratelli Deidda, Jerry Popolo, Giovanni Amato, Ciro Caravano dei Neri per Caso, Daniele Scannapieco e tanti altri. Poi, quando mi sono trasferito a Cava, mi hanno adottato, ho cominciato a suonare con loro e sono diventati tutti miei amici.
Allora la scuola salernitana del jazz esiste davvero, non è un fatto mitico.
A me sembra di sì. Le mie prime esperienze le ho fatte a Salerno. E’ qui che sono cresciuto musicalmente. Non è un caso che spesso ci ritroviamo a fare cose insieme, come è accaduto anche a Sanremo, dove io e Amedeo Ariamo abbiamo suonato nella band “Nicky Nicolai e Stefano Di Battista Jazz Quartet”.
Un personaggio che ha contato molto nella sua crescita professionale è Gegè Telesforo.
E’ vero. Gegè è per me una specie di fratello maggiore. L’ho conosciuto quando avevo appena 18 anni, in un bar salernitano che si chiama Cerco Piteco. Era venuto a bere una birra con Dario Deidda e quando mi ha ascoltato suonare, si è avvicinato e si è messo a cantare. Io ero da poco in Italia e non sapevo neppure chi era. Il giorno dopo mi ha chiamato e mi ha chiesto se volevo entrare nel suo gruppo. Ho anche inciso un disco con lui. Gegè è un grande cultore di musica, di jazz e di funky. Con lui mi diverto tanto a suonare.
E’ stato proprio Gegè Telesforo a presentarle Stefano Di Battista.
Eravamo anche questa volta a Salerno. Ricordo che andammo nel solito bar e improvvisammo una jam-session: io, Gegè, Stefano e Daniele Scannapieco. Fu una serata speciale.
Tra i suoi maestri c’è anche un certo Lucio Dalla.
Lucio l’ho conosciuto tre estati fa. Stefano Di Battista aveva organizzato un concerto al Testaccio Villane al quale parteciparono Lucio Dalla, Alex Britti e Max Gazzè, in veste di musicisti e non come cantanti, assieme a me e a Dario e Sandro Deidda. Lucio Dalla si mostrò subito assai entusiasta di me e così mi invitò a suonare nel suo disco, intitolato “Lucio” e a partecipare alla sua tournée.
Una bella esperienza?
Un’esperienza eccezionale. Lucio è una persona meravigliosa. Se Gegè è un fratello maggiore, lui è come un secondo padre per me. Gli voglio molto bene. Ogni volta che lo vedo, imparo qualcosa. Apprezzo in particolare la sua serenità, la sua capacità di dare il massimo ma con un approccio rilassato. Io invece vivo sempre in tensione.
Nella band di Lucio Dalla cantava anche Nicky Nicolai.
Un anno fa, dopo la tournée di Lucio, lei e Stefano Di Battista mi hanno chiesto se volevo suonare con loro e con Amedeo Ariano. E così lo scorso febbraio mi sono ritrovato al festival di Sanremo...
Come ha vissuto il clima del Festival?
Con grande emozione. Soprattutto la prima e l’ultima serata. Ricordo che al debutto nel camerino ero tanto teso che non riuscivo neppure a infilarmi la giacca... Tra l’altro era la prima volta che suonavo con un direttore d’orchestra, il bravissimo Peppe Vessicchio.
Vi aspettavate di vincere la sezione gruppi e di avere tanto successo?
Ho sempre avuto una grande fiducia in Stefano Di Battista. Oltre ad essere un eccellente musicista, è una persona davvero intelligente, che sa quello che sta facendo. Credo che abbiamo dimostrato che anche certo tipo di musica, con sonorità acustiche se non jazz, può arrivare al grande pubblico.
Che programmi ha per i prossimi mesi?
Intanto continuo l’esperienza con Nicky Nicolai e Stefano Di Battista. Oggi siamo a Domenica In e il 1° aprile ci esibiremo in Slovenia. A maggio inizieremo un tour.
E poi?
Mi piacerebbe fare qualcosa con Dario Deidda e con il mio amico batterista di Londra.
Dario Deidda è un po’ il capofila dei musicisti salernitani di jazz.
Dario è pazzesco, è enorme. Suona il piano, la tromba, la batteria, e come li suona!
Che cosa rappresenta nella sua vita la musica e chi sono i suoi modelli?
Il mio idolo in assoluto è Miles Davis. E’ il primo musicista che ho ascoltato ed è quello che tuttora mi emoziona di più. Quanto alla musica, per me è un mezzo di comunicazione straordinario, più della parola. Mi affascina il potere della musica di scatenare emozioni, di far piangere, di far ridere...
Anche se lei ormai vive in giro per l’Italia, continua ad avere la dimora a Cava. Come mai?
Mi sto affezionando sempre di più a Cava. Più mi capita di stare fuori, e più ci torno volentieri. E poi qui ho la maggior parte degli amici più cari.
Per esempio?
Cito uno per tutti: Mimmo, il titolare del bar San Franzao. Quando sono a Cava, spesso vado a trovarlo, mi siedo al pianoforte e comincio a suonare. E’ la dimensione che prediligo di più. In quelle occasioni, ti metti davvero alla prova, più che in un concerto. Se musicalmente riesci ad accendere l’emozione, quelli che vengono a prendere il caffè rimangono, altrimenti vanno via.
(La Città di Salerno, 27 marzo 2005)
Scheda biografica
Julian Oliver Mazzariello è nato a Londra, in Inghilterra, il 31 ottobre 1978, da madre inglese e padre musicista cavese doc, trasferitosi a Londra alla fine degli anni ’60. Vissuto in Inghilterra per 17 anni, Mazzariello ha vinto da giovanissimo un prestigioso Festival nazionale di giovani promesse. Trasferitosi in Italia nel gennaio del 1996, vive a Cava de’ Tirreni. E’ subito diventato uno dei protagonisti del panorama jazzistico salernitano, collaborando con i fratelli Deidda, Giovanni Amato, Daniele Scannapieco, Aldo Vigorito, Giampiero Virtuoso, Amedeo Ariano. E’ giunto alla fama nazionale con la partecipazione al nuovo disco di Lucio Dalla e alla tournée del cantautore bolognese denominata “Ascoltare per credere”. Alla 55ª edizione del Festival di Sanremo 2005, con il Gruppo “Nicky Nicolai e Stefano Di Battista Jazz Quartet”, ha trionfato con il brano “Che mistero è l’amore” nella categoria “Gruppi”, piazzandosi al 4° posto nella classifica finale, alle spalle del vincitore assoluto Francesco Renga (Uomini), di Toto Cutugno ed Annalisa Minetti (Classic) e di Antonella Ruggiero (Donne).