L’Italia del “Dopoguerra” ballava sulle macerie ma era divisa su tutto (Il Piccolo di Trieste)

di Paolo Marcolin

Nel libro di Mario Avagliano  e Marco Palmieri edito dal Mulino una ricostruzione degli anni fra la Liberazione e la nascita della Costituzione

“Quando dissi l’ultima battuta di ‘Napoli milionaria’ - raccontò anni dopo Eduardo - scoppiò un applauso furioso, e poi un pianto irrefrenabile, tutti piangevano. Io avevo detto il dolore di tutti”. Quel “ha da passà ‘a nuttata”, divenuto poi proverbiale, ebbe la forza di interpretare lo smarrimento, l’incertezza e la speranza di un intero Paese. L’Italia sferzata dalla violenza, dalla povertà e dal sudiciume che usciva da una lunga e disastrosa guerra, raccontata da Malaparte o dai film del neorealismo rivive nelle pagine di “Dopoguerra” (Il Mulino, Pagg. 495, Euro 28,00).
 
Scritto a quattro mani da Mario Avagliano e Marco Palmieri, entrambi giornalisti e storici, racconta i due anni e mezzo che vanno dalla Liberazione alla nascita della Costituzione, un periodo cruciale, in cui la vita politica, sociale, economica e culturale si trasforma radicalmente. Il volume ha il pregio di essere costruito, oltre che su una vasta bibliografia storica e memorialistica, sulle testimonianze di chi ha vissuto quegli anni. Pescando in decine di fondi d’archivio, come quello diaristico di Pieve di Santo Stefano che conserva oltre 8.000 tra diari, memorie ed epistolari, gli autori fanno rivivere voci di personaggi noti accanto a quelli di sconosciuti. Due esempi: la maestra friulana Blandina Snaidero ricorda che “si ballava sulle macerie fumanti, nelle sagre ci si ubriacava assieme ai soldati stranieri”, mentre Giampaolo Pansa fa sapere che aveva dieci anni quando la mamma gli fece scrivere il cartello per metterlo sulla vetrina del negozio di famiglia: “la signora Giovanna domani chiude il negozio perché va a votare per la prima volta a 43 anni”.
 
Erano anni di contrapposizioni forti, alla Don Camillo e Peppone, ma che facevano intravedere come alla fine della ‘nuttata’ eduardiana si sarebbero schiuse le porte di un futuro migliore. Il vento del nord, il soffio partigiano a poco a poco mutava in bonaccia, ma si faceva strada l’allegria dei naufragi, quelli che erano scampati alla guerra e adesso tra cioccolata e sigarette americane tornavano a divertirsi. Si ballava nelle piazze, nei cortili, nei giardini, davanti ai caffè e tra i tavoli delle osterie, accompagnati da fisarmoniche, dai grammofoni a manovella o, in mancanza di meglio, dai battimani. Si sognava l’amore con i fotoromanzi come Grand Hotel, che finiva anche nelle borsette delle donne di sinistra, si tornava a tifare per il calcio. E a dividersi. Guareschi lo sapeva bene. “Gli italiani sono ugualmente pronti a scannarsi per un centrattacco, per un tenore o per un capopartito”. Ma che il peggio fosse finalmente alle spalle lo condensava una battuta alla Flaiano della sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico: ”Amore mio, è scoppiato il dopoguerra. Speriamo che duri poco”. —
 
(Il Piccolo di Trieste, 3 settembre 2019)

 

Miss Italia nel libro "Dopoguerra"

Alla presentazione a Palazzo Ferrajoli a Roma sono intervenute la patron Mirigliani e Miss Social 2019

A Palazzo Ferrajoli a Roma, tra le letture dell’attrice Sara Ricci e le canzoni dell’epoca interpretate dal tenore Giuseppe Gambi, è scoppiato il "Dopoguerra". Alla presentazione del saggio di Mario Avagliano e Marco Palmieri "Dopoguerra. Gli italiani tra speranze e disillusioni 1943-1945", edito dal Mulino, infatti, si è data voce agli anni della ricostruzione in un modo insolito e vivace, che ha catturato l'attenzione dei presenti fin dal primo intervento. Nel corso dell'appuntamento moderato dallo storico conduttore Ruggero Po, non sono mancati i contributi degli illustri relatori Lucio Villari e Aldo Tortorella, la testimonianza in video di Maria Romana De Gasperi, figlia del grande statista. Ma anche della presidente di Miss Italia Patrizia Mirigliani, (nel testo si parla della nascita del concorso), che ha spiegato: "Miss Italia è il simbolo di un'Italia che torna a credere nella bellezza e a offrire un'opportunità alle donne di fare carriera"; e, infine, di Miss Social 2019, la calabrese Myriam Melluso, che ha ricordato "l'importanza della conoscenza e di nutrire attraverso di essa i propri talenti".  

Il libro, vivace e tutto fa leggere, è una storia fatta di storie, una testimonianza collettiva dei primi anni che succedono al Secondo Conflitto bellico, quando gli italiani sono uniti e l'obiettivo è solo uno: ripartire. Pagina dopo pagina, si ricordano allora i prototipi delle Vespa e della Ferrari sperimentati sulle strade devastate dai bombardamenti, i gelati Algida nati da un residuato bellico americano, la prima lavatrice Candy messa a punto grazie agli schizzi inviati da un prigioniero negli Usa, il primo volo di linea dell’Alitalia e tanta voglia di fare festa e di ballare al suono dei nuovi ritmi come il bughi bughi. Ma anche macerie ovunque, ponti saltati, case senza servizi, disoccupazione dilagante, inflazione alle stelle, vendette politiche, reduci che faticano a reinserirsi nella società, borsa nera, prostituzione e sciuscià disposti a tutto. 

Ancora: il libro di Avagliano e Palmieri racconta di come lungo le strade si riaccendono le luci dei lampioni oscurate da anni di coprifuoco, le feste da ballo che spopolano ovunque, il boogie-woogie italianizzato in bughi bughi, il campionato di calcio che riparte con il Grande Torino, Coppi e Bartali che riprendono a sfidarsi al Giro d’Italia eccitando gli animi dei tifosi, la nascita del concorso Miss Italia, le riviste teatrali di Macario, i fotoromanzi di riviste come «Grand Hotel» e i cinema che tornano a riempirsi di pubblico, più per le pellicole comiche di Totò e le commedie spensierate d’oltreoceano che per i capolavori neorealisti che ammaliano la critica internazionale ma non tirano al botteghino, le donne che si recano per la prima volta alle urne, gli epigoni di don Camillo e di Peppone che animano il dibattito politico nel Paese nel mutato quadro internazionale. Questo libro, dunque, è un ritratto dell’Italia di quel primo dopoguerra, “feroce e drammatico, ma al tempo stesso scoppiettante e mirabolante”, attraverso innumerevoli storie emblematiche che bene lo raccontano.

(dal sito Missitalia.it)

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Angoscia e speranza. I trenta mesi dopo il 25 aprile (Venerdì di Repubblica)

di Corrado Augias

Mario Avagliano e Marco Palmieri, sperimentati divulgatori di storia, hanno avuto la felice idea di raccontare i circa trenta mesi dal 25 aprile 1945 al 1° gennaio 1948, ovvero dalla data della Liberazione all'entrata in vigore della Costituzione repubblicana: Dopoguerra (Il Mulino). Lasso di tempo quasi irrisorio durante il quale l'Italia cambiò profondamente e per sempre. A guerra finita: "Restano il razionamento del pane, gli abiti e i cappotti rivoltati, le case senza i servizi essenziali, le strade e le ferrovie dissestate, la borsa nera, la polvere delle macerie, una disperazione che alimenta gravi agitazioni sociali".

Attraverso documenti ufficiali e lettere private, testimonianze e diari personali, i due autori ricostruiscono non solo la realtà materiale e politica ma gli stati d'animo: da una parte la disperazione, dall'altra l'attesa di qualcosa che doveva accadere e che infatti accadde. Il referendum istituzionale del 2 giugno 1946 pose fine all'inetta dinastia sabauda, contemporaneamente si elessero i membri dell'assemblea che avrebbe partorito la costituzione - con le donne ammesse per la prima volta al voto. Il 18 aprile 1948 gli italiani elessero il primo parlamento repubblicano con la Democrazia Cristiana, sostenuta dagli Usa e dal Vaticano, vincitrice nelle urne; minoranza l'alleanza social-comunista del Fronte Popolare. 

Sono mesi in cui il Paese continua a essere spaccato, si consumano vendette politiche e personali, la Sicilia è tentata dal separatismo, le tensioni sociali sono fortissime. Nonostante questo, i due autori rintracciano nel vasto repertorio documentale consultato i segnali che lasciano intravedere gli anni che verranno: la rinascita, il boom, la trasformazione di una società agrario-pastorale in una delle prime potenze industriali del mondo. Finirà anche il boom, alcuni eterni problemi resteranno irrisolti, arriveremo ai nostri giorni - ma questo è un altro libro.

(rubrica "La mia Babele", Venerdì di Repubblica, 9 agosto 2019)

L'Italia post-guerra tra distruzione e voglia di ripartire. Presentazione del libro a Roma

“Sono appassionata di storia e libri come questo dovrebbero essere letti da tutti, perché racconta le radici dell’Italia di oggi”. Così l’avvenente Myriam Melluso, con tanto di fascia di Miss Italia social 2019, ha commentato la sua partecipazione alla presentazione del libro “Dopoguerra” (Il Mulino) di Mario Avagliano e Marco Palmieri, svoltasi mercoledì sera nella suggestiva cornice di Palazzo Ferrajoli, nel cuore di Roma, di fronte a Palazzo Chigi, ad opera dell’Associazione Italide presieduta da Antonella Freno e della Fondazione De Gasperi. Una serata di storia, cultura e musica, condotta da Ruggero Po, con un pubblico foltissimo, lo storico Lucio Villari, testimoni d’eccezione (la democristiana Maria Romana de Gasperi e il comunista Aldo Tortorella), lettura di brani del libro da parte di Sara Ricci (Un posto al sole e Il Paradiso delle signore) e Laura Mazzi (vista nel film Fabrizio D’Andrè - Principe libero), l’intervento di Patrizia Mirigliani, patron di Miss Italia, e brani dell’epoca cantati dal tenore napoletano Giuseppe Gambi. Un viaggio nel clima e nelle atmosfere del dopoguerra, proposte da un libro che, ha detto Tortorella, “si legge tutto d’un fiato”, e ha chiosato Villari, riguarda un periodo straordinario e positivo dell’Italia, in cui si seppe ricominciare dopo la guerra e ricostruire un Paese distrutto.

In questi anni infatti nascono i prototipi delle Vespa e della Ferrari, sperimentati sulle strade devastate dai bombardamenti, i gelati Algida nati da un residuato bellico americano, la prima lavatrice Candy messa a punto grazie agli schizzi inviati da un prigioniero negli Usa, il primo volo di linea dell’Alitalia e c’è tanta voglia di fare festa e di ballare al suono dei nuovi ritmi come il bughi bughi, mentre prende quota un nuovo concorso di bellezza, Miss Italia. Ma ci sono anche macerie ovunque, ponti saltati, case senza servizi, disoccupazione dilagante, inflazione alle stelle, vendette politiche, reduci che faticano a reinserirsi nella società, borsa nera, prostituzione e sciuscià disposti a tutto. Sono i due volti dell’Italia uscita in ginocchio dalla seconda guerra mondiale e dalla guerra civile, che nel triennio 1945-1947 si rimbocca le maniche per voltare pagina, come raccontano Avagliano e Palmieri, in un quadro internazionale in cui già sta prendendo piede la divisione del mondo nei due blocchi contrapposti della guerra fredda. Una ricostruzione, dunque, che non è solo materiale, ma anche morale e spirituale da un lato, politica e istituzionale dall’altro, con le prime elezioni a suffragio universale anche femminile e il tesissimo referendum monarchia-repubblica.

(Libero, 27 settembre 2019)

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Gli internati militari italiani: dai Balcani, in Germania e nell’Urss

Quale fu il destino dei militari italiani catturati dai tedeschi nei Balcani? E' il tema del libro Gli internati militari italiani: dai Balcani, in Germania e nell’Urss. 1943-1945, di Maria Teresa Giusti (Rodorigo Editore, 2019). Il volume ripercorre le vicende degli italiani prigionieri nei Balcani tra il 1943 e i primi anni del dopoguerra e il destino degli Internati militari italiani (IMI), catturati dai tedeschi subito dopo l’armistizio italiano dell’8 settembre 1943. Questi ultimi erano i soldati e gli ufficiali appartenenti alle 35 divisioni stanziate in Albania, Grecia e Jugoslavia che dopo l'armistizio si erano arresi ai tedeschi e per la maggior parte si erano rifiutati di continuare la guerra al fianco della Germania e della neonata Repubblica sociale.

La massa dei prigionieri, cosiddetti “non optanti”, fu deportata dai Balcani nei campi di prigionia in Germania e nei territori occupati, tra cui la Bielorussia. Per indagare su quest’ultimo caso, la Giusti, oltreché dei documenti raccolti negli archivi italiani, russi e britannici, il volume si avvale della documentazione inedita bielorussa, consegnata nel 2009 dal governo di Minsk a quello italiano. Si tratta di due cartelle, parte in lingua russa parte in lingua tedesca, dove sulla base di testimonianze raccolte da agenti dell’Nkvd, si ricostruisce il trattamento subito dagli IMI nei campi di prigionia del Reich.

L’altro aspetto assai interessante, trattato nel volume e rimasto a lungo ai margini della ricostruzione storica, è quello relativo alle migliaia di IMI che, “liberati” dall’Armata rossa nel 1944, invece di essere rimpatriati furono deportati nei lager sovietici.

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Mario Avagliano vince il XVIII Premio “Pianeta Azzurro – I Protagonisti” di Fregene con il libro “Dopoguerra”

Con il libro “Dopoguerra. Gli italiani fra speranze e disillusioni (1945-1947)” (Il Mulino), Mario Avagliano si è aggiudicato la statuetta in bronzo della XVIII edizione del “Premio Pianeta Azzurro – I Protagonisti” di Fregene, sezione saggistica, che ha voluto assegnare un riconoscimento anche alla sua carriera di «esploratore» della Storia d’Italia. Un premio che negli anni scorsi è stato vinto da personalità del calibro di Nino Manfredi, Ettore Scola, Emmanuele F. M. Emanuele, Ennio Calabria, Lilli Gruber, Franco Mandelli, Carlo Lizzani, Giovanni Bollea, Annalisa Manduca, Luca Verdone, Igor Man, Milena Vukotic, Giovanni Pieraccini, Gianfranco Jannuzzo, Anna Kanakis e tanti altri. Avagliano in passato si è aggiudicato altri premi importanti con i suoi volumi, dal Fiuggi Storia al Premio Anpi Nazionale.

Ecco la motivazione del Premio:

MARIO AVAGLIANO – SAGGISTA E STORICO

Nella sua attività di saggista e storico, Mario Avagliano ha esplorato, da solo o in coppia con Marco Palmieri, con una sequenza di 14 libri, un periodo del Novecento - i dieci anni che vanno dal 1938 al 1948 - nevralgico, quello in cui l’Italia ha subito le più difficili prove, dalle tragedie della dittatura e della seconda guerra mondiale, con particolare riferimento al fascismo e alla Repubblica sociale Italiana, alla persecuzione razziale degli ebrei, alle vicende dell’armistizio dell’8 settembre 1943, agli internati militari, alla resistenza italiana, alla deportazione degli ebrei, dei politici e dei civili e, successivamente, allarga lo sguardo all’età della ricostruzione morale e materiale.

La sua ultima opera, in tandem con Palmieri, “Dopoguerra – Gli italiani tra speranze e disillusioni” (edito da Il Mulino), è dedicata a un triennio frenetico, straordinario nelle sue luci e ombre, in cui l’Italia impara a liberarsi delle scorie della dittatura e a declinare le parole della libertà e della democrazia.

La Giuria del Premio “Pianeta Azzurro – I Protagonisti” ha apprezzato l’opera di Avagliano nella sua narrazione ampia, documentatissima, di straordinario impatto emotivo, corale, la quale controbilancia l’attuale storytelling banalizzante dei fatti e focalizza i valori che, all’epoca, contribuirono alla resurrezione di un Paese prostrato dai lutti, dalle macerie, dall’impoverimento della popolazione e del tessuto produttivo.

Avagliano, assieme agli altri vincitori hanno ricevuto a Fregene oggi la statuetta in bronzo, creata nell’89 dalla nota scultrice Alba Gonzales, in una partecipata cerimonia svoltasi presso il Centro Internazionale di Scultura Contemporanea, al Lungomare di Ponente 66/A.

La serata è stata condotta dall’attrice Pacifica Artuso. Intermezzi musicali sono stati cantati dalla soprano Silvia Pietrantonio, mentre l’attrice Barbara Amodio ha recitato poesie di Alda Merini e Pietro Metastasio.

“Trent’anni sembrano passati in un soffio – ha affermato la creatrice del Premio, Alba Gonzales – ma l’imprinting iniziale del Premio, ossia di voler insignire personalità di tanti settori della società che rendono il mondo più ricco e culturalmente elevato, che sin dall’inizio volemmo dargli, insieme con mio marito Giuseppe Pietrantonio, resta la stella polare mia e della Giuria che presiedo. Sono particolarmente orgogliosa del ventaglio di vincitori di quest’anno, ‘protagonisti’, com’è nel nome stesso del Premio, ed esempio per le giovani generazioni.”    

Fregene, 14 settembre 2019

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Storia di come eravamo e della variazione sociale nella percezione e gestione del Corpo

E’ da poco uscito per Robin editore http://www.robinedizioni.it/nuovo/estetica-anestetica l’ultimo libro storico di Carla Guidi, “ESTETICA ANESTETICA - Il corpo, l’estetica e l’immaginario nell’Italia del Boom economico e verso gli anni di Piombo”. Un memoriale autobiografico sugli anni dal 1950/55 al 1971/78 pubblicato dopo il suo noto "Operazione balena - Unternehmen Walfisch” (Terza edizione aggiornata - Edilazio, 2013) su Sisto Quaranta ed Augusto Gro, catturati il 17 aprile 1944 nel massiccio rastrellamento nazifascista del quartiere Quadraro.

            Questo nuovo libro segue sempre una traccia autobiografica (anche per suscitare l’empatia da parte del pubblico dei lettori) ma è denso di riferimenti fin troppo espliciti ad avvenimenti politici, sociali, artistici e culturali, fino alla cronaca giornaliera di fatti epocali che hanno segnato un complesso periodo della nostra storia.

Il titolo è già un programma d’intenti e prende spunto da una famosa frase di G. Carlo Argan, scritta in occasione della 32° Biennale di Venezia che nel 1964 consacrò, davanti al grande pubblico, l’arte americana e l’avvenuta invasione culturale della Pop Art - “L’uomo massa è stupido e avido … non soffre, non gode … tutto ciò che può desiderare, è un tubo di dentifricio più grosso, enorme o un peperone più rosso, rossissimo. Così le cose gli crescono intorno, mentre l’umano si fa sempre più piccolo e finalmente scompare senza dolore, in anestesia totale: perché due cose sono inesorabilmente vietate nell’inferno terrestre, la memoria del passato e l’attesa del futuro.”

L’autrice non ha dimenticato di inserire inoltre frequenti feedback su memorie resistenziali, già nel dopoguerra mandate sistematicamente sullo sfondo da un presente euforico e consumistico, clima non a caso focalizzato (nel 1967) da Guy Debord ne La società dello spettacolo. Un personaggio forse dimenticato che, insieme al sociologo Marshall McLuhan, aveva denunciato che proprio la spettacolarità anestetizzante sarebbe diventata “il cattivo sogno della società incatenata”.  

L’immagine di copertina di Valter Sambucini, assai evocativa, insieme al contenuto del libro, propone una memorialistica a rappresentare soprattutto la gioventù dal dopoguerra, dagli anni del boom economico fino agli anni di piombo, resiliente e, nonostante tutto, affamata della vita, ma sottoposta alla mortificazione estetizzata di un periodo storico-sociale in cui iniziava la vera guerra commerciale ed il bombardamento dell’immaginario collettivo con nuovi accattivanti prodotti, anche addirittura stupefacenti; l’invasione delle plastiche con la distruzione sistematica dell’ambiente, l’ambiguità della diffusione Pop Art e dei media commerciali.

La narrazione passa sistematicamente tra avvenimenti epocali, attraverso una realtà stratificata che copre molti segreti: dagli anni ‘50/’60 il sesso e la procreazione, insieme alla terribile verità sulla recente guerra che l’Italia contadina aveva perso, insieme alla propria dignità. Abbandonata all’interno di un’agonia lunghissima, infine si accorge come l’occultamento riguardasse i servizi segreti, i Colpi di Stato, gli uomini di Mussolini ancora al potere e mai processati, il vero scopo degli attentati e l’uccisione di personaggi divenuti scomodi.

Una complessità, presa in esame, che non trascura l’analisi delle letture dell’epoca, i tascabili per tutti e i fumetti per adulti, i programmi televisivi, l’emigrazione italiana all’estero e contemporaneamente l’abbandono del Sud, la costruzione di cattedrali nel deserto ed opere interrotte, iniziate a puro scopo elettorale, i disastri ambientali, le alluvioni, i terremoti come emergenze sempre più ricorrenti a causa dell’antropizzazione dei territori e dei fiumi. Ferite perpetue ma anche sciagure causate da errori dovuti a superficialità umane se non avidità e connivenze (come avvenne per la tragedia del Vajont) … tutto intessuto di riferimenti e notizie che arrivano dal mondo come da quella Sicilia problematica dove Danilo Dolci aveva fatto il primo sciopero alla rovescia e dove aveva inaugurato la prima Radio libera.

Nel testo non si trascurano viceversa i primi attentati alla salute fisica e mentale, mentre l’Italia del Boom naufragava collettivamente negli zuccheri, negli antibiotici a pioggia, nelle sofisticazioni alimentari che salirono alla cronaca pesantemente già nel 1959, mentre il Ministero della Sanità era stato appena creato e la legge per disciplinare il Commercio (con requisiti fiscali, sanitari e penali) verrà varata solo nel 1971. Una complessità che il libro riporta, al cui interno si ricorda, per chi l’avesse dimenticato, l’amministrazione etica del Sindaco Giorgio la Pira, noto per aver salvato le fonderie del Pignone attraverso la sua amicizia con Mattei ed aver tentato la rocambolesca ventura di voler contrattare la fine della guerra, tra USA e Vietnam. Una lezione morale che diventerà rivoluzionaria nelle azioni ed opere dei numerosi preti dissidenti toscani, tra i quali don Milani della scuola di Barbiana e don Mazzi della Comunità dell’Isolotto, attraverso e nonostante la politica dei partiti storici in un clima di Guerra fredda, scioperi e manifestazioni di piazza, due falliti Colpi di Stato, fino ad arrivare alle trasformazioni ideologiche ed alle soglie degli Anni di piombo.

Punto centrale del libro, lo si ribadisce, il dilagare del movimento rivoluzionario dei giovani in tutto il mondo, raggiungendo un apice drammatico nel 1968, nell’episodio più sanguinoso il 2 ottobre a Città del Messico nella Plaza de las Tres Culturas, direttamente dalla testimonianza di Oriana Fallaci (inviata dell’Europeo), mentre si trovava in un letto d’ospedale, gravemente ferita … Fatti poi seguiti dalle Olimpiadi con il noto episodio del gesto dei Black Power, messo in atto dai velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo sul podio dei vincitori.

Ma in questo arco temporale preso in esame, è soprattutto ribadita la variazione sociale nella percezione e gestione del Corpo, in una progressiva emancipazione: il corpo sessuato, il corpo procreativo delle donne, il corpo nelle Arti visive, in un simbolico tendenzialmente terapeutico posto in opposizione all’anestesia consumistica ed ipnotica dell’Immaginario. Questo corpo, emancipato in un nuovo protagonismo, però sprofondava immediatamente nel suo stesso Mito, (anche attraverso gli eroi trasgressivi dell’immaginario musicale, filmico, e le contaminazioni dilaganti della pubblicità) nell’illusione di un’eterna giovinezza. Non più e non solo leggendaria antagonista del tempo, ma ipotetica perpetuazione di uno status giovanilistico trasgressivo, edonistico e senza memoria, al quale (con i progressi delle tecniche appunto) ogni generazione avrebbe potuto finalmente accedere. Così questo corpo liberato, veniva immediatamente contagiato dall’aggressività invadente delle multinazionali dell'estetica, della chirurgia e della farmacologia.

Cinquecento pagine sono molte, ma molti sono anche gli avvenimenti narrati, impossibile farne un riassunto in poche righe. E’ un libro quindi da leggere con calma, un capitolo alla volta. Anche se scritto con poesia e scorrevolezza, molti lettori hanno confermato di essersi sentiti sopraffatti dalla densità degli accadimenti e delle trasformazioni che piano piano ci hanno reso quello che siamo adesso.

Il libro è uscito nel 2018, quando non poche sono state le manifestazioni commemorative del 50° Anniversario del ’68, più o meno nostalgiche o asfittiche celebrazioni di un’utopia considerata ormai obsoleta e spenta. Ed ecco che proprio oggi (anche in Italia) i giovani sono tornati a farsi sentire in tutto il mondo, sentendosi forti delle loro ragioni: Giovani, giovanissimi rispetto ai sessantottini, ma soprattutto critici rispetto alle seduzioni della rete che usano ormai come strumento di aggregazione e collegamento. I corpi pensanti adesso sono presenti per le strade e le piazze sempre più spesso, concreti e pacifici, ma arrabbiati e determinati, mentre la loro utopia è diventata una richiesta ineludibile. Molti giornali ne parlano in questi termini, compreso Avvenire del 27/09/2019 dove Mauro Magatti scrive questo significativo titolo Non si sogna mai da soli con riferimento alla frase della giovane Greta all’assemblea dell’ONU.

Vorrei citare a conclusione Norma Rangeri sul Manifesto del 28/09/2019.

  • (…) Questo movimento, con la sua carica di utopia rigenerante, mette al centro della scena niente di meno che il cambiamento di un modello di sviluppo non più sopportabile per i catastrofici risultati, naturali e sociali. La battaglia in difesa della Terra presuppone nuovi modelli produttivi, nuovi comportamenti individuali e collettivi, nuovi protagonisti sociali, nuovi obiettivi .e prima lo capiamo meglio sarà.

 

In questa prospettiva il libro di Carla Guidi si pone come monito e memoria di fatti umani, di sogni e speranze disattese, un invito alla riflessione su come eravamo e da dove siamo venuti. Corroborante invito anche al ripiegamento su se stessi degli ormai anziani sessantottini, ma per sollecitarli a dare di nuovo il loro contributo alla luce dei cambiamenti epocali che ci hanno portato sulla soglia del baratro ambientale e sociale.

Non a caso Estetica anestetica riporta, in intestazione, parte di un articolo su Repubblica (24 marzo 2013) di Carlo Freccero e Daniela Strumia dal titolo significativo - Il consumismo è morto, benvenuti a Gomorra – che a sua volta cita il film Matrix e i situazionisti –

  • Conoscere la verità non significa necessariamente schierarsi dalla parte giusta. Marx come ispiratore di rivolta ha avuto un compito tutto sommato più facile di Debord. Marx aveva come oggetto di studio la prima rivoluzione industriale e la sua analisi era intrisa di sudore, sfruttamento e dolore. Il consumismo invece non viene percepito come sofferenza, ma come godimento condiviso, redistribuzione del benessere. Se quindi Marx ha buon gioco a connotare di significati negativi il concetto di alienazione, Debord, che è una sorta di Marx del consumismo, prova maggiori difficoltà a farci odiare la contemplazione, che è l’anello di congiunzione tra alienazione e spettacolo [...]
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Il Dopoguerra, un laboratorio tra compromessi e idee geniali (Il Messaggero)

di Pasquale Chessa

«E' scoppiato il dopoguerra»: la battuta, a orecchio attribuita a Flaiano, è invece di Suso Cecchi D'Amico la sceneggiatrice di Ladri di biciclette, che descrive al marito musicologo l'aria del tempo alla fine del 1945: «Finora è stato un limbo». Dietro c'è l'inferno di Mussolini, della Guerra Mondiale, della Guerra Civile, ancora in atto con la "resa dei conti", «la più feroce e sincera di tutte le guerre» secondo il latinista comunista Concetto Marchesi. Non sarà facile per la nuova Italia, temprata dalla Resistenza, dopo vent'anni di dittatura, costruire la sua nuova identità senza il fascismo. Seguendo «gli italiani fra speranze e disillusioni» (così dice il sottotitolo del libro) ci spiegano come ci siamo riusciti, Mario Avagliano e Marco Palmieri, capaci di rintracciare nella cronaca politica e culturale, nelle mode e nei costumi i passaggi cruciali della grande storia.
 
LA VIA
Si capisce meglio, per esempio, la "Via italiana al socialismo", che consente a Togliatti di rimandare a un futuro mitico il tempo della rivoluzione, leggendo un articolo dell'Unità del 23 giugno 1945 che comincia così: «Si balli pro Tizio, pro Sempronio l'essenziale è che si balli (...) stretti possibilmente a una bella e formosetta fanciulla». Non è incauto sostenere che da lì comincia la legittimazione democratica e popolare del Pci, in sintonia con quel compromesso storico originario con la Dc su cui si fonda la nostra Costituzione. Sebbene nella parola Dopoguerra (idea titolo di Avagliano e Palmieri) sia contenuto il concetto di guerra, è dal suo superamento che nasce l'altra storia: «L'immagine del Paese che si rimette in moto alla fine della guerra non è solo metaforica».
 
L'IDEA
Affonda nell'industria bellica l'idea della Vespa progettata per Enrico Piaggio da un ingegnere aeronautico che odiava le moto, e perciò inventò lo «scooter». Seguendo la stessa ispirazione Enzo Ferrari reinventa l'automobile da corsa. Ma anche l'Algida nata nel 1946 sfrutta un residuato americano per fare gelati. Una storia fondata sui fatti: peccato che nell'indice dei nomi manchi Renzo De Felice. C'è in questo Dopoguerra una teoria implicita del processo storico come una serie contigua e distinta di vasi comunicanti: nel 1946 la nascita di Miss Italia sta bene insieme al referendum fra monarchia e repubblica, prima volta delle donne alle urne; Bartali e Coppi fanno pendant con Peppone e Don Camillo; la nascita del Piccolo teatro a Milano non stona con la traumatica uscita dal governo del Pci nel 1947. Aveva ragione il protagonista di Napoli milionaria di Eduardo De Filippo: «Ha da passa 'a nuttata». La nottata è passata. Si dirà: ma l'Italia non è poi venuta tanto bene? Vabbè, nessuno è perfetto.
 
(Il Messaggero, 11 agosto 2019)
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