I Neri per caso - I sei piccoli "Alan Ford" che hanno stregato le platee mondiali
- Scritto da Mario Avagliano
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di Mario Avagliano
"Stiamo lavorando a un nuovo disco, tutto di canzoni inedite, che uscirà nel 2003 in Italia e in altri paesi del mondo". I Neri per caso, il gruppo di sei salernitani che tra il ’95 e il ’96 vinse a sorpresa il Sanremo giovani e scalò le classifiche italiane con due hit di grande successo, non sono affatto spariti dalla circolazione. "Niente paura. Ci siamo presi solo una pausa", dice dalla Sicilia Domenico Pablo Caravano, per gli amici Mimì, classe 1969, orecchino d’argento al lobo, il rockettaro e romanziere della band ("amo Bukosky e la letteratura beat e scrivo testi e sceneggiature di fumetti"), nato a Madrid ma salernitano doc. Una "pausa" in giro per il mondo, esportando la loro musica originale, basata sul canto a cappella. "Stiamo coltivando la dimensione live dei concerti. Siamo stati in Indonesia, Cile, Venezuela, Svizzera, Slovenia, Spagna. A febbraio saremo alla rassegna dei gruppi a cappella a Singapore", spiega da Montecorvino Pugliano il coetaneo Mario Crescenzo, nato a Nocera Inferiore ma cresciuto a Pontecagnano, il goliardico del gruppo, la "S" di Superman tatuata sul braccio destro ("un ricordo romantico della nostra prima tourneé"). Poi, insieme, raccontano il loro inizio e parlano della straordinaria stagione musicale di Salerno all’inizio degli anni Novanta.
Quando avete cominciato a fare musica?
Mimì: Io sono figlio d’arte. Ho la musica nel sangue. Mio padre Salvatore vinse il concorso "Voci Nuove" ex-aequo con Milva ed è stato nella famosa orchestra di Angelini. Conobbe mia madre in tourneé in Spagna. Poi abbandonò la carriera, anche se ogni tanto si esibisce a livello amatoriale.
Mario: Per me è stata una febbre nata da piccolo, quando ascoltavo i dischi dei miei fratelli: Dalla, De Andrè, Pino Daniele, De Gregori, e più tardi il blues, la musica nera. A 13-14 anni imparai a suonare la chitarra da autodidatta e infine mi accostai al canto.
All’inizio prendete strade diverse…
Mimì: Io adoravo la musica rock, anzi l’hard-rock. Vestivo sempre di nero. Con la maglietta degli Iron Maden ci dormivo pure. Ho fatto parte di diversi gruppi rock salernitani, come i "Wryomen", con il chitarrista Nello De Luca, e i "Chili souce", che facevano musica un po’ più funkeggiante, con Maurizio Figliola, altro esponente storico dei gruppi salernitani, Umberto Giannini e Silvio Zito.
Mario: I miei gusti musicali erano molto differenti. A me piaceva la musica black, il rithm and blues.
L’incontro con gli altri membri del gruppo?
Mimì: E’ stato tutto naturale. Ci conosciamo da piccoli, poi io e Gonzalo siamo fratelli, e Ciro e Diego sono nostri cugini. La musica è una tradizione di famiglia. Ricordo che quando ci riunivamo per le feste, i miei genitori e gli zii intonavano dei cori insieme… E’ anche "colpa" loro se poi sono nati i Neri per caso…
Mario: Diego era studente al Conservatorio e condividevamo la passione per la musica. Alle assemblee d’Istituto lui suonava le tastiere e io cantavo: era una sorta di piano bar scolastico improvvisato. Da lì è nato il feeling con i Caravano, e anche l’amicizia con Mimì.
Il primo gruppo che mettete su, si richiama un po’ ai Blues Brothers…
Mario: Sì, io e Mimì cantavamo, Diego era alle tastiere e Massimo De Divitiis era il chitarrista. Avevamo preso il nome del gruppo country che nel film era rivale dei Blues Brothers, i "Good Old Boys".
Mimì: E come i Blues Brothers spesso eravamo pagati solo con birra e panini… Della serie: "Vi siete mangiati e bevuti tutto, non vi dobbiamo niente…"
Poi tra l’89 e il ’90 nascono i Crecason e l’idea di cantare a cappella, senza musica.
Mimì: Il nome originale era Crecason five. All’inizio eravamo cinque, Ciro si aggiunse dopo. Volevamo "copiare" i Jackson five. L’idea di cantare a cappella nacque per gioco. Mario aveva una voce bassa, profonda. Una sera Diego disse: "Perché non vediamo di armonizzare le voci". Ricordo che cominciammo con "Quel mazzolin di fiori". Da allora non ci siamo più fermati.
Mario: Crecason era un acronimo delle iniziali dei cognomi delle nostre due famiglie: i Crescenzo e i Caravano, più son. Allora, infatti, al posto di Massimo c’era mio fratello Maurizio. Una delle nostre primi esibizioni fu a una festa per la promozione della Salernitana in serie B.
Il successo arrivò subito?
Mario: Subito proprio no. Abbiamo fatto tantissime serate per locali. Ricordo il Fabula e il Conte di Cagliostro a Salerno, lo Shock e il Pub Il Moro a Cava. E poi a Napoli, in Costiera amalfitana. Una volta andammo a Bolzano, per partecipare a una rassegna di cori a cappella: sei ragazzacci a cantare canzoni rock in mezzo agli alpini… Guadagnavamo pochissimo, però il nostro stile piaceva. Gli applausi erano convinti, venivano dal cuore.
Mimì: Eravamo squattrinati ma entusiasti. Sei madrigalisti moderni, sei piccoli Alan Ford che cantavano in coro, tutti vestiti di nero, come una sorta di "Amici miei".
A Salerno, nella prima metà degli anni Novanta, c’era un fiorire di gruppi musicali…
Mario: E’ vero. Mi sembrava di far parte di un movimento culturale. In quegli anni a Salerno tutti i ragazzi facevano musica dal vivo. C’era un fermento di idee, una voglia di divertirsi cantando e suonando. Un fermento favorito anche dal rinascimento della città.
Mimì: Anche i locali sperimentavano gestioni nuove, più aperte. E poi Salerno stava cambiando pelle, grazie al buon vecchio De Luca. Sono un suo fan. La prima volta che si candidò a sindaco, cantai per lui al Centro sociale, con un gruppo rock.
Che frutti ha prodotto quel movimento culturale?
Mario: E’ stata una stagione straordinaria, che ha prodotto fior di musicisti, che ora fanno parte delle principali orchestre italiane. Solo per citarne alcuni, Lello Buongiorno, che suona nell’orchestra di Domenica In; i fratelli Dario, Alfonso e Alessandro Deidda, che si sono esibiti nei programmi della Dandini e ora fanno concerti jazz anche all’estero, con artisti di fama internazionale.
Mimì: Mario ha ragione: quella generazione era eccezionale. L’elenco sarebbe lungo. Ricorderei per esempio anche Amedeo Ariano, batterista che suona con grossi musicisti jazz.
Nel ’95 conoscete Mattone e arriva il trionfo a Sanremo giovani.
Mario: Stefano Palatresi ci invitò a Roma ad esibirci insieme a lui in un locale. Claudio Mattone, che era il suo produttore, ci venne a sentire e gli piacque il nostro modo di cantare. Di lì a pochi mesi ci propose di firmare il contratto e ci parlò del tentativo di partecipare a Sanremo.
Prima, però, Mattone vi fa cambiare nome…
Mimì: Ci disse giustamente che Crecason era cacofonico. Con quel nome non avremmo mai avuto successo.
E perché la scelta cadde su Neri per caso?
Mario: Nei concerti indossavamo un dolcevita nero, a collo alto. E poi ci ispiravamo alla musica black, ai cori gospel.
La politica non c’entra niente?
Mario: Neanche per idea!
Mimì: Figurarsi se un gruppo che canta "Le ragazze", è impegnato politicamente! Purtroppo a volte ci hanno etichettati con quel colore politico. Ma non apparteniamo assolutamente a quella corrente.
Fu una sorpresa la vittoria a Sanremo?
Mario: Un’enorme sorpresa. Non ci aspettavamo neppure di partecipare, non ne parliamo poi di vincere con una canzone a cappella nel regno della musica pop leggera… Dopo il provino, quando ci chiamarono, pensammo a uno scherzo!
Come fu il ritorno a Salerno?
Mario: Incredibile. Arrivai alle 11 di sera a Pontecagnano, sul corso principale. E man mano che mi avvicinavo alla piazza centrale, dove abitavo, cominciai a notare uno striscione nero di 8-9 metri. Vidi con stupore che c’era la mia foto e la scritta "Pontecagnano e la cittadinanza salutano il successo del concittadino Mario". C’erano manifesti dappertutto. Nel mio palazzo c’erano addobbi tipo natalizi.
Mimì: A me e a mio fratello riservarono una accoglienza tipo "Natale in casa Cupiello". Una riunione condominiale con tanto di targhette premio e la recita di una poesia da parte di un bambino. Fu davvero commovente.
Seicentomila copie vendute in pochi mesi. E nel ’96 la partecipazione a Sanremo, tra i big, e il quinto posto con il singolo "Mai più sola". Rischiavate un’ubriacatura da successo…
Mario: Passare in pochi mesi dalle esibizioni nei locali ai grandi concerti con le ragazze che urlavano e si strappavano i capelli per noi, è stato un bel salto. Se ripenso a quel periodo, mi sembra quasi un sogno. Ma non ci siamo mai montati la testa.
Mimì: La nostra forza è stata di essere in sei. Se uno si esaltava, gli altri cinque lo frenavano. Insomma, abbiamo vissuto il successo in modo positivo, senza farci trasportare dalle onde.
Dopo il quarto disco, intitolato "Neri per caso", siete partiti per una lunga tourneé all’estero. Ora siete quasi più famosi in Indonesia o in Venezuela che in Italia…
Mario: Per non parlare del Giappone e del Messico, dove pure non siamo ancora andati. C’è un sito dedicato a noi in giapponese…
Mimì: E’ vero, all’estero in questo momento ci apprezzano forse di più che in Italia, anche perché il mercato italiano in questo momento è collassato, a causa dei cd pirata. Vendono dischi solo i gran big, i Vasco Rossi e i Ligabue. Comunque la dimensione live nei teatri, nei locali, è la nostra dimensione ideale, anche per il tipo di musica che facciamo. E poi, ci divertiamo anche a fare spettacolo, al di là delle canzoni.
Al di là delle canzoni?
Mimì: Beh, viene fuori l’anima comica di alcuni di noi. Mario, per esempio, ha fatto esperienza come animatore nei villaggi turistici e sa come coinvolgere il pubblico. Lo prendiamo in giro e lo chiamiamo il "bravo presentatore". Io e Gonzalo lo assecondiamo, e visto che la gente ride e si diverte, si vede che funziona.
Già, Mario è il giocherellone della band…
Mario: Ho la sindrome di Peter Pan… Mi piace fare scherzi, a volte anche un po’ pesanti. Una volta, con l’aiuto di Neri Marcorè, il comico imitatore, organizzai uno scherzo a Mimì e agli altri che durò quasi una settimana. Stavamo preparando un disco, e m’inventai che uno dei provini che avevamo scelto non era inedito ma era stato copiato da una canzone di Bennato. Marcorè, imitando Bennato, telefonò e ci insultò pesantemente.
Mimì: Ci cascai come un "babbasone". Parlai al telefono col finto Bennato per quasi venti minuti, chiamandolo "Maestro", scusandomi…
A distanza di 12 anni, siete ancora uniti. Un’eccezione nel panorama musicale italiano. Come mai?
Mimì: Ci ha aiutato il fatto di essere tutti parenti o amici d’infanzia. Gli screzi, le discussioni non mancano, può anche capitare che ci mandiamo a quel paese ma poi troviamo sempre un accordo tra noi.
A giugno del 2002 è uscita la vostra prima raccolta di successi.
Mario: Abbiamo voluto mettere un punto dopo dieci anni di carriera. E’ stata anche l’occasione per collaborare con il nostro disegnatore preferito, il salernitano Bruno Brindisi, che tra l’altro disegna Dylan Dog e Tex Willer, e ha realizzato la copertina del nostro disco.
Mimì: Io, Mario e Gonzalo siamo grandi appassionati di fumetti. Però Bruno lo abbiamo conosciuto durante la stagione salernitana dei gruppi musicali. Era tastierista in un gruppo e frequentava il Mumble Rumbe. Ricordo che una decina di anni fa, quando lessi la sua prima collana di fumetti, "Splatter", rimasi impressionato, e pensai: è straordinario!
Tornate mai a Salerno? Che ne pensate della Salerno di oggi?
Mario: Amo Salerno e le mie zone. Sono cresciuto tra la Valle del Sele e l’agro-nocerino, tra il mare e le montagne. E poi Salerno negli ultimi anni è diventata ancora più bella. Non ha nulla da invidiare a città come Bologna… Come fai a non tornare a Salerno?
Mimì: Io ci vengo meno spesso di Mario, ma sono legatissimo a Salerno e a volte ci porto i miei amici stranieri. Ho girato molto ma penso che ora Salerno sia una delle città più belle d’Italia, grazie a De Luca e anche al nuovo sindaco De Biase. Quando avevo 15 anni, non c’era niente, solo il lungomare e il Bar Nettuno. La malavita imperversava e la droga era un flagello. Ora è una città ordinata, pulita, restaurata.
Mario: Io però vorrei aggiungere una cosa. Spesso abbiamo avuto problemi stupidi nei concerti in Campania, legati a rivalità di tipo calcistico o di altro genere. Mi piacerebbe che certi campanilismi venissero superati; che tutta la Campania si riconoscesse negli artisti campani, nei cantanti campani, nelle squadre campane, senza fare differenze tra Salerno, Avellino, Napoli, Cava… In un periodo come questo, in cui si parla di devolution, vediamo di essere uniti almeno noi campani!!
A proposito di calcio, la Salernitana soffre…
Mimì: Terribile. E io sono pure zemaniano…
Mario: E pure il Napoli va male. Un disastro!
Vi sentite di dare un consiglio per i giovani salernitani che fanno musica? Come si fa ad avere successo?
Mario: Ci vuole la giusta dose di tutto: pignoleria, professionismo, anche fortuna, e poi naturalmente il talento. E bisogna anche continuare a provarci, anche se si sbatte mille volte sul muro.
Mimì: Sì ragazzi, non dovete mai mollare, mai smettere di crederci, anche nei momenti di sconforto. Ricordatevi che tutto è possibile. Soprattutto non fatevi abbindolare dall’ambiente, non seguite le mode, fate la musica che avete nel cuore. Salerno è una città piccola, ma da Salerno sono partiti musicisti di grande livello...
(La Città di Salerno, 24 dicembre 2002)
Scheda biografica
I Neri per caso nascono come gruppo tra il 1989 e il 1990, con il nome di "Crecason". La band è composta da sei salernitani, Massimo De Divitiis, Mario Crescenzo, Ciro, Diego, Mimì e Gonzalo Caravano. Fanno gavetta nei locali di Salerno, Cava, Napoli e infine Roma, con pezzi cantati a cappella, uno stile che li consacra al successo. Entrati nella squadra di Claudio Mattone, adottano il nome di Neri per caso e nel 1995, con "Le Ragazze", si aggiudicano il primo posto a Sanremo nelle nuove proposte che li proietta in testa alle classifiche di vendita, consentendogli di raggiungere il clamoroso traguardo di 6 dischi di platino. L'anno dopo il gruppo ripete l'esperienza del Festival, arrivando al quinto posto tra i "Big", con "Mai Più Sola". Il secondo disco, "Strumenti", è realizzato con strumenti acustici, elettronici ed impropri (bicchieri, cucchiaini, fodere di chitarre...) che creano atmosfere particolari.
Il terzo disco esce poco prima di Natale, nel '96, e contiene cover di famose canzoni natalizie cantate a cappella, e "Quando", canzone da loro interpretata nel lungometraggio animato della Disney, "Il gobbo di Notre-Dame". Il quarto disco, "Neri Per Caso", esce a fine novembre del '97, e rivela una grande maturazione artistica dei sei ragazzi. Dopo un’assenza di tre anni, il gruppo salernitano pubblica nel maggio del 2001 "Angelo blu". Successivamente il tour mondiale li vede protagonisti in Indonesia, in Venezuela ed in Cile. Nel giugno del 2002 esce la loro prima "Raccolta" contenente i brani più rappresentativi della loro carriera artistica.
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