Aldo Cazzullo alla riscoperta del Bel Paese, sessant'anni dopo Guido Piovene

  Viaggio nella terra vergine chiamata Italia

  UNO STRALCIO DAL PRIMO CAPITOLO

  di Aldo Cazzullo

   L'Italia oggi è un Paese di cattivo umore. Impaurito. Sospeso tra un passato che non torna e un futuro che non arriva. Sono convinto invece che l'Italia abbia davanti a sé una grande occasione di ripresa e di sviluppo. Una chance di rinascita, una nuova stagione possibile. La globalizzazione, che oggi ci spaventa e ci impoverisce, è una grande opportunità per un Paese come il nostro. Il futuro sta arrivando. Ci appartiene. Può essere migliore del presente. I nostri figli potranno vivere meglio dei padri e dei nonni. E il nostro futuro non è nelle mani dei mercati, degli asiatici, delle multinazionali; dipende soprattutto da noi, dalla nostra capacità di studiare, di sacrificarci, di rischiare, di far fruttare il tesoro su cui siamo seduti: l'Italia.

Ne sono convinto perché in questi ultimi vent'anni, che noi associamo alla crisi, ma tra qualche tempo saranno ricordati come straordinari, interi popoli si sono affacciati sulla storia, e si sono aperti mercati che non esistevano. La nuova borghesia cinese e indiana, centinaia di milioni di nuovi consumatori, guardano all'Italia come alla patria della cultura, dell'arte di vivere, del design, del buon gusto, della fantasia, della creatività. E le nostre aziende possono raggiungerli con una e-mail.

Ne sono convinto perché nel mondo globale, che diventa sempre più uguale a se stesso, uniforme, un po' noioso - ovunque gli stessi marchi, gli stessi loghi, le stesse parole -, un Paese come il nostro, che cambia di continuo, che a ogni crinale di collina muta paesaggio, accento, prodotti, che non ha tante prefetture, ma tante capitali, è il Paese più prezioso, ammirato, invidiato.

Ne sono convinto perché abbiamo ricchezze che nessun ladro potrà mai rubare, bellezze che nessun falsario potrà mai imitare, saperi che nessuna impresa potrà mai delocalizzare. L'Italia ha conosciuto anche secoli bui, fasi di decadenza. Ma tra queste non c'è la nostra epoca. Non siamo condannati a piangere sulla grandezza dei nostri avi e sulla nostra inadeguatezza. Il domani non è segnato. Può essere straordinario. Guardiamo il dito del nostro scontento, e non la luna del nostro avvenire. Abitiamo un Paese che il resto del mondo considera un mito, e non ce ne rendiamo conto. Portiamo sulla carta d'identità e sul passaporto il più straordinario brand - Italia - che sia mai stato inventato, e crediamo di essere nati nel Paese sbagliato. (...)

Non voglio annunciare una ripresa ormai conquistata; voglio segnalare un risveglio in corso. Non dico che ce l'abbiamo fatta; ma che ce la possiamo fare. Non penso affatto che tutto vada bene, anzi: ci sono moltissime cose che non vanno, e occorre denunciarle con forza. Ma c'è anche un'Italia che resiste, e che rinasce. E anche quella va scoperta e raccontata. Perché ci aiuta a colmare la nostra principale lacuna: la fiducia in noi stessi. Ci restituisce l'orgoglio di essere italiani. Ci ricorda chi siamo, cosa vogliamo, cosa possiamo fare.

DA: Aldo Cazzullo «L’Italia s’è ridesta» (Mondadori, pp. 204, e 15,90)

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