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Intervista ad Angelomichele Risi, artista

di Mario Avagliano
 
 
Sul biglietto della Lotteria Italia che sarà assegnata venerdì 6 gennaio, è riprodotta l’opera di un artista salernitano, Angelomichele Risi, 55 anni, originario di Fisciano. Allievo di Capogrossi e De Stefano, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli, Risi ha partecipato alla X Quadriennale di Roma e alla Biennale del Sud ed è considerato dal critico d’arte Massimo Bignardi “il principale pittore salernitano a partire dagli anni Ottanta” perché ha saputo “declinare il linguaggio contemporaneo della transavanguardia” tenendo conto della “lezione della grande pittura italiana del Novecento”. Intervistato da la Città, Risi afferma che oggi a Salerno si vive un momento di tensione culturale di grande rilevanza, figlio dei fermenti positivi degli anni settanta, che dopo le mostre di Mirò e Picasso, ha portato all’attenzione un primo nucleo di opere di artisti  del territorio campano, con la presentazione della collezione del FRAC di Baronissi diretto da Massimo Bignardi.
 
Lei è nato e cresciuto a Fisciano. E’ cambiata dagli anni Cinquanta? 
E’ totalmente diversa da allora, anche come clima. Ricordo ad esempio che negli anni della mia infanzia d’inverno a Fisciano c’era sempre tanta neve e il paese era tutto imbiancato. Dal punto di vista sociale, Fisciano era caratterizzata dalla presenza di alcuni nuclei familiari forti come tradizioni. Le feste popolari per noi erano un appuntamento importante, che coinvolgeva tutta la popolazione. C’era anche una sana rivalità tra i due principali quartieri della città: Case Sarno, dove sorge la parrocchia di San Vincenzo, e Sabatini, dove c’è la Madonna delle Grazie. Si parlava tutto l’anno dei fuochi d’artificio, delle processioni, delle bande musicali, di chi riusciva ad organizzare la festa più bella, con reciprochi sfottò tra i paesani…
E’ mutato anche il sistema economico locale?
Eccome. Fisciano aveva una forte tradizione di artigianato legato alla lavorazione dei metalli, che ormai è scomparsa completamente. A Fisciano centro quasi tutti lavoravano il rame. C’erano due fonderie, le cosiddette “ramiere”, dove si fondeva il rame. A Penta, piccola frazione di Fisciano, c’era la tradizione del ferro battuto. A Lancusi, un’altra frazione di Fisciano, si fabbricavano le bilance e gli strumenti di precisione. Tutta l’economia locale girava intorno a questa attività, che però è stata abbandonata.
Come mai?
Sicuramente ha pesato il fenomeno migratorio degli anni Sessanta e Settanta. Molti fiscianesi sono emigrati in Germania, in Svizzera e, ancor di più, a Milano. L’altro motivo credo sia stato la pericolosità di questi mestieri, che si svolgono in un ambiente di lavoro inquinante, sempre a contatto con gli acidi. E’ quello che accaduto anche a me. Mio padre Andrea aveva una bottega artigiana di rame molto avviata e così anche mio nonno e mio zio. E’ stato lui a volere con determinazione che io studiassi e mi emancipassi da quella condizione.
La passione per la materia cromatica le deriva anche dall’esperienza della bottega di suo padre?
Le mie matrici artistiche affondano le radici nella tradizione dell’artigianato del rame, che ho anche manipolato da ragazzo, ma anche nel senso estetico del ricamo che caratterizzava il lato materno della mia famiglia. Le mie zie erano ricamatrici eccezionali. Bisogna anche dire che fin da piccolo ero consapevole di avere una grossa predisposizione per il disegno. Ricordo ancora con tenerezza il giorno in cui i miei zii americani mi regalarono una scatola di acquerelli. Avevo sei anni e mi parve di salire in cielo dalla contentezza.
Gli studi artistici sono stati quindi un percorso naturale?
Sì. Ho studiato all’Istituto d’arte a Salerno e poi mi sono diplomato all’Accademia di Belle Arti a Napoli, avendo come maestri tre grandi artisti italiani: Capogrossi, De Stefano e Scordia. Soprattutto i primi due mi hanno dato molto, aprendomi nuovi orizzonti e nuovi linguaggi.
In quegli anni a Salerno e in provincia si affacciava una giovane generazione di artisti.
Era un periodo di grandi fermenti. All’Università c’erano personaggi dello spessore di Filiberto Menna, Achille Bonito Oliva, Angelo Trimarco, Crispolti, Rino Mele. Ad Amalfi Marcello Rumma organizzava rassegne d’arte ad altissimo livello. A Salerno città, oltre allo straordinario Filiberto Menna, che non mancava mai di sostenerci e di incoraggiarci, un'altra persona molto attiva era Carmine Limatola, che poi negli anni Ottanta, sulla scia di Rumma, ha continuato il discorso delle rassegne d’arte internazionali ad Amalfi. A Napoli la galleria di Lucio Amelio era un vero e proprio centro artistico internazionale, frequentato dai più grandi pittori contemporanei, dove ad esempio ho potuto conoscere Andy Warhol. Insomma c’era un clima favorevole per noi giovani artisti, e così anche a Salerno, dopo la stagione  degli anni cinquanta che aveva visto emergere figure come  Carotenuto, la generazione sessantottina ha fatto i conti con una realtà diversa, ci siamo trovati di fronte una nuova economia dell’arte che si trovava di fronte un mercato diverso che andava oltre la dimensione della figurazione e  guardava con interesse al recupero dell’”oggetto”, alla poetica del “fare” e agli extra –media.
C’erano anche molte gallerie d’arte dove poter esporre le proprie opere.
Ricordo, accanto alla galleria Taide, che fondai nel 1974 insieme a Pietro Lista e Giuseppe Rescigno, la galleria Lapis–Arte  di Carmine Limatola  e la galleria Delta, che prestavano attenzione al contemporaneo ed allo sperimentale. Vi erano poi parallelamente altre  gallerie  che continuavano il discorso sulla figurazione, come Il Catalogo a Salerno e la galleria Il Portico a Cava de’ Tirreni, diretta da Sabato Calvanese e Tommaso Avagliano. 
Quali sono i suoi riferimenti culturali e come definirebbe il suo linguaggio artistico?
E’ evidente il mio guardare alla cultura artistica italiana e a figure emblematiche  quali Sironi, De Chirico e Carrà, coniugandole con la grande  avanguardia europea, da Cezanne al mio maestro Capogrossi, al suo segnismo declinato da una vivacità che tiene presente quanto di meglio ha prodotto la transavanguardia in questi ultimi decenni. Quanto al mio linguaggio artistico, io mi considero per certi versi un solitario, perché insisto testardamente nella ricerca intorno alla pittura,  alla materia, mentre la maggior parte degli artisti esplora altre modalità espressive. Io invece sono legato a doppio filo al pennello e alla tela, a strumenti che sono in apparenza arcaici in una società tecnologica come la nostra, ma che io adopero con la stessa curiosità e la stessa intensità dei colleghi artisti che si avvalgono del computer.
Lei ha esposto i suoi quadri e le sue opere in rassegne nazionali e in personali tenute a Monaco, Zagabria, Como, Roma, Napoli. C’è una mostra alla quale è legato di più, di cui va fiero?
Nel ’75, quando fui selezionato per la Quadriennale a Roma, fu per me un’emozione assai forte. Ricordo con piacere anche la Biennale del Sud del 1987, che mi vedeva assieme gli artisti più importanti dell’Italia meridionale. Andando a tempi più recenti, citerei la mostra di quest’anno al FRAC di Baronissi, curata con grande passione  da Massimo Bignardi ed Ada Patrizia Fiorillo, che vorrei ringraziare pubblicamente, e la mostra a Como, dove ho presentato le mie opere insieme a quelle di Castellani, uno dei più grandi artisti italiani contemporanei.
Com’è nata l’occasione della Lotteria Italia?
E’ stata una vera e propria “lotteria”, appunto. I Monopoli di Stato mi hanno selezionato tra una rosa di artisti contemporanei italiani e mi hanno convocato a Roma. Ho presentato loro alcune delle mie opere e alla fine hanno scelto “Terra di luce”.
Quali sono gli artisti salernitani che stima di più?
Carmine Limatola, per le continue riflessioni e provocazioni, e Sergio Vecchio, per la sua capacità di non farsi ammaliare dalle mode e di continuare la sua straordinaria ricerca su Paestum e sui miti. Poi ovviamente ho un grande rispetto per Mario Carotenuto.
Ha citato tre nomi che sono sulla scena da tempo. Non ci sono giovani talenti?
Sicuramente  ci sono moltissimi talenti, vedo una situazione in crescita, partendo da Scafati, con personaggi come Casciello, che è presente alla mostra sulla scultura italiana a Milano, Vollaro, Pagano, e ancora i giovani presenti alla Quadriennale di Roma, come Maiorino,  ben documentati dalla mostra  collezione del FRAC di Baronissi, e tanti altri che lavorano con un linguaggio diverso dal mio. Anche nel campo della critica, emergono giovani interessanti, come Marco Alfano, ma sicuramente ne dimentico altri. Viviamo un momento positivo per l’arte a Salerno e in provincia. Ci attendiamo  dalle istituzioni ulteriori segnali di apertura di nuovi spazi espositivi che consentono più momenti di confronto.
 
 (La Città di Salerno, 8 gennaio 2006)
 
Carta d’identità
 
Angelomichele Risi è nato a Fisciano (SA) il 10 settembre del 1950. 
Vive e lavora a Fisciano.
Sposato: sì
Figli: due (Andrea e Chiara)
Titolo di studio: Accademia delle Belle Arti di Napoli
Hobby: fotografia e collezione di apparecchi fotografici e di motociclette d’epoca (ne ha più di 30); è un grande esperto di disegno industriale e di motociclette, nel tempo libero si diverte a smontare motori, verniciare le moto e restaurarle 
Libro preferito: le biografie di De Chirico e di Carrà
Film preferito: ama tutto il cinema.
 
Fra le principali mostre personali si segnalano  quelle alla Galleria Taide di Salerno del 1977 e del 1980;  alla Galleria Pantha Arte di Como del  1982,  allo Studio  Cavalieri di  Bologna nel 1983,  mentre del 1984  sono quelle alla Galleria Giulia di Roma,  alla galleria Nova di Zagabria ed ancora a Como alla Galleria  Pantha  Arte.  Del 1986 è la personale alla Lapis Arte di Salerno,  mentre nel 1987 espone, con Bernd Zimmer , alla Galleria  Karl Pfefferle di Monaco  e nel 1991 all’Exofficina di  M.S. Severino. Nel  1999 espone alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Scafati ed al MMMAC di Paestum con Mimmo Paladino.  Partecipa  alla  X Quadriennale di Roma del 1975, Autodocumentazione, Salerno  del 1978,  Disegno gemello,Salerno  1982. Del 1985 è la presenza  alla Rassegna Internazionale di Amalfi ,Rondo’,  ed a Gallarate al XIII premio ‘Citta’ di  Gallarate,  mentre nel 1986  partecipa alla Rassegna Internazionale  ‘L’arsenale,il laboratorio, l’artista’ ad Amalfi. Del 1987 è ‘Dentro la pittura’ , Fondazione  Arechi  Arte, a Ravello;   ‘Il passo dell’acrobata, Auditorium S.Giovanni di Dio, Salerno;  ‘Pittura’ Arco di Rab, Roma Nel 1988 è invitato alla ‘Biennale del Sud’ , Accademia di Belle Arti di Napoli ;   ‘Disegno in Campania’ , Morcone.; Galleria  Fahlbusch  , Mannheim. Nel 1991, ‘Rassegna delle rassegne’ Forte la Carnale, Salerno ;  Invitato nel 1992 al XXXII Premio Suzzara;  nel 1996 realizza con  Zimmer e Vopawa un grande dipinto’Omaggio a Disler’  a Vietri sul Mare;  nel 1997 è presente alla mostra ‘Le vie della creta’,Villa Rufolo,Ravello.    Expo Arte  Bologna ,1998 Galleria Nanni ;  Galleria  ‘La canonica’, Milano;    ‘Piatto d’Artista’ , Parma. 1999  Suzzara, Galleria  Civica d’Arte Contemporanea   Premio  Suzzara ‘Opere 1989-1999’. Nel 2000, con Castellani, Marrocco e Minoli è presente a ‘Contemporanea Como5’,San Pietro in Atrio- Ex Ticosa, Como: ‘Arte come comunicazione di vita’ Rotary  Club  Milano Scala. Milano. Nel 2001 ‘Insorgenze nel classico –Sguardi in cammino da Oplonti’ Villa  Campolieto, Ercolano: ‘Corni d’autore’ Agora’ , Napoli: ‘Una luce per il Sarno’ Salone dei Marmi, Sarno:  ‘Akkampamento provvisorio’  Ex Idaf , Fisciano.  2005 ‘Sguardi diversi’ , Stella Cilento.:  ‘Tracce del disegno contemporaneo’ ,Fes Show Room, Minori.

 

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