Intervista a Yari Gugliucci, attore

di Mario Avagliano

“Vota Antonio, vota Antonio. Alle prossime elezioni mi presenterò come assessore allo spettacolo del Comune di Salerno”. Scherza Yari Gugliucci, 29 anni, salernitano, giovane speranza del cinema italiano e apprezzato interprete di Giancarlo Siani, il giornalista del Mattino ucciso dalla camorra, nel film E io ti seguo, di Maurizio Fiume. Dal set di Cinecittà, dove sta girando la nuova fiction televisiva “Cuore contro Cuore”, che andrà in onda sulle reti Rai la prossima stagione, Gugliucci proclama il suo amore per Salerno, afferma che la città “è bella e convincente” e ha superato “la fase buia degli anni Ottanta”, ma non rinuncia a suggerire qualche idea agli amministratori comunali “per attrarre i turisti europei e giapponesi”.

Venti anni fa, quando lei era un ragazzino, Salerno era una città diversa da oggi?
Io vivevo protetto nel mio guscio, all’interno di una famiglia unita e numerosa, ma ricordo che il mio rapporto con l’esterno, con la città, era molto duro. Salerno era pericolosa, era la capitale della droga dopo Verona. Il lungomare era impraticabile, all’altezza del Bar Nettuno non di rado si assistiva a scene violente di risse. Anche a via dei Mercanti e al corso c’erano diverse traverse poco raccomandabili.
Quali scuole ha frequentato?
Le elementari a via Giacinto Vicinanza, le medie al De Filippis e le superiori al Liceo Tasso. Il mio rapporto con la scuola è stato assai travagliato. Al Tasso ho avuto grossi scontri con gli insegnanti, tranne con quelli di italiano e di filosofia, che erano due materie che mi piacevano. Per il resto, la mia passione per il teatro mi assorbiva totalmente, e i miei docenti non lo tolleravano.
Perché?
Perché io preferivo imparare il Giulio Cesare di Shakespeare piuttosto che Ugo Foscolo. Per me i discorsi di Marcantonio erano più attraenti della fisica o dell’Anabasi di Senofonte.
Quando ha cominciato a fare teatro?
Prestissimo, a 13-14 anni. Il mio amico del cuore, Peppe Amato, nipote di Antonio, l’industriale del Pastificio, mi disse che avevano organizzato una leva teatrale al San Genesio e mi invitò a partecipare. Alessandro Nisivoccia mi prese subito a ben volere e quando avevo appena 15 anni, mi lanciò come protagonista di uno spettacolo di Edoardo, “Le bugie con le gambe lunghe”. Fu il mio debutto sulla scena.
Il teatro San Genesio è stato anche per lei una palestra di formazione?
Certo. Ricordo che all’inizio Nisivoccia e il suo team mi parvero molto severi, anche a causa dell’impostazione gasmaniana del loro teatro. Con Alessandro siamo rimasti buoni amici, una volta mi ha anche chiamato a tenere una lezione ai suoi allievi. Il San Genesio a Salerno è un’istituzione. Molti valenti professionisti salernitani sono passati attraverso Nisivoccia, compreso l’attuale Presidente della Provincia Andria. Qualcuno, come me, ha continuato, anche se continuare significava inevitabilmente lasciare la città.
E lei ha trovato il coraggio di farlo, ad appena 18 anni...
Il distacco da Salerno è stato davvero complicato. Io vengo da una famiglia legata agli studi, fatta di medici e di avvocati. Per me il mondo dello spettacolo era un salto nel buio. Peraltro partivo da una situazione in cui non ero figlio d’arte e non avevo nessun legame a Roma.
Come ha fatto a convincere i suoi?
Con una bugia. A distanza di anni, lo posso rivelare. Mi sono inventato con i miei genitori una lettera inesistente di convocazione da parte della Scuola di Teatro di Gigi Proietti. In realtà ero un figurante, ero soltanto ammesso ad ascoltare le lezioni. La lettera era il frutto di una cortesia della segretaria della Scuola che aveva ceduto alle mie insistenze e aveva apposto un timbro su un foglio.
Inizi difficili...
I primi due anni sono stato mantenuto dalla mia famiglia. Nel frattempo mi ero iscritto a Sociologia, all’Università di Fisciano. Poi ho cominciato a lavorare come aiuto-regista per il teatro, prima con Livia Mancinelli, moglie di Carmelo Bene, poi con Ivonne D’Abraccio. Ad un certo punto pensavo che avrei finito per fare il regista.
E invece?
Invece nel 1994 Roberto Pacini mi chiamò a recitare in uno spettacolo di teatro sperimentale, intitolato “Dialoghi al Caffè Notturno”, tratto da alcuni racconti di Pirandello. Debuttammo a Napoli, alla Galleria Toledo, e fu subito un grande successo. Fu la svolta della mia carriera.
Arrivò la prima scrittura per un film.
Sì, nel 1996 girai “Isotta”, un film di Maurizio Fiume che partecipò anche al Festival di Venezia.
Da allora è stato un crescendo: L’ultimo Capodanno di Marco Risi, Ferdinando e Carolina di Lina Wertmuller, fino a La verità vi prego sull’amore di Francesco Apolloni e a Luisa Sanfelice dei fratelli Taviani.
Tutte esperienze eccezionali. Anche se forse, il personaggio che mi è rimasto attaccato di più sulla pelle, è quello di Michele, il pazzo del film Luisa Sanfelice, che ritengo sia stata la mia migliore interpretazione. L’ultimo lavoro dei Taviani non è stato un grande successo in Italia, ma ha venduto in 34 Paesi e credo che sarà rivalutato.
Che tipi sono i fratelli Taviani?
Dal punto di vista professionale, sono incredibilmente bravi. Girano una scena a testa, in perfetto accordo e senza gelosie. Dal punto di vista umano, sono molto divertenti. All’inizio m’incutevano timore, mi sembravano due presidi di Liceo, di quelli terribili che segnano sul registro le note in condotta. Superata la timidezza, quando si sono aperti, ho lavorato benissimo con loro.
Lei ha recitato con grandi attori italiani, da Sofia Loren a Giancarlo Giannini, da Paolo Villaggio a Lino Banfi. Chi l’ha impressionata di più?
Non ho dubbi: Sofia Loren, che ho conosciuto sul set di Francesca e Nunziata. Mi ha colpito in maniera incredibile la sua umiltà e semplicità. Non me l’aspettavo da un’attrice che ha lavorato con i più grandi attori e registi mondiali, da Marlon Brando a Cary Grant, da Totò a Vittorio De Sica.
C’è stato mai un momento della sua carriera in cui le è capitato di esclamare: “Mamma, quanto sono bravo!”
Nel 1999 ho vissuto un’esperienza irripetibile: ho recitato in inglese a Londra, all’Oliver Theatre, in un testo attualizzato di The Tempest di Shakespeare, per la regia di Stanley Ribinsky, insieme a Kevin Klein e Michelle Pfeiffer. Interpretavo la parte di un barbone italo-americano che viveva sull’isola di Manhattan. Tutto è nato per caso. Ribinsky stava girando a Cinecittà il film Sogno di una notte di mezza estate. Siccome è un ammiratore della Wertmuller, è venuto a curiosare sul set di Ferdinando e Carolina. Cercava un attore italiano, mi ha visto, gli sono piaciuto e mi ha chiamato per un provino in Inghilterra.
Che cosa ha provato?
Beh, recitare Shakespeare in inglese, a Londra, nel tempio del teatro inglese, per me che partivo da San Genesio, Salerno, è stata un’emozione unica. Ho pensato: “E’ finita, dopo di questo devo andarmene. Chiudo. Cambio lavoro!”.
Lei ha anche interpretato il ruolo del giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra, nel film del napoletano Maurizio Fiume.
Il film ha partecipato al festival di Montreal ed è stato presentato anche a Sorrento. Ci sono state grosse polemiche intorno alla sceneggiatura. Non entro nel merito. Dico solo che personalmente ho cercato di dare il meglio di me stesso nell’interpretare quell’uomo così coraggioso.
Gli altri registi campani, invece, non li ha mai incrociati...
In effetti io sono un solitario, non faccio clan. E per questo nel mio percorso artistico non ho mai incontrato i Martone, i Capuano, i Corsicato, i Patroni Griffi. Non è che non mi piacciano, anzi. Chissà, in futuro potrà capitare di recitare con qualcuno di loro. Mai dire mai.
Ha mai lavorato a Salerno?
Ho collaborato con Claudio Tortora al Premio Charlot. E’ stato un piacere. Ero un suo fan dai tempi della Rotonda.
Si può avere amici nel mondo dello spettacolo?
Per quanto mi riguarda, la risposta è sì. Tra i miei migliori amici ci sono Claudia Gerini, Luca Zingaretti e Adriano Giannini. Li ho portati anche a Salerno e in costiera amalfitana, facendo loro da Cicerone e mostrando le nostre bellezze storiche e paesaggistiche.
Progetti in corso?
Ho appena finito di girare una serie televisiva dal titolo “Il Capitano”, sulla Guardia di Finanza, insieme con Alessandro Preziosi. In queste settimane sono sul set dello Studio 6 di Cinecittà per una nuova fiction del gruppo Valsecchi, quello di “Distretto di Polizia”, dal titolo “Cuore contro cuore”, dedicata ai divorzi e alle separazioni. E’ un bel cast: oltre a me, ci sono Rocco Papaleo, Isabella Ferrari ed Ennio Fantaschinini. E poi, finalmente, si cambia un po’ il soggetto, dopo tante serie dedicate ai medici e alle forze dell’ordine.
Qual è il suo legame attuale con Salerno?
Quando ne ho abbastanza del mondo dello spettacolo, delle paranoie degli attori e dei registi, stacco tutto e ritorno nel mio bacino salernitano, dove ci sono i miei amici d’infanzia, con cui posso parlare di calcio, di cibo, di amore. Me ne vado al lungomare, che ora è così bello, o mi perdo nei vicoli della Salerno vecchia.
Parla quasi da innamorato!
Io sono innamorato di Salerno, della Salerno dei bar del lungomare, delle corse da Piazza della Concordia all’Hotel Jolly, degli anni d’oro del Vestuti e della serie B con Agostino Di Bartolomei, di mia nonna Wanda, che mi ha insegnato tutto nella vita e dal cui balcone, in via del Carmine, sognavo il cinema e di diventare un attore.
Segue la Salernitana anche adesso?
Non sono un tifoso acceso, però mi informo. Spero che i granata si salvino, sia dal punto di vista sportivo che societario.
Il quadro che traccia di Salerno è tutto roseo?
Credo che Salerno abbia fatto passi da gigante negli ultimi anni. Il sindaco De Luca è stato bravo. Però, se fossi assessore allo spettacolo, avrei qualche idea da proporre.
Immaginiamo che sia nominato assessore.
Porterei avanti tre progetti. Primo, istituirei delle corse di minibus per la Costiera Amalfitana. Basta con quei grossi autobus di linea o turistici che intralciano il traffico! Secondo, renderei il lungomare di Salerno come quello di Cannes, con ristorantini sul mare, negozi, e punti di attrazione per i turisti europei e giapponesi. Terzo, riaprirei cinema storici come l’Astra, il Capitol, il Mini, facendoli diventare sale d’essai dove grandi registi vengano a presentare in anteprima i loro film.
Guardi che qualcuno la potrebbe prendere sul serio e “ingaggiarla” nel Palazzo.
Che dire: Vota Antonio! Vota Antonio!

(La Città di Salerno, 25 aprile 2004)

Scheda biografica

Yari Gugliucci è nato a Salerno il 15 ottobre del 1974. Nonostante la giovane età, vanta già una buona esperienza, maturata in circa dieci anni di attività. Per il cinema ha recitato in Luisa Sanfelice (2004) dei fratelli Taviani; Stai con me (2003) di Livia Giampalmo; E io ti seguo (2001) di Maurizio Fiume; La verità vi prego sull’amore (2001) di Francesco Apolloni; Un anno in campagna (2000) di Marco Di Tillo; Una vita non violenta (1999) di David Emmer; Ferdinando e Carolina (1999) di Lina Wertmuller; L’ultimo Capodanno (1998) di Marco Risi; Isotta (1996) di Maurizio Fiume. In tv ha fatto parte del cast del film Francesca e Nunziata (2003) di Lina Wertmuller e ha interpretato il ruolo di ispettore nel serial Valeria medico legale. Nel suo curriculum figura anche il teatro: nel 1999 ha recitato a Londra, all’Oliver Theatre, in The Tempest di Shakespeare, per la regia di Stanley Ribinsky, insieme a Kevin Klein e Michelle Pfeiffer.

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