Quanti fantasmi nell'Etiopia del colonialismo

di Mario Avagliano

  Quanti fantasmi ha lasciato in eredità il Ventennio fascista. Anche l'epopea della conquista dell'Impero di Etiopia, datata 9 maggio 1936, che all'epoca entusiasmò gli italiani, fu in gran parte un bluff e venne compiuta al prezzo di violenti eccidi di militari e di civili, anche con l'impiego di gas, come ha raccontato di recente il bel saggio "L'ora solenne" di Marco Palmieri per i tipi della Baldini & Castoldi e come denunciato da Angelo Del Boca nel suo fondamentale libro "La guerra di Abissinia".
In realtà le truppe italiane avevano occupato la capitale Addis Abeba e la vitale ferrovia per Gibuti, costringendo l'imperatore (il negus) Hailé Selassié all'esilio in Inghilterra, ma gli etiopi erano tutt'altro che sottomessi. Nel paese restavano in armi numerose formazioni di ribelli e solo una piccola parte del territorio era effettivamente controllata dalle forze militari italiane.
In questa Etiopia livida del 1937, con le strade della capitale insanguinate dai corpi senza vita di migliaia di persone uccise dalla feroce rappresaglia italiana a seguito dell'attentato fallito al viceré Rodolfo Graziani, e in cui infuria la guerra di polizia coloniale contro i patrioti (gli arbegnoch), si svolge la trama di un avvincente romanzo storico appena arrivato in libreria, intitolato "I fantasmi dell'Impero" (Sellerio, pp. 542), che ha come filo conduttore un'inchiesta del magistrato militare Vincenzo Bernardi (che prende spunto dalla figura reale del capo della giustizia militare dell'Africa Orientale italiana, Bernardo Olivieri) e vede dietro le quinte lo scontro tra i due super-nemici dell'epoca Graziani e Pietro Badoglio, il primo fascistissimo, l'altro legato ai Savoia.
L'idea del romanzo è nata curiosamente nel corso di una cena tra i tre autori, amici di vecchia data: Marco Consentino, esperto di relazioni istituzionali, e gli avvocati Domenico Dodaro e Luigi Panella. Quest'ultimo, per passione, scartabellando per archivi e biblioteche, nel tempo ha raccolto una sterminata documentazione anche fotografica (20 mila immagini) sul periodo coloniale, rinvenendo nei fascicoli del disciolto ministero dell'Africa italiana le tracce di un'inchiesta del 1938, rimasta segreta, condotta da un magistrato militare a carico dell'ufficiale Gioacchino Corvo, accusato di crimini di guerra nell'Etiopia occupata, che sollevava molti interrogativi.
I tre autori hanno provato a rispondere a quei quesiti e ne è nato questo godibilissimo romanzo  che, con un riuscito intreccio narrativo a metà tra spy-story e giallo, mescolando realtà e fiction (i numerosi telegrammi, lettere ed estratti di relazioni riportati sono quasi tutti autentici) ci conduce nelle stanze buie del regime fascista. Nel corso della sua inchiesta, infatti, il tenente colonnello Bernardi, attraversando l'Etiopia, incontra un universo popolato da tristi figuri, profittatori, violenti ma anche da qualche nobile persona, entrando nel "cuore di tenebra" del colonialismo italiano e mettendo a nudo i suoi orrori e le sue bassezze, e anche il conflitto sotterraneo che oppose la milizia fascista agli ufficiali dell'esercito.
Fascisti senza scrupoli, dediti a un turismo sessuale ante litteram, che stuprano le ragazzine del posto e in qualche caso le uccidono senza pietà dopo l'amplesso. Specialisti delle torture e delle esecuzioni capitali. Burocrati che per far leggere i loro rapporti dal massimo capo, il Duce, adottano lo stratagemma di sigle come MM.PP.AA. (Massima Precedenza Assoluta su tutte le Massime Precedenze Assolute). Alte cariche, come il governatore Alessandro Pirzio Biroli, già vincitore della medaglia d'argento all’Olimpiade di Londra 1908, specialità sciabola a squadre, che colleziona minorenni, omaggia gli ospiti del suo castello con "magnifiche donne indigene", allestisce spettacolini lesbo delle sue favorite che eseguono, come riferiscono le relazioni dei carabinieri, «quadri plastici orgiastici». Tanto che lo stesso Graziani, conosciuto come il "macellaio d'Etiopia", commenta: "Qui si schiatta e Sua Eccellenza il generale pensa solo a scopare...".  Aggiungendo che per colpa di Biroli gli italiani non vengono rispettati e sono considerati "una banda di rattusi" interessati solo alle donne.
Sullo sfondo c'è il complotto filo-monarchico di Badoglio (una sorta di prova generale del colpo di stato del 25 luglio 1943), che con l'aiuto dell'Arma dei carabinieri muove le fila da Roma e i cui contorni saranno svelati nelle ultime pagine del romanzo, che arrivano fino agli Cinquanta.
In passato solo il grande Ennio Flaiano nel 1947, con il suo "Tempo di uccidere", aveva indagato sotto forma romanzata alcuni lati oscuri della storia dell'Africa italiana. "I fantasmi dell'Impero", pur essendo un romanzo di esordio, ci regala un ritratto a tutto tondo e straordinariamente documentato di quella stagione tutt'altro che esaltante per l'Italia, con una cura del contesto storico e un senso del ritmo narrativo e dei dialoghi che rendono la lettura piacevole e appassionante.

(Il Messaggero, 12 marzo 2017)

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