Via Rasella, intervista a Michela Ponzani: “Cedere al rischio di rappresaglie avrebbe fatto saltare la Resistenza”

di Mario Avagliano

“Sasà è stato per me come un padre”. Michela Ponzani, ricercatrice dell’Istituto Storico Germanico di Roma, è molto provata. Negli ultimi due anni ha lavorato fianco a fianco con Rosario Bentivegna, per scrivere il suo libro di memorie, uscito in novembre e intitolato Senza fare di necessità virtù (Einaudi). Proprio nei giorni scorsi, assieme a Bentivegna, aveva commentato le centinaia di messaggi, molti dei quali polemici, giunti a “Il Messaggero” a seguito dell’intervista all’ex partigiano Mario Fiorentini. Nonostante il dolore, non si sottrae alle domande: “Rosario avrebbe voluto che io rispondessi. Per tutta la vita ha lottato contro le falsità e le manipolazioni, soprattutto riguardo a via Rasella”.

Partiamo dall’accusa ai partigiani di non essersi costituiti per evitare la rappresaglia delle Ardeatine.
Nessun manifesto o comunicato che invitasse i partigiani a consegnarsi venne mai affisso e nessun appello radio venne diffuso. Nell’estate del 1948, interrogato dal giudice del Tribunale militare di Roma, il colonnello delle SS Herbert Kappler ammise che non c’era stato il tempo di affiggere manifesti, visto che il massacro delle Ardeatine fu compiuto in meno di 24 ore dall’azione.
I partigiani avrebbero dovuto comunque essere consapevoli del rischio di rappresaglie?
Questo dilemma si pose a tutto il movimento partigiano europeo. Tuttavia, in quel momento storico, con la guerra in casa, la soluzione non poteva essere quella di cedere alla minaccia delle rappresaglie. Ciò avrebbe significato rinunciare a fare la Resistenza.
Chi eseguì la rappresaglia, era obbligato militarmente?
Anche questo è un falso storico. Nel 1997, al processo contro l’ex capitano delle SS Erich Priebke, la tesi dell’obbligo dei militari di obbedire agli ordini è stata ampiamente smentita. L’art. 47 del codice penale militare di guerra tedesco prevedeva la possibilità di rifiutarsi di compiere un ordine superiore, se contrario alla propria coscienza o religione. E infatti il maggiore Dobbrick, comandante del III battaglione dell’SS Polizei Regimen Bozen attaccato a via Rasella, si rifiutò di partecipare al massacro delle Ardeatine proprio sulla base di questa legge, perché profondamente cattolico.
Perché secondo lei via Rasella è ancora oggi oggetto di tante polemiche?
Contestare via Rasella è un modo per mettere in discussione la Resistenza. È paradossale che proprio la stagione da cui scaturisce la democrazia nel nostro paese, non sia entrata a far parte della memoria collettiva.

(Il Messaggero, 3 aprile 2012)

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