Intervista ad Angelo Di Gennaro, attore e cabarettista
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di Mario Avagliano
E’ stato per molte estati il re della comicità made in Salerno al Premio Charlot, raccogliendo il caldo abbraccio del pubblico salernitano, che ne ha apprezzato la voce “rauca di fumo e di sonno” e le esplosioni di sarcasmo alla Beppe Grillo in salsa napoletana. Ora, a quarantanove anni di età, Angelo Di Gennaro, attore, cabarettista, autore, nato a Fuorigrotta ma legato a Salerno da “un rapporto d’amore” (“la considero la mia seconda Patria”), è in un momento clou della sua carriera. In autunno andrà in onda sulla Rai una fiction televisiva da lui scritta e sceneggiata, che lo vedrà protagonista nei panni di un preside di origini salernitane di un istituto superiore del rione Scampia. Una storia “sulla Napoli vera” e sui meridionali sani, puliti, onesti, che fa giustizia di tanti stereotipi negativi sulla nostra terra. E il prossimo 24 marzo Di Gennaro sarà al Centro Sociale di Salerno con lo spettacolo “C’è una giustizia divina”, che parla delle contraddizioni del quotidiano, con riflessioni semi-serie sulla politica e sui bluff della vita.
Lei viene da una famiglia numerosa?
Sì, sono l’ultimo di undici figli e vengo da una famiglia umile ma ricca di buoni sentimenti. Mio padre Vincenzo era impiegato all’Italsider di Bagnoli e, a causa di un incidente di lavoro, andò assai presto in pensione. Mia madre Maria era l’anima della famiglia, una persona straordinariamente ironica e moderna. Sono cresciuto a Fuorigrotta, in via Consalvo. Allora quel pezzo di Napoli era un’oasi verde fuori dalla città. La strada dove vivevo era un baciarsi l’un con l’altro di alberi secolari che saliva verso la collina del Vomero. Di fronte a casa mia c’era una scuderia di cavalli. Mi svegliavo sentendo dalla finestra l’odore del bosco e della terra bagnata dalla rugiada.
Ricordi bucolici…
Io mi considero un cittadino che vive con i ricordi del contadino. Ancora oggi quegli alberi secolari, che poi sono stati abbattuti per costruire orribili palazzoni di cemento armato, sono l’immagine più ricorrente dei miei sogni.
Quando è iniziato il suo percorso artistico?
Non saprei dire il momento esatto, credo di aver avuto sempre questa ambizione, fin da ragazzino. Qualcuno dal cielo mi ha dato il dono della recitazione e la mia famiglia ha facilitato questo percorso.
E’ vero che lei è stato anche musicista?
A quindici anni suonavo la batteria in un gruppo rock che si chiamava “Lo scarto”, perché - date le ristrettezze economiche - non avevamo strumenti nuovi, ma tutta roba di seconda o terza mano. Amo molto la musica: la vita senza musica sarebbe tristissima. Anche oggi i miei pensieri, i miei progetti, i miei sogni, li sviluppo ascoltando canzoni.
Lei ha anche un passato radiofonico.
Negli anni Ottanta, ho fatto per anni lo speaker radiofonico a Radio City Sound e a Radio Palepoli. Nel frattempo coltivavo la mia passione per il cabaret e per il teatro.
Immagino che ricorderà il giorno del suo debutto.
Eccome! Fu nel 1981, al Teatro Tenda di Napoli, con una commedia-farsa intitolata “L’avvocato delle cause perse”, prodotta da Radio Palepoli. Io ero il protagonista. Ricordo ancora l’emozione di quel debutto, davanti a un pubblico di cinquemila persone. Non credevo che una radio potesse chiamare a raccolta tanta gente...
In venticinque anni di cabaret e di teatro, qual è la messinscena alla quale è più legato?
E’ uno spettacolo del 1988 che s’intitolava “Se fossi veramente bravo”, che praticamente era tre spettacoli in uno, con tre scenografie diverse e tre ruoli differenti. Fu per me una prova ardua di interpretazione.
Lei è stato anche conduttore di una trasmissione-cult, TeleGaribaldi. Come ricorda quella esperienza?
Per me non è stata un’esperienza esaltante. La storia di TeleGaribaldi ha un antefatto. Io dovevo essere il primo conduttore della trasmissione, ma poiché non amo la televisione, commisi l’errore di dire no. Al mio posto fu scelto Biagio Izzo. Dopo il successo della prima edizione, il produttore tornò alla carica e mi chiese di condurre il secondo ciclo di TeleGaribaldi. Allora feci il secondo errore, quello di accettare di fare una trasmissione-clone, nonostante non avessero recepito i cambiamenti che io avevo proposto.
Parliamo del suo rapporto con il cinema. Lei ha lavorato in cinque film e un cortometraggio.
Ricordo con piacere il cortometraggio di Edoardo Bennato, “Joe Sarnataro”, un piccolo gioiello cinematografico, nel quale interpretavo un politico lestofante, imbroglione e puttaniere. Andò in onda sulla Rai, anche se fummo sfortunati. Giocava la nazionale di calcio, andò ai supplementari e così slittò la programmazione… Anche il film Aitanic con Nino D’Angelo è stata una bella esperienza. Vestivo i panni di un impresario pappone e mi sono divertito molto.
E i due film del cavese Pasquale Falcone?
Pasquale è un ragazzo di talento, intelligente e tenace, ma ha commesso l’errore di accettare a scatola chiusa le richieste della produzione. Quando ti impongono gli attori e ti cambiano la sceneggiatura, anche un’idea buona rischia di essere sprecata.
Quando è iniziato il suo rapporto con Salerno?
Negli anni Ottanta, in particolare con le mie partecipazioni come ospite al Premio Charlot organizzato da Claudio Tortora. Le pillole di comicità che ho proposto per diverse estati nell’ambito di questo premio hanno creato un’affezione con il pubblico. E’ nato un rapporto molto forte, direi viscerale, tra me e Salerno, tra me e i salernitani. Da allora Salerno mi è entrata nel cuore, è diventata un po’ la mia seconda Patria, tanto che molti mi conoscono come salernitano invece che come napoletano. E io ne vado fiero. Tra l’altro la mia crescita artistica è coincisa con un periodo di forte sviluppo della città.
Parla quasi da “innamorato”…
Io trovo che Salerno sia speciale, unica in Italia. Per esempio, non credo che vi sia una città italiana che possa vantare tanti giovani come Salerno. Ogni volta che passo di sera per la zona del Teatro Verdi, rimango meravigliato dalla vivacità di Salerno, capace di essere una città turistica, calda, mediterranea, ma non caotica. Salerno mi piace tutta, adoro tuffarmi nei vicoletti di via dei Mercanti, ma mi affascina perfino la zona di Mariconda, che è stata recuperata e messa a nuovo, grazie al lavoro encomiabile della giunta De Luca.
Anche il Premio Charlot è cresciuto nel tempo?
Claudio Tortora ha avuto il merito di creare una vetrina per gli interpreti della straordinaria scuola di comicità del Mezzogiorno. Il Premio in questi anni è senza dubbio cresciuto, forse anche troppo. Trovo che ormai ci sia spazio solo per i grandi nomi, emarginando i nuovi talenti, e credo che questo sia un limite.
Parteciperà alla prossima edizione?
Se mi inviteranno, volentieri. Devo dire che l’anno scorso mi è dispiaciuto che si siano dimenticati del libro che ho scritto, “Accendi la mente e fai volare il cuore”…
Già, parliamone.
E’ un libro di poesie e di pensieri, nel quale si parla di Fuorigrotta, della mia infanzia povera ma felice. Ci sono dentro le mie emozioni, le mie paure, le mie illusioni, i miei amori, i miei addii.
C’è anche una poesia dedicata a Massimo Troisi, intitolata “Ricomincio da te”.
Troisi è il napoletano per eccellenza, e nei suoi film ha rappresentato il napoletano vero, onesto, pulito, perbene. E’ l’attore che mi è piaciuto di più di tutti negli ultimi venti anni, per la sua capacità di ricerca, di non correre dietro alle apparenze, di mettersi sempre in discussione.
Troisi però non è il suo modello di comicità.
No, la mia comicità è diversa. Il mio idolo è Beppe Grillo, lo confesso. Amo la comicità di denuncia, che fa riflettere.
Un critico cinematografico ha auspicato che Angelo Di Gennaro sia diretto da un regista come Fellini, capace di riconvertire la sua maschera e la sua risata in attore drammatico. Condivide?
Molti non hanno colto l’anima dell’artista Di Gennaro, ma solo la “scorza”.
E chi è Angelo Di Gennaro?
Un artista capace di far ridere ma anche di far emozionare. Insomma, un artista non solo smorfie, lazzi e battute…
Un artista che ha progetti importanti per il futuro.
E’ vero. Sto preparando un nuovo spettacolo teatrale, ironico e toccante, intitolato “Ho chiesto il permesso di Dio”, che si avvarrà anche di un coro gospel. Lo porterò in giro in tutta Italia, comprese Salerno e Napoli. E poi ho in lavorazione una fiction televisiva che andrà in onda sulla Rai il prossimo autunno, di cui sono autore e attore protagonista…
Di che parlerà?
E’ la storia di un preside di origini salernitane di una scuola superiore del rione Scampia. Toccherò temi molto forti, con l’intenzione dichiarata di rappresentare la Napoli vera. Napoli non è solo delinquenza, Napoli è fatta di persone pulite e di persone sane. Il vero napoletano ha un animo nobile, la feccia viene da fuori. E’ il mio modo per dare un contributo alla rinascita del Mezzogiorno. Anche perché io ho un dovere nei confronti di Dio, che mi ha regalato una famiglia sana e mi ha donato il dono dell’arte.
Quale dovere?
Utilizzare il dono dell’arte in un meccanismo di bene e non solo di arrivismo e di egoismo. Ecco perché ho accettato la proposta della Regione Campania di essere il testimonial di uno spot sociale per i ragazzi di Scampia…
(La Città di Salerno, 19 marzo 2006)
Carta d’identità
Angelo Di Gennaro è nato a Napoli l’11 gennaio 1957
Sposato con Mariagrazia Marchei, due figli (Fabrizio di 20 anni e Daniele di 17 anni)
Hobby: giocare a carte (in particolare a “tre a chiamare”)
Film preferito: la commedia all’italiana in bianco e nero, da Alberto Sordi a Tognazzi
Libro sul comodino: libri di psicologia e di filosofia
Filmografia: Aitanic (2000); Amore con la S maiuscola (2002); Ladri di barzellette (2004); Lista civica di provocazione, San Gennaro votaci tu! (2005)
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