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Intervista a Rosario Pellegrino

di Mario Avagliano
 
 
La Salerno imprenditoriale ha poca fiducia nella classe politica locale e potrebbe scappare dalla città. “E’ più di un allarme. Noi stiamo già programmando il trasferimento di alcune delle nostre attività fuori Salerno”, avverte Rosario Pellegrino, 38 anni, capo di una holding nazionale presente a Salerno, Gubbio e Padova, che occupa 250 persone nel settore dei materiali edili, della plastica, del turismo e dell’abbigliamento, ed ha fatto registrare nel 2005 un fatturato complessivo di circa 10 milioni di euro. Il manager salernitano è anche presidente della Handball Pecoplast Salerno (squadra di pallamano femminile che milita in serie A) e proprio venerdì scorso ha acquistato un pacchetto azionario del 3% del Padova calcio. Nell’intervista a la Città Pellegrino sollecita i colleghi imprenditori a scendere in campo alle prossime elezioni amministrative, imponendo alle due coalizioni “strategie di sviluppo vero della città e la scelta di assessori tecnici e competenti in alcuni settori chiave dell’amministrazione: il bilancio, i lavori pubblici e lo sport”.
 
Se si guarda indietro e pensa al passato, che cosa le viene in mente?
Ricordo in particolare gli anni al liceo scientifico “Severi”, che sono stati per me importanti e formativi. Essendo nato nel ’68, nella seconda metà degli anni Ottanta ho vissuto dal di dentro il movimento studentesco e le occupazioni, ma anche le prime cotte, le amicizie, lo sport…
E’ stato anche arbitro di calcio.
Sì, ho iniziato a 16 anni e quando non ero ancora maggiorenne ho girato i campi di calcio di tutt’Italia, arbitrando sino alla serie C. Un hobby che ho coltivato fino al 2001.
Suo padre Egidio Pellegrino è stato un imprenditore importante a Salerno. Che rapporto ha avuto con lui?
Con mio padre ho avuto un rapporto meraviglioso. Era una personalità molto forte e la nostra è stata una famiglia patriarcale. Lui mi ha impartito un’educazione rigida, selettiva, ma allo stesso tempo - in maniera anche contraddittoria - è stato il mio miglior amico e mi ha dato affetto e confidenza massima. Ricordo per esempio con emozione quando da bambino mi portava con lui allo stadio a seguire la Salernitana. 
Quanto ha contato l’esempio di suo padre nella sua vita e nella sua carriera professionale?
Tantissimo. Mio padre ha fondato l’azienda di materiali edili nel 1965. E’ stato lui ad insegnarmi tutto. Una cosa in particolare gli devo: l’avermi trasmesso la passione per il lavoro senza impormi mai nulla e senza violentare la mia personalità. 
Lei ha cominciato a lavorare molto presto.
Credo di essere nato imprenditore, ho sempre immaginato di fare questo lavoro. Da quando avevo 15 anni ho passato le mie estati in azienda, svegliandomi alle sei di mattina e passando le mie giornate nello stabilimento, mentre i miei amici andavano al mare. Ho voluto imparare il mestiere partendo dalla produzione. Sono convinto che se non conosci a fondo una cosa, non la puoi trasmettere ai tuoi collaboratori. 
Studiava e lavorava…
Pensi che ho preso il diploma di maturità proprio mentre lanciavo sul mercato la mia prima creatura imprenditoriale, la Pelplast srl, che è nata nel 1985, affiancando all’attività di produzione di materiali edili, due nuove linee di produzione per gli shoppers, le buste di plastica per la spesa. A 18 anni d’età, ero già capo del ramo di azienda della plastica, mentre mio padre continuava a dirigere il ramo di azienda dei materiali edili. Mi sono laureato in Giurisprudenza studiando in ufficio, nelle ore serali. Non ricordo di aver mai portato un libro universitario a casa…
Nel 1995 lei e suo padre avete fondato la Pecoplast, che attualmente è l’azienda più importante del gruppo Pellegrino.  
La Pecoplast è nata da una join venture tra la famiglia Pellegrino e la famiglia Cornaglia di Torino, proprietaria di un grosso gruppo fornitore di primo livello della Fiat. In seguito all’apertura dello stabilimento di Melfi, la Fiat cercava un produttore di componenti di termoplastica a metà strada tra Melfi e Cassino, dove ha un altro importante stabilimento. Ha scelto noi in un ventaglio di 25 aziende tra basso Lazio e Campania.
La fiducia della Fiat è stata meritata?
La risposta è nei fatti. Nel 2001 abbiamo aperto un nuovo opificio a Salerno di 5 mila mq, nella nuova zona industriale. Attualmente Pecoplast fattura circa 6 milioni di euro all’anno, occupando circa 90 dipendenti articolati su tre turni.
Nel  2003 è morto suo padre. Come ha affrontato questo difficile momento personale e anche aziendale?
Dopo la morte di mio padre, mi sono trovato di fronte a due strade: o mi tuffavo ulteriormente nel lavoro oppure cedevo le attività e campavo di rendita. Gli avvoltoi erano già in agguato, pensavano che con la scomparsa della persona di riferimento, crollasse tutto…
E invece?
Invece il gruppo Pellegrino è cresciuto ancora di più. Oggi sono alla guida di una holding che occupa 250 dipendenti, che con la nascita della Tadi srl ora è impegnata anche nei settori del turismo e dell’abbigliamento, e che è presente con le proprie aziende a Salerno, a Gubbio e a Padova.
Parliamo dell’attività nel settore del turismo. 
Ho acquistato un castello medioevale a Gubbio, costruito da Federico Barbarossa nel 1063, di 2000 mq, e  l’ho trasformato in un suggestivo albergo aperto 365 giorni all’anno. Vengono da noi per i matrimoni, per trascorrere un piacevole week end  in Umbria, per organizzare convegni o seminari. E’ un’attività in cui credo molto, tanto è vero che sto trattando anche l’acquisto del Castello di Legri, a Calenzano, in provincia di Firenze.
Dalla plastica al turismo d’élite, il passo è lungo…
Io credo che nei prossimi anni il destino dell’Italia si giochi in due settori strategici, sui quali la Cina non può competere: l’artigianato sofisticato (cioè il made in Italy) e il turismo. 
Per questo sta investendo anche nell’abbigliamento?
Proprio così. La Tadi srl, che altro non è che l’anagramma di una frase per me importante, “ti amo da impazzire”, ha sede a Padova ed è pronta a lanciare sul mercato due nuove linee di abbigliamento. Il marchio Platina, che ho realizzato in collaborazione con alcuni amici padovani e svedesi, riguarda l’abbigliamento femminile, è rivolto ad un target alto e proporrà a la prima collezione per l’autunno-inverno 2006-2007. Il marchio R68 (la mia iniziale e il mio anno di nascita) è invece una linea di abbigliamento maschile, sport casual. I negozi Platina saranno presenti a Padova, Milano e Roma e poi, in un secondo momento, anche a Capri e a Londra. 
Perché la sede è a Padova e non a Salerno?
Il centro dell’Europa è il Nord-Est d’Italia. A Salerno non abbiamo la mentalità della globalizzazione né tanto meno una solida cultura del lavoro. Lo dice uno come me che è orgoglioso di essere meridionale e salernitano.
Sta dicendo che è più difficile fare impresa nel Mezzogiorno?
Senza dubbio. Le faccio un solo esempio: a Padova gli stabilimenti non hanno recinzioni, qui invece bisogna costruire muri in cemento armato alto tre metri per difenderci dai vandali.
E’ solo un problema di criminalità?
No, vi è anche una totale mancanza associativa ed aggregativa tra noi imprenditori, insomma l’incapacità di fare sistema. Ecco perché ho un po’ abbandonato l’Unione degli Industriali. Non m’interessa far parte di una lobby di cene e di cenette, ma di una lobby del mercato, che si batta per lo sviluppo del territorio e dell’economia locale, soprattutto industriale e non prevalentemente di terziario.
E’ un’accusa pesante.
E’ un’accusa motivata. Qui la maggior parte degli imprenditori si preoccupa solo delle sovvenzioni pubbliche, e non investe in ricerca, in sviluppo, in formazione.
Ci saranno delle eccezioni.
Certo, stimo molto Gerardo Soglia, Nino Paravia, Antonio Ferraioli. Non a caso tutti imprenditori  che si sono defilati dall’Unione degli Industriali.
Come vede il futuro di Salerno?
La Salerno di oggi come città è ancora una perla nel caos del Meridione, ma siamo sulla soglia del marasma. Sotto il punto di vista economico, la stiamo distruggendo.
A che cosa si riferisce?
Beh, il Comune, la Provincia e la Regione hanno lasciato gli imprenditori abbandonati a se stessi. Quando per avere una concessione edilizia occorrono 2-3 anni, significa negare le possibilità di sviluppo. E poi il mercato non è per niente incentivato e negli ultimi 5-6 mesi la microdelinquenza a Salerno ha raggiunto limiti di insopportabilità. Se continua così, saremo costretti a fuggire. Anzi, stiamo già fuggendo.
E’ una richiesta di archiviare l’era De Luca?
Non vedo in De Luca il responsabile di niente. A lui dobbiamo tantissimo. Tuttavia la figura del sindaco non basta a qualificare un’amministrazione. Non faccio differenze tra sinistra e destra, è un discorso che vale per tutti. E’ ora che noi imprenditori abbiamo un ruolo attivo per lo sviluppo di Salerno, a partire dalle prossime elezioni amministrative. Abbiamo il dovere di votare bene, per tentare di dare una scossa a questa città e per battere certe lobby oscure che bloccano lo sviluppo. E’ giusto che la res publica sia governata dai politici, ma in alcuni ruoli chiave della giunta occorrono tecnici dotati di adeguata professionalità e competenza.
Cioè?
Penso a tre settori fondamentali: il bilancio, i lavori pubblici e lo sport. Bisogna razionalizzare la spesa e gli investimenti, aiutare lo sviluppo del territorio e costruire le strutture sportive di cui la città ha veramente bisogno.
Lei ha polemizzato duramente contro la decisione di costruire il Palasalerno.
Sì, ritengo sia assurdo realizzare una struttura di 7 mila posti, del valore di 13 milioni di euro, con un costo annuo di gestione di 3 milioni e mezzo, completamente inutile, che non servirà a nessuno, né a organizzare eventi sportivi né ad ospitare concerti. 
Perché?
E’ una struttura troppo grande per gli incontri di pallacanestro, pallavolo o pallamano, e troppo piccola per i concerti musicali. Prevedo che una volta costruita, nel giro di pochi anni diventerà il regno di topi e lucertole… Con quei soldi si poteva riammodernare lo Stadio Vestuti, attrezzandolo per l’atletica, valorizzare strutture come la Palestra Palumbo e la Palestra Senatore, e realizzare almeno tre Palasport, come il PalaBarbuti che ospita le partite della Carpisa Napoli di basket, costruito nel rione Ponticelli in soli 90 giorni, rispetto ai 4 anni previsti per il PalaSalerno, e con una spesa di appena 1,2 milioni di euro e un costo di gestione di 200 mila euro. Non a caso alla presentazione del progetto volutamente solo io, come presidente  di una società sportiva, non sono stato invitato.
Già, perché lei è anche presidente della Pelplast Handball Salerno, che gioca in serie A.
E anche lì ho portato sistemi manageriali di gestione. Siamo l’unica società di pallamano in Italia ad essere società di capitali. Mi sembra che i risultati siano eloquenti. Nel 2004 abbiamo vinto scudetto, coppa Italia e supercoppa; nel 2005 siamo stati vicecampioni d’Italia e ora siamo al secondo posto in classifica e faremo i play off.
Torniamo a Salerno e all’economia salernitana. Che cosa farebbe lei per rilanciarla?
Punterei su una vera politica del turismo, imperniata sullo sfruttamento logistico della città. Salerno si trova in mezzo a due delle coste più belle del mondo, la costiera amalfitana e la costiera cilentana, e ad appena trenta km da Pompei ed Ercolano. Ebbene, quando si arriva alla Stazione di Salerno, il taxi più nuovo è del 1903… Non mi sembra un bel biglietto da visita. Il problema è che a Salerno abbiamo il sole, il mare, una posizione strategica, ma non abbiamo la competenza e la professionalità necessarie per attrarre le masse dei turisti. Per fare come Siviglia e Barcellona, bisognerebbe affidarsi a società leader nel turismo a livello nazionale, come per esempio la Valtur, e proporre loro di investire a Salerno in join venture con imprenditori locali.  
Lei sarebbe disponibile a questo progetto?
Certamente. 
Parliamo di Rosario Pellegrino nel privato. Che tipo è?
Sono una “croce e delizia”, come il mio libro preferito. Sono un tipo simpatico ed estroverso, ma allo stesso tempo sono un perfezionista nelle cose che faccio. Pretendo il meglio da me stesso e dai miei collaboratori. Devo dire che ho la fortuna di avere collaboratori eccellenti, tutti giovani under trenta.  
Qualche anno fa lei è stato protagonista anche di un episodio di cronaca che a Salerno ricordano ancora…
E’ vero, l’11 dicembre 2003, data per me indimenticabile, sono stato costretto da un guasto al motore ad un atterraggio di emergenza sul lungomare di Salerno con il mio aereo privato, mentre rientravo dall’aeroporto di Roma Urbe. E’ stata un’esperienza infernale, i sette minuti più terribili della mia vita. Ho conosciuto la morte da vicino. E’ davvero una brutta signora, il contrario di quelle che piacciono a me…
Allora è proprio vera la sua fama di dongiovanni?
Adoro le donne, sono state il mio “vizio capitale”… Ora credo di aver trovato quella giusta.
 
(La Città di Salerno, 2 aprile 2006)
 
Carta d’identità
 
Rosario Pellegrino è nato a Salerno il 12 maggio 1968.
Separato, ha una figlia di 4 anni, Alessia J.
Titolo di studio: laurea in Giurisprudenza
Hobby: lo sport (tennis, jogging, calcio, pallamano) e le donne (“le adoro, erano il mio vizio capitale”)
Film preferito: “Ricomincio da tre” di e con Massimo Troisi
Libro del cuore: “Croce e delizia” di Luciano De Crescenzo

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