Intervista a Luca Trabucco, pianista classico

di Mario Avagliano

Nonostante la giovane età, è uno dei pianisti di musica classica più corteggiati dai teatri d’Italia e d’Europa, per il “gusto raffinato del suono” e per l’originalità delle sue interpretazioni. Luca Trabucco, 34 anni appena compiuti, è salernitano di nascita, anche se è cresciuto a Genova e ora vive a Trieste. Musicalmente ha una passione smodata per Beethoven e per i compositori francesi Ravel e Debussy. Ha lavorato con direttori d’orchestra del calibro di Enrique Mazzola e Donato Renzetti. Lontano da Salerno da tanti anni, Trabucco confessa di sentirsi “uomo del Sud” e di essere orgoglioso delle sue origini, ha parole di elogio per la sua città natale e dice di essere dispiaciuto di non essersi mai esibito al Teatro Verdi: “Nemo propheta in patria...”. Poi annuncia che a inizio 2005 uscirà il suo nuovo cd, che sarà diffuso in tutte le edicole in allegato alla rivista “Suonare news”. E parla di un progetto ancora “allo stato embrionale”: la fondazione di un’Accademica pianistica di alto livello “proprio a Salerno”, che potrebbe raccogliere tutti i giovani talenti meridionali.

Dove abitava a Salerno?
Nel quartiere Pastena, Mio padre era dirigente della sede salernitana di un’industria del vetro, la PPG. Purtroppo ci siamo trasferiti a Genova quand’ero ancora un bambino, e quindi i miei ricordi sono sbiaditi.
Com’è nata la sua passione per il pianoforte?
Devo ringraziare i miei genitori, che mi hanno quasi costretto a prendere lezioni di pianoforte. All’inizio non ero entusiasta, poi all’età di 13-14 anni ho cominciato a pensare che da grande il mio lavoro sarebbe stato il pianista.
Perché?
Perché ho visto che certe cose che volevo fare al pianoforte mi riuscivano e che suonare mi piaceva e mi emozionava. Insomma, c’era del talento, e valeva la pena continuare.
Lei ha studiato al Conservatorio di Genova. Chi sono stati i suoi maestri?
Mi sono diplomato al Conservatorio di Genova nel 1992 e poi ho frequentato l’Accademia di Imola fino al 2000. Il mio primo maestro è stato Claudio Proietti, con il quale sono praticamente cresciuto. Gli devo molto. Poi mi sono perfezionato all’Accademia con grandi nomi della musica mondiale, prima con Lazar Berman, Alexander Lonquich e Riccardo Risaliti, e quindi con Boris Petrushansky e Piero Rattalino. Sono contento di aver avuto tanto da tanti.
In dodici anni di carriera, lei ha tenuto centinaia di concerti in tutt’Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Qual è stato quello più emozionante?
La finale del concorso del Premio Venezia, al Teatro La Fenice, nel 1993. Era la prima volta che suonavo in un teatro di quel tipo. Ero uscito da poco dal Conservatorio, e per me quel concerto ha rappresentato lo spartiacque tra la carriera di studente e quella di professionista. Lo considero il mio vero debutto. Ricordo che dentro di me avvertii timore, paura, ma anche l’emozione di trovarmi in un luogo dove si era fatta la storia della musica e la soddisfazione di entrare a far parte di un mondo che era il mio sogno da ragazzo.
Nel suo repertorio musicale figurano soprattutto compositori francesi, in particolare Claude Debussy e Maurice Ravel. Come mai?
Per una questione di gusto personale. Nel periodo della mia tarda adolescenza, mi sono appassionato molto alla letteratura francese, ai poeti maledetti, a Marcel Proust. Mi sono così avvicinato al modo di vedere e di sentire della Francia inizio ‘900. Da lì fino ad approdare alla musica di Debussy e Ravel, il passo è stato breve.
Lei ha vinto molti premi. Qual è quello di cui va più fiero?
Forse il Premio Treviso, perché è un premio storico in Italia che è stato vinto da pianisti che poi hanno fatto una grande carriera. Quando me l’hanno assegnato, ho pensato che in fondo non dovevo essere tanto male.
Qual è il pianista a cui si ispira?
Arturo Benedetti Michelangeli. L’ho sempre trovato straordinario per il senso dell’illusionismo di quello che riusciva a fare, soprattutto dal punto di vista timbrico e del suono.
Se fosse un critico musicale, come definirebbe il suo modo di suonare?
E’ difficile rispondere. Quando suono, cerco di mettere nell’esibizione tutta la serietà della mia preparazione e le mie capacità tecniche. Qualche critico ha scritto che ho un “gusto raffinato del suono”. Credo di riconoscermi in questa definizione, e spero che anche il pubblico che mi ascolta la condivida.
Quali sono i suoi progetti attuali?
La settimana prossima sono a Milano per incidere il mio nuovo disco, che uscirà a gennaio-febbraio 2005, in allegato con il mensile “Suonare news”, con musiche di Bach, Chopin, Debussy e Scarlatti. A dicembre, poi, mi attende una intensa attività concertistica a Milano, Bari, Trieste.
Il suo sogno nel cassetto?
Suonare l’integrale delle 32 Sonate di Beethoven. Sembra un numero limitato, ma in realtà è un impegno straordinario che può portare via diversi anni della vita.
Quali sono i colleghi pianisti che stima di più?
Maurizio Baglini, mio amico fraterno. Roberto Cominati, napoletano. E poi Davide Cabassi. Sicuramente ne ho dimenticato qualcuno, e mi scuso.
E’ vero che la sua compagna è una pianista?
E’ vero. Si chiama Maia Glouchkova, ed è di Sofia. Ci siamo conosciuti a un concorso internazionale. E’ in quelle occasioni che di solito si formano le coppie di pianisti...
La musica è tutto il suo mondo o c’è posto anche per altre cose?
L’altro mio grande amore è la lettura. Divoro letteralmente libri di qualsiasi genere. Ho avuto un periodo pulp, in cui mi piacevano soprattutto gli scrittori emergenti italiani, come Scarpa e Ammaniti. Ora sto riscoprendo i classici del Novecento, da Stendhal a Dostoevskij. Poi adoro cucinare e credo di essere anche un buon cuoco. Il mio piatto forte è il soufflé alle erbe. A Genova giocavo spesso a biliardo, ho partecipato anche a vari campionati. Quando torno lì a trovare la mia famiglia, mi porto dietro la stecca.
Com’è Luca Trabucco di carattere? Socievole o timido, forte o debole?
Sono una persona tranquilla, riflessiva. Credo di essere abbastanza equilibrato, anche se - come capita ai nati sotto il segno della Bilancia -, l’equilibrio è allo stesso tempo un pregio e un difetto, soprattutto quando si traduce in difficoltà nel prendere decisioni.
Si è mai esibito a Salerno?
No, mai. Ho suonato al Festival di Ravello, a villa Rufolo, e poi a Capri e a Ischia, ma nella mia città mai. So che il Teatro Verdi restaurato è bellissimo e mi piacerebbe esibirmi lì. Dicono che “nemo propheta in patria”. Speriamo che ci sia la possibilità di smentire questo detto.
Le piace la sua città di origine?
Guardi, sono rimasto sorpreso dal cambiamento che c’è stato. Nel ’92 Salerno mi aveva fatto una strana impressione, mi era sembrata una città buia. Poi ci sono mancato per anni. Quando sono tornato qualche anno fa, ho trovato una città che non mi aspettavo: ordinata, estremamente curata, con un lungomare meraviglioso. Un po’ la Svizzera del Sud. Una città a cui i cittadini vogliono bene.
Ha in programma progetti legati a Salerno?
Da qualche tempo sto meditando circa la possibilità di fondare un’accademica pianistica di alto livello proprio a Salerno. Si tratta di realtà abbastanza diffuse al nord, ma piuttosto rare al sud, e quindi ci sarebbe spazio. E’ un progetto ancora allo stato embrionale, ma mi piacerebbe realizzarlo.
Dopo tanti anni vissuti a Genova e a Trieste, si sente ancora un meridionale?
La risposta è sì. Quando mi presentano come pianista genovese o triestino, li correggo sempre, e dico che sono nato a Salerno. Non mi sono mai sentito un settentrionale, e non solo perché sono nato a Salerno e perché la famiglia di mio padre è della Sicilia. E’ anche un fatto di temperamento e di cultura. Genova e Trieste sono belle città, ma sono estremamente chiuse. Assomigliano a Salerno solo in una cosa: il mare. Non potrei vivere in una città senza mare. Nella mia vita mi piace avere il riferimento dell’acqua

(La Città di Salerno, 14 novembre 2004)

Scheda biografica

Luca Trabucco è nato a Salerno il 17 ottobre del 1970. Ha intrapreso gli studi musicali a Genova presso il Conservatorio "N. Paganini" con Claudio Proietti per il pianoforte e Adelchi Amisano per la composizione; in seguito si è perfezionato presso l'Accademia Pianistica "Incontri col Maestro" di Imola prima con Lazar Berman, Alexander Lonquich, Riccardo Risaliti e quindi con Boris Petrushansky e Piero Rattalino. Vincitore di vari concorsi pianistici tra cui il "Premio Venezia" nel 1993, il "Premio Città di Treviso" nel 1995 e il Concorso Internazionale "Città di Pavia" nel 2000, ha suonato in tutta Italia, in vari paesi europei e negli Stati Uniti, collaborando con prestigiose istituzioni (Teatro Carlo Felice di Genova, Lyceum di Firenze, Teatro Comunale di Treviso, Asolo Musica, Kawai in Concerto all'Università Bocconi di Milano, Università Normale di Pisa, Orchestra Filarmonia Veneta, Ente Arena Sferistereo di Macerata, Orchestra Sinfonica Siciliana, Teatro La Fenice di Venezia ) ed importanti Direttori (Enrique Mazzola, Donato Renzetti, ecc.). Negli ultimi anni, si è dedicato alla realizzazione dell'integrale delle opere di Debussy e Ravel e all'approfondimento del repertorio francese contemporaneo. Ha da poco pubblicato un CD per la Phoenix con musiche di Ravel, Debussy e Messiaen. È attivo anche come compositore; nel 1991 il suo Trio Ludico ha vinto il Premio "C. Czerny". La sua musica è pubblicata dalla Edi-Pan di Roma.

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