Intervista a Neffa, cantante

di Mario Avagliano
 
Chi non ha canticchiato “La mia Signorina” o “Prima di andare via”, grande successo dell'estate musicale 2003, premiato anche al Festivalbar? Però pochi sanno che l’autore di queste hit, Giovanni Pellino, in arte Neffa, è originario di Scafati, in provincia di Salerno. Neffa, 36 anni, ex batterista e componente dei “Negazione” e dei “Sangue Misto”, un passato da rapper, ha pubblicato di recente un nuovo cd, intitolato I molteplici mondi di Giovanni. Quindici canzoni sulla difficoltà di incontrarsi e intrecciare rapporti nel mondo contemporaneo, ricche di cori e musicalità molteplici che spaziano dal reggae, al soul, dal blues al funky. Neffa accetta volentieri di parlare di sé e rivendica con orgoglio le sue origini salernitane: “Mi piacerebbe fare qualcosa nella mia terra”.
 
Lei è nato a Scafati ma ci ha vissuto poco…
Mia madre Angela è di Scafati, mio padre Giuseppe è napoletano. Si sono conosciuti in treno: mia madre andava a scuola a Nocera e mio padre lavorava a Salerno. Nella mia infanzia ho girato come una trottola, sono stato a Scafati, a Milano, a Roma. Poi, quando avevo 8 anni di età, la mia famiglia si è trasferita a Bologna. 
Che ricordi ha di Scafati?
Ricordo in particolare l’anno della primina. E’ stato un periodo molto bello per me, perché avevo la possibilità di giocare ogni giorno in cortile, all’aria aperta. Nelle grandi città era impossibile! Mi piaceva anche la villa comunale, veramente fantastica. E poi rimpiango i mitici Natali a casa dei miei nonni, le zeppole con il miele, le giocate a tombola, le rimpatriate con tutti gli zii, le zie, i cugini.
Aveva amici a Scafati?
Il mio miglior amico è di Scafati, si chiama Franco Cimmino, e ci frequentiamo tuttora. Io sono nato nelle palazzine dell’Ina Casa e lui abitava vicino a me. Correvo sempre a giocare a pallone nel suo cortiletto. Ricordo che quando si univa a noi qualche ragazzina, facevamo il gioco del dottore. A Scafati, a causa della rigida educazione cattolica, il modo di percepire la sessualità era abbastanza mistico. Il sesso era visto come un tabù che era sempre lì per essere violato, una bomba ad orologeria sempre pronta ad esplodere. 
Rimpiange anche il fiume Sarno?
Quello proprio no. Qualche volta mi capita di pensare che da vecchio potrei tornare a Scafati, ma l’immagine del fiume Sarno mi blocca. E’ un vero disastro, con tutte quelle fabbriche di pomodori e cartiere che per anni hanno riversato i loro scarichi nelle acque. Le esalazioni del fiume sono terribili.
Com’era Neffa da ragazzo?
Ero molto anonimo. Un marziano. Non mi trovavo bene con gli altri, ero diverso. Osservavo molto. Così via via si è formata una camera di compressione in me, che poi è scoppiata. Ribollivo di vita, era inconcepibile fermarsi, stare a casa una sera. Volevo far tutto, conoscere tutti. Mio fratello era appassionato di astronomia e da bambino io sapevo riconoscere tutte le costellazioni. 
Come ha vissuto il distacco dalla sua città?
Molto male, anche perché a Bologna mi chiamavano “meridionale”, e quando d’estate o durante le feste scendevo giù a Scafati, mi davano del “bolognese”. Negli anni Settanta, al Nord, c’era un po’ di razzismo nei confronti dei meridionali. Ero un po’ imbarazzato delle mie origini. Devo confessare che, per questo motivo, a lungo ho abolito il concetto di territorio-patria-appartenenza. 
Anche adesso si sente un senza-patria?
Niente affatto. Quando ho preso coscienza delle meraviglie dell’arte e della cultura campana e napoletana, mi sono sentito molto orgoglioso di avere radici meridionali.
Come è nata la sua passione per la musica? E come diventò un batterista?
Per me è stata una cosa naturale. Quand’ero bambino cantavo sempre. Mio fratello Gaetano era chitarrista ed era il musicista di casa. Quando avevo 16 anni, cominciai a chiedergli di suonare con lui nei locali di Bologna. Lui mi disse che non ero granché portato con la voce e così mi buttai sulla batteria.
Il suo primo concerto?
Fu a 15 anni, in una scuola serale di Bologna, come cantante. Sarebbero passati diciotto anni prima che tornassi sul palco ad esibirmi con la mia voce… 
Dopo le prime esperienze in alcune cover-band, Giovanni Pellino approda ai Negazione.
Mi ero stufato delle cover, così entrai nel pianeta musicale underground che gravitava intorno ai centri sociali occupati. E con lo pseudonimo di Jeff Pellino, feci parte come batterista di alcuni gruppi hard-core italiani, tra cui in particolare  i "Negazione".
Negli anni Novanta, una nuova svolta: appende la batteria al chiodo e diventa cantante… 
A un certo punto della mia vita è venuta fuori dalla mia infanzia la voglia grande di cantare e di scrivere canzoni mie. 
Jeff Pellino cambia il nome in Neffa e si afferma come uno degli alfieri dell’hip hop italiano.
Con DJ Gruff diedi vita agli Isola Posse All Stars e poi insieme, con l’apporto anche di Deda, fondammo i Sangue Misto. E’ stato un periodo eccezionale, credo di aver dato un contributo all’affermazione del rap in Italia, di aver aperto delle strade a chi mi ha seguito. 
Nel ’96 Neffa sceglie la carriera di rapper solista ed arriva il primo disco d’oro.
Sì, con l’album "Neffa & i Messaggeri della Dopa", che fu trainato dall’exploit del mio singolo "Aspettando il Sole".
Due anni fa, nel 2001, una nuova svolta, con il cd "Arrivi e Partenze”. Un disco che sa di blues, di musica nera, del rock degli anni ’70, ed ha uno stile di canto che attinge all’emozionalità dei grandi maestri del soul. 
Quello fu un disco molto autobiografico, che rifletteva buona parte dei cambiamenti attraversati in quegli anni. Il punto è che volevo iniziare una nuova vita, e mi chiesi: "A 33 anni, vissuti anche con un po’ di stress, te la senti di nuovo di rimettere in gioco tutto? Dopo che avevi costruito una casa, uno studio, ecc. te la senti di distruggere tutto?” Queste sfide qua, da folli, sono le uniche che mi interessano e l’accettai.
Il suo ultimo singolo, “Prima di andare via”, è stato il tormentone dell’estate 2003…
Io non faccio tormentoni ma canzoni. Vorrei che Prima di andare via non fosse considerato come Chihuahua… L'ho scritta pensando a quando avevo 20 anni. Mi sono ricordato di quando a notte fonda, in un centro sociale, rimanevo nella mia confusione dopo aver bevuto e fumato troppo e mi capitava di guardare una ragazza e sperare che, se ricambiava lo sguardo, sarebbe cambiata tutta la notte. Poi la cosa non accadeva mai. Insomma, la canzone esprime la drammaticità della solitudine.
E’ vero che due anni fa Pippo Baudo scartò questa canzone da Sanremo?
Credo che la bocciarono perché aveva un ritmo simile a “Salirò”, la canzone di Daniele Silvestri. E tutto sommato forse si aspettavano un pezzo con più fronzoli, arrangiato alla maniera del festival di Sanremo.
Mi pare di capire che il Festival di Sanremo non la elettrizzi più di tanto.
Fino a quando continuerà a dare spazio solo ai cantanti tradizionali, non vedo perché mi dovrebbe elettrizzare. Se tornerà ad essere un festival musicale, perché no. Allora, se avrò una canzone che interessa il festival, potrei anche andarci. Ma non mi metterò mai a scrivere un pezzo in funzione di Sanremo.
A settembre è uscito il suo nuovo cd. “I molteplici mondi di Giovanni”. 
La vera scommessa di questo album sono le canzoni, o meglio, la mia capacità e volontà di partire dalla forma canzone e scrivere dei pezzi belli da cantare e capaci di emozionare come solo le grandi canzoni sanno fare. Dopo “Arrivi e Partenze”, ho deciso che avrei lavorato più da musicista sulle canzoni, e per fare questo avevo bisogno di imparare a suonare uno strumento seriamente. Oltre al piano, che avevo iniziato a strimpellare durante la lavorazione del precedente album, mi sono buttato sulla chitarra, e nel giro di un po’ di tempo ero in grado di tirarci fuori il necessario per poter iniziare a scrivere. Nel frattempo ascoltavo i grandi autori di canzoni, da Brian Wilson dei Beach Boys ai Beatles, passando attraverso vecchie passioni come Marvin Gaye e Stevie Wonder.
Le registrazioni dell’album si sono svolte principalmente nello studio di suo fratello Gaetano Pellino, ad Acqui Terme.
Mi sono trovato benissimo. Ho sempre stimato molto mio fratello, sia come musicista che come ingegnere del suono.
Sono canzoni che raccontano vita vissuta, quindi, storie e situazioni d’amore e di solitudine, il grande male dei nostri tempi. 
Credo che l’amore, vissuto in una dimensione a due ma anche in una più allargata, ci renda più forti, più felici, capaci di vivere meglio le cose importanti della vita. La solitudine è invece l’ultima spiaggia verso cui ci spinge il sistema produttivo di cui facciamo parte, con i suoi obblighi al consumo e un’eterna insoddisfazione. Come diceva Beppe Grillo, tutti sono lì a cercare di lavorare meno per avere più tempo da organizzarsi, ma poi quando hanno tempo libero lo usano per organizzare altro tempo e così via: alla fine, nessuno è capace di godere del momento, del presente.
Chi è Neffa adesso?
Sono un tipo ancora non formato, in evoluzione. Sento di avere avuto tante vite, mi sento ricco di questo, ma voglio continuare ad interrogarmi, cercare nuovi obiettivi senza riciclarmi mai. 
E di carattere?
Sono un po’ lunatico. A volte sono introverso e silenzioso, a volte invece ho voglia di far casino. Sono un istintivo, e anche uno abbastanza passionale. 
E le radici meridionali?
Sono forti. Io mi sento il prodotto di una cultura meridionale. Da ragazzo ascoltavo Bennato e Pino Daniele, e il mio piatto preferito è stato sempre il ragù di carne, cucinato come si fa dalle nostre parti.
I suoi progetti futuri riguardano anche Salerno?
Magari, mi piacerebbe molto. A gennaio parte il mio tour. Canterò soprattutto nei club. Spero che ci saranno delle date anche a Salerno e a Napoli.
 
(La Città di Salerno, 23 novembre 2003)
 
Scheda biografica
 
Neffa, all’anagrafe Giovanni Pellino, nasce a Scafati il 7 ottobre del 1967. La sua carriera musicale comincia verso il finire degli anni ’80, con una vocazione per gli strumenti a percussione. Nato come batterista, esprime il suo spontaneo talento ritmico suonando, con lo pseudonimo di Jeff Pellino, insieme ad alcuni gruppi hard-core italiani tra cui vale la pena ricordare i "Negazione", popolare formazione punk che, all’apice della carriera, riuscì persino ad aprirsi un varco nelle classifiche americane. 
Con gli anni ’90 alle porte, le passioni musicali di Giovanni incontrano un cambiamento risolutivo, ed i suoi contatti con la scena Rap italiana trasformano dei comuni interessi in una travolgente passione. 
Diventato Neffa, epiteto acquisito dal cognome di un giocatore della Cremonese ammirato dall’artista, inizia una fruttuosa collaborazione con l’amico DJ Gruff, insieme al quale darà vita al gruppo Isola Posse All Star, che diventerà presto un nome di culto nell’underground Hip Hop italiana.
Nel 1994, sciolta la Isola Posse, Neffa e DJ Gruff raggiungono il collega Deda con cui costituiscono la storica formazione dei Sangue misto, che inciderà una fortunata pietra miliare intitolata "SMX".
Nonostante il promettente esordio dei Sangue Misto, Neffa sceglie d’intraprendere un percorso d'indipendenza e, nel 1996, realizza con i suoi "Messaggeri della Dopa" un album omonimo che lo porterà per la prima volta all’attenzione del grande pubblico, grazie anche al successo del singolo "Aspettando il Sole". 
Due anni più tardi, nel 1998, esce "107 Elementi", secondo album della sua carriera solista, a cui segue nel 1999 “Chicopisco”. 
Poi, nel 2001, un altro cambiamento di rotta interviene a determinare la composizione del suo ultimo lavoro, "Arrivi e partenze", dove il musicista abbandona il Rap per dedicarsi alla forma-canzone, ad un genere certamente più fruibile, ma altrettanto complesso.
 

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