Intervista Alberto Mucciolo, stilista

di Mario Avagliano
 
 
La moda a Salerno ha un portabandiera d’eccezione, Alberto Mucciolo. Le sue cravatte ornano le camicie di leader politici internazionali, come l’ex presidente del Brasile Fernando Enrique Cardoso, e di calciatori famosi, come Alessandro Nesta, e sono in vendita nelle catene di abbigliamento più in voga del globo, da New York a Parigi, da Madrid a Milano, fino a Rio de Janeiro. Un successo, dice Mucciolo, costruito in venti anni di “lavoro e di sacrifici, con umiltà e onestà e con il patrimonio dei clienti”. Virtù umane e imprenditoriali che lo hanno portato ad essere il fornitore ufficiale di cravatte del Coni, della Fifa, della Figc, di Rai Sport e di società di calcio come l’Inter, oltre che di aziende internazionali come il Pastificio Amato.
 
Com’era la Salerno dei suoi anni ruggenti?   
La ricordo buia e violenta. Una città caotica e trafficata, dove imperversava la droga. Il bar Nettuno era, suo malgrado, il punto di ritrovo dei tossicodipendenti, mentre al bar Roma si dava appuntamento la Salerno tranquilla. Il corso cittadino era il regno delle automobili. Si viveva in un mondo di macchine, senza verde e senza isole pedonali. La movida praticamente non esisteva. Per noi giovani, l’unico svago era recarsi a Cava d’inverno e a Cetara d’estate, dove almeno c’erano locali dove divertirsi. Insomma, non è stato un bel periodo, anche perché io, ultimo di quattro figli, in quegli anni ho perso entrambi i genitori. Per fortuna ho avuto accanto una persona straordinaria come mia sorella Amelia, insegnante del Centro di Formazione Regionale, che mi ha praticamente fatto da padre, da madre, da fratello e da sorella…
Com’è avvenuto l’incontro con la moda? 
La mia famiglia ha una tradizione nel settore del commercio. Mio padre Francesco gestiva alcuni negozi. Quando i miei genitori sono scomparsi, mi sono trovato senza un sostegno economico, e per vivere ho dovuto “arrangiarmi”. Gli inizi sono stati difficili. Dal lunedì al venerdì facevo il rappresentante di abbigliamento per conto di uno studio napoletano e il sabato e la domenica lavoravo come cameriere nei locali della provincia. Ho fatto la cosiddetta “gavetta”, e ne vado orgoglioso. Tra l’altro è proprio facendo il rappresentante di tessuti in Campania, in Puglia e in Basilicata che mi sono innamorato della moda. Ho cominciato a produrre un piccolo campionario di camicie e di cravatte con il mio nome e piano piano, quello che era quasi un hobby, è diventato il lavoro della mia vita.
Quando si è reso conto che aveva un futuro come produttore di moda?
E’ stato alla metà degli anni Ottanta e ricordo anche il momento preciso. Mi trovavo a Milano, in un negozio importante di via Bensi, nel quartiere della moda. Entrò una coppia di americani, ricchi ed eleganti, e comprò tre cravatte con il mio marchio. Fu allora che compresi che quella che avevo intrapreso poteva essere la strada giusta. Decisi di incrementare la produzione ed iniziai ad aprire i primi negozi. 
Ora esiste una catena internazionale di negozi firmati Mucciolo.
Oltre allo storico negozio di Salerno, in via Raffaele Conforti, ho aperto negozi a Roma in via Frattina, a Rio de Janeiro sulla famosa spiaggia Ipanema, a San Paulo di Brasile, a Lanciano in Abruzzo, ad Arezzo in Toscana, e a Cava de’ Tirreni. L’ultimo negozio lo ha aperto al corso di Salerno, lanciando la linea Mucciolo donna: camicie, foulard, maglioni. Poi ho dei corner personalizzati dove vendo il mio prodotto a New York,  a Milano, alle Galeries Lafayette di Parigi e al El Corte Inglés di Madrid.
Di recente ha lanciato anche una linea Mucciolo junior.
E’ una linea di camicie per ragazzi dai 7 ai 13 anni, marchiata Francesco Mucciolo, il nome di mio figlio, che ha due anni e mezzo.  
Come ha fatto ad avere successo e a dare una dimensione internazionale alla sua azienda?
Ci sono voluti sacrifici, umiltà, onestà, serietà e un bel patrimonio di clienti. Senza i clienti, non sei nessuno, non hai futuro. Nel mondo della moda le raccomandazioni non servono.
I clienti però non arrivano dal cielo.
E’ vero. Occorre vendere un prodotto di qualità ad un prezzo giusto. E bisogna avere creatività e la capacità di intuire dove va il mercato, di anticipare i tempi rispetto ai concorrenti. Ad esempio io l’anno scorso ho capito che la cravatta larga stancava, e così l’ho disegnata più stretta. Ho anche lanciato una linea di cravatte invernali colorate, proponendo colori considerati estivi, come il corallo, l’arancio, il verde. La risposta dei clienti è stata molto positiva e ora vedo che anche altri produttori stanno seguendo queste mie scelte.
Qual è il cliente che indossa le sue cravatte di cui va più fiero?
L’ex presidente del Brasile Cardoso. Ma poi ce ne sono tanti altri: il calciatore del Milan e della nazionale Alessandro Nesta, l’allenatore della Juventus Capello, il presidente dell’Inter Facchetti, il presidente della Fifa Joseph Blatter… La verità è che io sono fiero di tutti i clienti che portano le mie cravatte, da Cardoso al parcheggiatore di Piazza della Concordia. Dico sempre grazie ai miei clienti.
Che cosa per lei significa vestire alla moda?
Vestire alla moda è essere semplici, è scegliere i capi giusti indipendentemente dal prezzo e dalla griffe. Io penso che vestire è un po’ come il gusto del cibo: c’è chi ce l’ha e chi non ce l’ha. Tante persone pensano di fare moda perché spendono molto, e invece non fanno altro che coprirsi…
Per un imprenditore operare a Salerno e nel Mezzogiorno è uno svantaggio?
Guardi, io sono convinto che questo è un falso problema. Per svolgere bene un’attività imprenditoriale non conta il luogo, conta la persona e contano le sue doti umane e imprenditoriali. I problemi del Sud nascono da noi stessi. Siamo noi meridionali a dover rilanciare la nostra terra.
La sfida dei cinesi, la cosiddetta invasione “gialla” dei mercati di consumo internazionali, pesa anche a Salerno e nel settore della moda?
Effettivamente la forbice dell’offerta si è allargata. Vi è una fascia alta, e cioè il prodotto fatto in Italia; e una fascia bassa, ovvero il prodotto fatto in Cina. Tuttavia io penso che alla fine la qualità paga sempre. I cinesi sono bravi a copiare, ma i loro prodotti di moda sono poveri sia come cucitura che come rifinitura. Noi italiani siamo maestri dell’arte del cucito e della moda e non dobbiamo temere la loro concorrenza.
Una difesa in piena regola del made in Italy.
Sì, e le dirò di più: ho dato disposizione ai miei collaboratori di inserire in tutte le insegne dei miei negozi, accanto al mio marchio, la scritta “Made in Italy”. La stessa sigla è impressa sulle etichette delle mie camicie, delle mie cravatte e degli altri miei prodotti. Lo ribadisco: alla sfida cinese, si risponde con la qualità del settore tessile italiano. Quanto a me, sono orgoglioso di portare il nome di Salerno e dell’Italia nel mondo.
Ha parlato di Salerno. Chiudiamo con un giudizio spassionato sulla sua città. Come la vede?
Salerno è cambiata in meglio. Oggi c’è più verde, ci sono più spazi per i giovani, c’è più stile, più costume, più cultura, anche più attenzione alla moda. Io a Salerno ci vivo bene, ho i miei amici storici - Michele Naddeo, Antonio Giordano e Gianfranco Coppola - e non la cambierei per nessun posto al mondo. Anche perché la domenica mi mancherebbe la partita allo stadio e fare il tifo per la Salernitana.
Quest’anno la Salernitana riparte dalla C.
Io credo che i proprietari della Salernitana siano persone perbene. Ho anche prodotto delle cravatte speciali per la squadra. Purtroppo, nel mondo del calcio com’è oggi, essere perbene non è un vantaggio. Il calcio è diventato un business ed è frequentato da troppi avventurieri. Ci vorrebbe un po’ di pulizia. Detto questo, sono ottimista. Possiamo centrare i play off. Mi dicono che il nuovo allenatore sia molto bravo. Darò il mio contributo di tifoso. Forza granata!
 
 (La Città di Salerno, 4 dicembre 2005)
 
Carta d’identità
 
Luogo e data di nascita: Salerno, 12 febbraio 1962
Sposato: sì, con Flavia De Luca
Figli: 1 (Francesco)
Hobby: lettura e calcio.
Il libro preferito: “L’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafòn
Il film preferito: “Turista per caso” di Lawrence Kasdan

 

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