Tommaso Avagliano, un’esistenza dedicata alla poesia

Mario Avagliano

Oggi non siamo qui solo per una commemorazione. È vero, per i familiari e per gli amici intimi è ancora vivo il dolore e quindi in noi albergano sentimenti quali il ricordo e la commozione. Ma vorrei sottolineare che l’uscita di questo libro vale molto di più del ricordo. È soprattutto la celebrazione dell’estro, del talento e della poesia di Tommaso Avagliano, i cui versi travalicano il tempo e lo spazio, come solo i grandi poeti sanno fare.

Nell’introduzione a questa raccolta ho scritto che la poesia attraversa tutta l’esistenza di Tommaso. Ci raccontava che da ragazzo, non appena racimolava qualche soldo, invece di spenderlo in «cose futili», dalle sigarette alle bibite e ai gelati, come facevano tanti suoi amici, acquistava romanzi e libri di poesia che divorava in notti arse di passione per la letteratura. Era quello il suo «divertimento».

Scrisse la sua prima poesia a quattordici o quindici anni per il giornale della scuola “Caleidoscopio”, come ho trovato annotato su un foglio tra le sue carte, datato 2014. Si può immaginare la sua delusione quando gli fu riferito che il comitato di redazione l’aveva cestinata, giudicandola troppo ben fatta per essere farina del suo sacco.

Nelle numerose cartelle di lavoro conservate nel suo studio le prime poesie sono del 1958, quando aveva appena 18 anni, e ha continuato a scrivere liriche per tutta la sua vita. Non a caso nel testo del manifesto di lutto, che lui stesso ha lasciato ai familiari, la parola «poeta» figura al primo posto, prima di «scrittore» ed «editore». E tra i fogli sparsi sul suo comodino, abbiamo trovato un’ultima versione in dialetto napoletano de L’Infinito di Giacomo Leopardi, datata 6 settembre 2021, tre giorni prima del suo ricovero in ospedale.

Ho curato io questa raccolta di poesie, tra cui diverse dedicate alla nostra Cava, e a cui lui stava lavorando da tempo. Non è stato un compito facile selezionarle e organizzarle, sia perché alcune sono incomplete, sia perché di qualche lirica (per fortuna poche) aveva proposto più versioni. Le cartelle di lavoro testimoniano l’intensa attività poetica di Tommaso Avagliano, che un po’ artigiano un po’ musicista cesellava i suoi versi ragionando a lungo sul suono segreto di ogni parola (nelle bozze si trovano minuziosi elenchi di aggettivi e sostantivi), provando varie alternative, anche a distanza di anni.

Buona parte delle poesie di questa raccolta è inedita, ad eccezione di quelle comprese nei volumi Poesie a Lil (1964) e In un'ora di luce (1990), peraltro stampati fuori commercio e ormai introvabili. Le liriche in dialetto napoletano sono invece raccolte nel volume Tra veglia e suonno del 2005.

Una sezione della raccolta è dedicata agli “esercizi di traduzione” di poeti classici greci e latini, tratti dal volume Giornale di viaggio del 1987.

Dalle cartelle di lavoro dell’autore ho tratto anche alcune poesie non rientranti nella sua selezione o perché scritte su fogli volanti ritrovati in mezzo ai suoi appunti, e probabilmente da lui stesso dimenticate, o perché in fase di stesura finale, ma assai potenti per il loro afflato lirico.

Studiando la storia contemporanea, so quanto sia importante la poesia, l’arte, la letteratura per resistere alle brutture della guerra e alla violenza: vi ricorrevano ad esempio i deportati e i prigionieri militari.

Anche Tommaso in alcune liriche che abbiamo ascoltato ne ha parlato. Quella su Praga sembra quasi attuale, purtroppo. Vi risuonano gli echi di quello che sta accadendo in Ucraina.

Astraendomi dal fatto di essere figlio di Tommaso Avagliano, devo dire che anche come curatore e lettore mi sono ritrovato negli splendidi interventi di Rosa Giulio e di Alberto Granese, che hanno spiegato con grande competenza l’alto valore della sua poetica. Alla sua memoria e al suo amato Giacomo Leopardi abbiamo dedicato la collana di poesie che viene inaugurata proprio con questa raccolta, significativamente intitolata “La ginestra”.

Rivestendo i panni di figlio, ho anche io varie poesie del cuore. Una voglio leggerla io e s’intitola “Buongiorno”, e fu scritta nel 1966 anno della mia nascita:

 

Sembra un sogno vederti

splendere sulla soglia

tra le braccia di mamma

come un raggio di sole

improvviso fra i rami

d’una giovane pianta.

Ed il babbo sorride

accogliendoti a volo

d’angelo sul suo petto.

 

Tommaso Avagliano voglio ricordarlo e celebrarlo così.

Ciao Papà.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.